Ogni scrittore pone una sua “firma” ai suoi libri. La firma di Luigi Ballerini, scrittore soprattutto per ragazzi, è la levità e la positività con cui affronta e descrive tranche de vie del periodo preadolescenza e adolescenza.
Nel suo ultimo lavoro Aveva torto mio padre (Piemme, Battello a vapore) viene affrontata una tematica spinosa e “pesante”, quale è la violenza tra le mura domestiche. Violenza non necessariamente fisica, non per questo meno dura e subdola. Non viene meno lo sguardo ottimistico di catarsi già presente nel precedente Non chiamarmi Cina, né l’ironia sorniona caratterizzante il premiato Zia Dorothy.
La textura del libro è originale, fa quasi presagire di essere di fronte ad un giallo che ben presto si manifesta come un dramma dai contorni sfumati che sfocia in una catarsi finale.
Marco, scrittore ventiquattrenne, si trova a New York per ricevere un premio letterario. Mentre attende di essere intervistato riceve una telefonata dalla madre che gli comunica la morte del padre. Un padre “lontano” nello spazio e nel tempo.
Inizia così in un lungo flash back il recupero della memoria anestetizzata della presenza/assenza di quel padre nella vita di Marco. Ma con uno stratagemma narrativo, il libro ripercorre la storia dei rapporti di Marco ragazzino attraverso la visita a delle case in cui lui ritrova le persone che hanno punteggiato la sua vita: l’amico più caro, le cuginette ecc. Le case sono quelle che la madre per lavoro tenta di vendere alle persone. Marco segue la madre in queste peregrinazioni e ciò gli consente di diventare spettatore esterno della sua stessa vita, assistendo ad eventi e dialogando in un’atmosfera onirica con se stesso e con le persone che hanno fatto parte della sua vita. Il tutto narrato con un misto di pacato distacco e di empatia, senza sfociare in toni melodrammatici. In fondo Marco ha un buon rapporto con la madre e con le parole scritte che lo rendono un precoce scrittore anche a scuola.
Di nuovo a New York. “Poi ha cominciato a bere, io gli volevo ancora bene e lui in cambio mi tradiva; ha fatto di tutto perché iniziassi ad odiarlo. Ma forse non è vero che lo odiavo soltanto: in un certo senso continuavo ad amarlo. Non potevo non amarlo, almeno un pochino; di sicuro contavo su di lui, cercavo ostinatamente la sua presenza. Ma lui non c’era e se c’era mi faceva soffrire. Così se mancava, mi dispiaceva; se era presente, mi dispiaceva di più”.
Pensieri che prendono corpo nella mente di Marco mentre gironzola per la città prima di affrontare il podio per il suo discorso al pubblico. Sul podio da cui deve fare la sua prolusione in veste di vincitore, dedica il premio proprio a quel padre di cui inizia a soppesare lo scotto della sua presenza “terrorizzante” e della sua assenza che ha accelerato la fine della sua infanzia/adolescenza. Dedica il premio al padre che aveva torto, perché diceva spesso a Marco che la letteratura non conta niente e che i libri non cambiano il mondo. E per concludere, ringrazia “anche a nome di quell’uomo che, fosse anche solo per un infinitesimo, mi è stato davvero padre”.
Ecco il primo messaggio: c’è bisogno di un padre, anche quando, per eventi della vita raccontati delicatamente nel libro, non si mostra all’altezza del compito impegnativo. Ma l’autore attraverso Marco fa una dichiarazione d’amore ai libri alla letteratura. “I libri cambiano molti mondi: cambiano il mondo di chi li scrive per il solo fatto di averli scritti e cambiano il mondo di chi li legge per il solo fatto di averli letti. Nessuno è come prima dopo aver scritto un libro, così come nessuno è come prima dopo averlo letto”. Un atto d’amore per i libri che aiutano a strutturare la propria persona e un atto di speranza che il perdono può arrivare anche in situazioni estreme. Perché in ogni notte buia della vita si possono rinvenire piccoli frammenti di gesti, sentimenti positivi di cui ci nutriamo o ci siamo nutriti.
Storia di una densità notevole, alleggerita dallo stile lieve e sorridente dell’autore che non manca di strizzare l’occhio anche all’adulto che, sicuramente in questo caso, dovrebbe e potrebbe accompagnare la lettura dei propri figli o dei propri alunni.
Occasione per rivisitare il senso dei bisogni di una vita, del rancore che, metabolizzato da un cuore aperto, può raggiungere il perdono e la riconquista del positivo di ogni vita.
Grazie a Ballerini che infonde sempre speranza nei suoi libri. Grazie da parte di tutti quei ragazzi che, leggendo il libro, avranno occasione di riflettere su di sé per crescere e vivere la vita a morsi.