Cari fratelli e sorelle,
questo è il giorno che ha fatto il Signore (cfr. Sal 117,24), abbiamo ripetuto assieme al salmista. Sì, questa è l’opera del Signore: la vita che non ha fine. «Questo è il giorno nel quale il Signore riempie l’animo di ciascuno di gioia e di esultanza e nel quale abbellisce il volto della terra con la bellezza della stagione primaverile» (S. Cesario di Arles, Discorsi, 204,1). Con la rinascita della natura appaiono le dimensioni cosmiche della luce che promana dalla resurrezione di Cristo.
Nei giorni scorsi abbiamo contemplato la passione e la morte di Gesù. Abbiamo visto la vita rinchiusa in un sepolcro. Una pietra tombale su di essa. Un grande silenzio aveva invaso la terra e i cuori. Un silenzio pieno di domande, di attesa. Un silenzio che era in un certo senso il prolungarsi fino a noi dello stordimento colmo di dolore e dello sbigottimento degli apostoli e delle donne che avevano seguito Gesù e che per lui avevano lasciato tutto.
Perché non era sceso dalla croce? Perché aveva permesso che lo maltrattassero in quel modo? Molti di loro erano stati testimoni della sua potenza e della sua gloria. Lo avevano visto operare miracoli, guarire, resuscitare persone ormai morte. Lo avevano visto moltiplicare i pani, comandare ai venti e alle tempeste. Lo avevano visto trasfigurarsi davanti a loro.
Tutti questi ricordi non facevano che aumentare l’incredulità e lo smarrimento dei suoi amici. Eppure Gesù li aveva preparati da lontano a tutto ciò. Ma non era bastato. Il Maestro sapeva che nessuna preparazione poteva evitare ai suoi di entrare assieme a lui nelle tenebre. Qualcosa doveva morire anche in loro, purificarsi. Occorreva bruciare anche l’ultimo residuo di speranza mondana. Bisognava entrare nei criteri di Dio, nella donazione totale. Proprio per questo dovevano sperimentare sino in fondo l’abisso della solitudine e dell’abbandono.
L’uomo da solo non può donare a se stesso la vita che non finisce. Non può uscire veramente dalla sua solitudine esistenziale. L’ultima parola dell’uomo è sempre una pietra che copre un sepolcro. Ciò che viene dopo non è più in suo potere. La resurrezione di Cristo e tutto ciò che essa ha portato era qualcosa di inimmaginabile, che nessuna preparazione poteva far prevedere. «L’uomo non poteva immaginare questo mistero, questa realtà. La poteva rivelare Dio solo. L’uomo non ha la possibilità di donare la vita dopo la morte. La morte della morte. Nell’ordine umano, la morte è l’ultima parola. La parola che viene dopo, la parola della Risurrezione, è parola solamente di Dio» (san Giovanni Paolo II, Via Crucis, 18 aprile 2003).
Comprendiamo, allora, la profonda verità del salmo che abbiamo cantato: questo è il giorno che ha fatto il Signore, non l’uomo. È il giorno in cui ognuno di noi è liberato dal suo destino di morte e introdotto nella luce della vita.
Ma come avviene tutto ciò? Come possiamo noi essere partecipi del dono di Pasqua?
La vita nuova, che scaturisce dalla morte e resurrezione di Cristo, ci raggiunge attraverso lo Spirito di Gesù. Solo lo Spirito, che opera ordinariamente nei sacramenti e nella comunione della Chiesa, può rendere contemporanea a noi la resurrezione e la vita del Figlio di Dio.
Iniziamo sin da oggi, dunque, a invocare lo Spirito Santo, perché riempia i nostri cuori di speranza e di pace. Oggi il mondo muore per mancanza di speranza. Ridare le ragioni della speranza è forse l’urgenza più grande. Viviamo in un tempo in cui la paura del futuro, la disillusione provocata da tante delusioni, l’incertezza dell’amore e la demonizzazione della sofferenza e della malattia, sembrano condannare l’uomo alla solitudine, alla vita virtuale, alla rassegnazione.
Occorrono testimoni credibili di una speranza che non muore, che non neghi le contraddizioni e le sofferenze del tempo presente, ma le sappia attraversare. Che soprattutto indichi con la sua vita che c’è qualcosa su cui è possibile contare, che non tramonta, che è stabile per sempre.
Gesù ci ha insegnato tutto questo rimanendo inchiodato alla croce quando tutti gli dicevano di scendere da essa. Lui è rimasto lì ad indicarci nell’obbedienza alla volontà del Padre l’unica strada della rinascita. È rimasto lì per insegnarci la confidenza in Dio perché nessuno in futuro fosse più solo nel suo dolore.
Il Padre non ci salva strappandoci dal dramma della vita, ma attirandoci a lui dall’interno di esso, attraverso i volti degli amici e la forza che scaturisce dai sacramenti, suggerendo al nostro cuore le parole del Figlio.
Auguro a tutti voi di poter sperimentare e testimoniare, ai vostri cari e a coloro che il Signore metterà sul vostro cammino, la speranza che oggi Gesù ha riacceso nei nostri cuori.
Portate il mio saluto a chi che non è potuto essere con noi questa mattina, soprattutto ai vostri cari ammalati.
Buona Pasqua a tutti!