Nell’articolo di G. Cominelli ”Ora di religione: un’occasione troppo spesso sprecata”, apparso su Il Sussidiario il 9 febbraio 2009, si fa un significativo cenno al Land di Berlino a proposito dell’ora di “istruzione etica”, recentemente introdotta fra le discipline obbligatorie delle scuole di ogni ordine e grado.
La SPD dello Stato federale aveva infatti avanzato qualche anno fa la proposta di istituire l’obbligo di insegnamento di etica nella scuola pubblica per far conoscere e approfondire i valori etici laici universalmente riconosciuti ai quali educarsi e conformarsi per una convivenza pacifica e ordinata.
Ammessa per legge tale richiesta, si è proceduto all’introduzione per l’anno 2006/2007 di due ore settimanali della nuova disciplina con frequenza obbligatoria nella scuola media, con l’obiettivo di mandarla a regime nel 2010. Facoltativa è diventata in base a tale decisione l’ora di religione, la frequenza della quale non esonera dall’ora di “educazione dei valori”, obbligatoria per tutti.
Con gli stessi intenti e obiettivi è stato istituito in Spagna il corso di ”Educacion para la Ciudadania” (“EpC”) obbligatorio e curricolare nella scuola primaria e secondaria in conformità alla Legge organica di Educazione (Loe) del 2006 del governo socialista di J.L.Zapatero.
In entrambi i Paesi tali decisioni hanno suscitato dibattiti e forti critiche sollevate da laici e religiosi non tanto per l’introduzione della nuova disciplina raccomandata peraltro dal Consiglio d’Europa agli Stati membri nel 2002, quanto per una serie di considerazioni e richieste sulle quali è opportuno riflettere ed esprimere un giudizio.
In Germania prima di tutto si chiede, per promuovere l’educazione e la formazione dei giovani, che l’insegnamento della religione rientri a pieno titolo nella proposta educativa che la scuola rivolge a studenti e genitori, per i suoi contenuti religiosi, culturali e storici.
I partecipanti al Simposio Internazionale di Roma sull’insegnamento della religione nelle scuole pubbliche in Europa avevano affermato infatti nella Dichiarazione congiunta dell’aprile del 1991, che: «l’insegnamento religioso confessionale è la migliore forma» di realizzazione della dimensione religiosa nell’educazione scolastica e «quindi giustamente rappresenta una componente fissa della scuola europea». Non deve pertanto essere declassata e scoraggiata la frequenza all’ora di religione.
In Germania tra l’altro, per effetto della nuova normativa la frequenza dell’ora di religione è diminuita di un terzo, come ha rilevato il vescovo luterano Wolfgang Huber, capo della chiesa evangelica del Land, in quanto gli studenti rifiutano di sobbarcarsi l’impegno di un corso facoltativo oltre a quello obbligatorio.
L’introduzione della nuova disciplina esigerebbe una chiarezza ancora inesistente sui suoi contenuti e cioè sui valori e sui principi da insegnare, perché non risultino fondati su una concezione atea della realtà, in contrasto con la fede religiosa.
Ogni studente infatti, deve essere libero di scegliere per la sua formazione: se vuol vivere l’esperienza religiosa attraverso la conoscenza di fatti, testimonianze e documenti, o se intende approfondire principi di etica da spendere nella vita personale e sociale. E la stessa libertà di scelta deve essere riconosciuta ai genitori che hanno il diritto-dovere dell’educazione dei figli da impartire in base alle loro concezioni e convinzioni (come peraltro è sancito dalla Costituzione tedesca all’art 7, che recita al comma II: «Coloro che hanno il diritto dell’educazione decidono della partecipazione del fanciullo all’insegnamento religioso»).
Per questo a Berlino i promotori dell’iniziativa “PRO RELI” (“a favore dell’ ora di religione”) si sono mobilitati subito dopo l’introduzione dell’ora di etica laica con il pieno appoggio delle chiese e delle organizzazioni religiose, della comunità ebraica e musulmana, di CDU e FDPI, per affermare il diritto di libertà di scelta di studenti ed educatori fra l’ora di etica e quella di religione, raccogliendo più di 265.000 firme per promuovere un referendum popolare indetto per il mese di aprile 2009.
In Spagna l’insegnamento di educazione civica da impartire agli studenti dai dieci ai diciassette anni di età è stato contestato e giudicato come un’imposizione arbitraria dello stato che agisce con la autorità di chi si considera unico soggetto educatore delle coscienze e formatore di cittadini, senza nulla concedere ai veri soggetti educatori, cioè alle famiglie in primo luogo e accanto ad esse a tutti coloro che svolgono funzioni educative nella vita dei giovani, rappresentanti delle diverse religioni compresi.
Anche qui si è costituito un movimento di opinione fortemente critico, deciso a resistere all’introduzione della nuova disciplina (definita un”catechismo socialista”), di fronte alla quale invocare l’obiezione di coscienza.
Sull’argomento è intervenuta anche la Conferenza Episcopale che ha giudicato la nuova disciplina di educazione alla cittadinanza pericolosa per la forte influenza che i suoi contenuti possono esercitare sulle coscienze dei più giovani. Il Foro espanol de la Familia. ha denunciato a sua volta la grave interferenza dello stato nella formazione dei giovani («que suponen una intromisión descarada en materias que afectan a la conciencia y moral de los niños»).
La disposizione legislativa adottata dalla Spagna lede infatti la libertà di pensiero e di coscienza della persona oltre al diritto-dovere dei genitori e della scuola di provvedere affinché i figli ricevano «una formazione religiosa e morale in conformità con le loro convinzioni» come viene enunciato dalla Costituzione all’art 27,c.3 («Los poderes públicos garantizan el derecho que asiste a los padres para que sus hijos reciban la formación religiosa y moral que esté de acuerdo con sus propias convicciones»).
Le informazioni che riguardano questi paesi ci sollecitano ad affrontare anche per le scuole italiane queste tematiche con attenzione e responsabilità educativa.