Il Ministro Gelmini ha insediato qualche mese fa un “Gruppo di lavoro per la formazione degli insegnanti”, presieduto dal prof. Giorgio Israel, composto da docenti universitari e da funzionari del Ministero – nessun dirigente scolastico, nessun insegnante – con il compito di elaborare un Regolamento per la formazione iniziale degli insegnanti della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e secondaria di primo e secondo grado. Il Gruppo ha prodotto una Bozza di regolamento, che il Ministro sta sottoponendo a consultazioni in questi giorni. Finite le quali, il Ministro porterà il testo all’approvazione del Consiglio dei Ministri. Di lì andrà alle Commissioni parlamentari di merito per poi tornare sul tavolo del Consiglio dei Ministri, quindi al Consiglio di Stato per il varo finale. Della complessa architettura, quale è verificabile nella Relazione finale qui a lato, qui ci limitiamo a descrivere l’impianto.
Il percorso formativo previsto per gli aspiranti all’insegnamento è il seguente:
A) per la scuola dell’infanzia e la scuola primaria, un corso di laurea magistrale quinquennale a ciclo unico, comprensivo di tirocinio da avviare dal secondo anno di corso (5 anni);
B) per la scuola secondaria di primo e secondo grado, un corso di laurea magistrale biennale successivo alla laurea triennale generalista ed un tirocinio annuale (3 anni+2 anni+1 anno di tirocinio).
C) per le discipline artistiche, musicali e coreutiche della scuola secondaria di primo grado e di secondo grado i percorsi possono essere attivati anche dalle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica: consistono in un biennio accademico di II livello seguito da un tirocinio annuale (2 anni+1 anno).
Il tirocinio formativo attivo consiste di tre gruppi di attività:
1) insegnamenti di scienze dell’educazione;
2) una fase osservativa e una fase di insegnamento attivo in una classe;
3) insegnamenti di didattiche disciplinari
I docenti tutor e i docenti coordinatori dei percorsi di tirocinio sono scelti dal Consiglio di laurea magistrale tra una rosa proposta dai dirigenti scolastici e rispondono allo stesso.
Il percorso formativo dei laureandi nella formazione primaria – quelli che andranno nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria – comprende ben 25 discipline (matematica, fisica, chimica, biologia, letteratura italiana, linguistica italiana, lingua inglese, storia, geografia, attività motorie, arte, musica, letteratura per l’infanzia, pedagogia, storia della pedagogia, didattica, pedagogia speciale, pedagogia sperimentale, psicologia, sociologia, antropologia, diritto, neuropsichiatria infantile, psicologia clinica, igiene generale e applicata). Manca solo l’astrofisica!
Il primo dato clamoroso è l’esclusione dell’universo delle autonomie scolastiche dall’itinerario di formazione dei futuri docenti. Se le competenze richieste sono la conoscenza della disciplina, l’abilità di mediazione didattica e la capacità di stare da persone adulte con i ragazzi, l’Università è in grado di fornire e di accertare solo la prima. La verifica del possesso delle altre si può dare solo sul campo. Il campo sono le scuole. Perciò il giudizio delle scuole, attraverso il tutor di scuola, deve essere determinante: deve valere più del 50% dell’intera laurea magistrale. Perché la scuola, e non l’Università, è il commissioner della formazione dei docenti, proprio perché ne è il destinatario finale. Qui viceversa è il Consiglio di laurea che “tiene conto”! Con tutta evidenza si tratta di autismo accademico. Del resto il tirocinio non è pratica reale. E’ uno stare a guardare, senza assunzione di responsabilità. Che dire della formazione di un aspirante elettricista, che a scuola studia la teoria e a bottega non gli lasciano toccare un filo?
Il secondo dato è la bulimia disciplinare-accademica, che allunga spropositatamente i tempi professionali dei giovani che vogliano andare a insegnare e appesantisce il loro zaino di un’enciclopedia sommaria di discipline. In tutto ciò non si intravvedono ragioni formative e pedagogiche nei confronti dei futuri insegnanti, bensì soltanto il peso corporativo degli interessi accademici, orfani delle SISS, appena abolite, ma, a quanto pare, già in via di ricostituzione. L’abolizione delle quali minacciava di far sparire un bel numero di cattedre universitarie: Pedagogia I, Pedagogia II, Psicologia I, Psicologia II, Didattica della storia I, Didattica della storia II, Didattica di questo e di quello…
Questa bozza nasce, pertanto, al punto di intersezione di due centralismi: quello dell’Accademia e quello dell’Amministrazione, per la difesa di interessi, che nulla hanno a che fare né con i ragazzi, beneficiari finali della formazione dei loro insegnanti, né con i giovani che aspirano alla professione docente, alla quale arrivano dopo un tempo infinito. Fino a non molto tempo fa una maestra cominciava la sua carriera professionale a 19-20 anni. Ora dai 26 anni in avanti, a ulteriore incremento di quell’età media dei docenti, che oggi arriva ai 50 anni. Pare difficile che questo patto perverso, siglato nella turris eburnea di una commissione accademico-ministeriale, possa essere accettato con entusiasmo dalla scuola italiana.