Sperimazione sugli animali si o no? Proprio nel giorno in cui la Lav esulta per la terza e decisiva condanna a Grinn Hill, l’allevamento bresciano di cani beagle “da sperimentazione”, l’Almanacco della Scienza ha pubblicato un interessante articolo firmato da Benedetta Nicolini, in cui si tratta proprio l’argomento sperimentazione dal punto di vista scientifico: ci si chiede, insomma se e come sia possibile ridurla. Nel caso di Grin Hill, la questione aveva riscosso molto clamore perché i protagonisti erano cuccioli di Beagle, salvati e adottati in seguito da numerose famiglie italiane: questa settimana, la Corte di Cassazione ha rigettato ogni parte del ricorso presentato dagli avvocati che difendono l’allevamento. Sulla questione è intervenuta LAV, Lega Anti Vivisezione, parte civile in questa complessa vicenda giudiziaria, che ha esultato, definendola una vittoria epocale e senza precedenti. «La Corte di Cassazione ha definitivamente smantellato il teorema del cane-prodotto “da laboratorio” e “usa e getta” – hanno commentato i rappresentanti a Quotidiano.net – Secondo tale pronuncia e secondo quanto stabilito dal Tribunale di Brescia nelle due precedenti sentenze, il maltrattamento non è giustificabile neppure in un contesto produttivo di potenziale elevata sofferenza come un allevamento di cani per la sperimentazione“.
FAVOREVOLI E CONTRARI
La questione è assai delicata e, al di là della questione specifica, si estende alla sperimentazione relativa a differenti tipologie animali, in particolare topi. Come spiega la Nicolini sull’Almanacco della Scienza, si tratta di “una pratica di laboratorio che permette di indagare la reazione a determinate sostanze o a malattie indotte, basata sulla somiglianza esistente tra alcuni organismi animali e quelli umani, che permette di estendere ai secondi i dati ottenuti sui primi”. Su questa pratica l’opinione pubblica è divisa in due opposte fazioni: i favorevoli, che reputano giusto sperimentare sulle cavie animali prima di testare un trattamento o una pratica clinica sull’uomo; i contrari, che attribuiscono a tutte le specie lo stesso valore morale e considerano questa pratica una crudeltà. Maria Cristina Riviello, ricercatrice dell’Istituto di biologia cellulare e neurobiologia (Ibcn) del Cnr, intervistata dall’Almanacco della Scienza, ha spiegato che la ricerca scientifica sta impegnandosi per mettere a punto tecniche alternative, alcune delle quali già in uso. Queste metodologie alternative sono, per esempio, la ricostruzione di organi in laboratorio a partire da cellule isolate e l’uso di computer, sia per simulare processi cellulari e fisiologici, sia per realizzare software capaci di simulare il meccanismo d’azione di una sostanza nell’organismo umano. Tuttavia, questi metodi si scontrano spesso con la complessità dell’organismo umano, difficile da simulare e da riprodurre, che li rende, secondo la Riviello, non abbastanza efficienti da eliminare la sperimentazione in vivo.
PER LA SCIENZA È NECESSARIA, NEL RISPETTO DELLE 3R
Insomma, se la ricerca tenta la sostituzione di sperimentazione su animali, secondo la ricercatrice, ci sarebbero situazioni che avrebbero attendibilità solo in questo modo, facendo esperimenti in laboratorio su cavie animali. La Riviello, però, assicura che, in questo caso, vengono adottate una serie di attenzioni particolari che si basano sul Principio delle 3R, replacement, reduction e refinement. «Si deve in tutti i modi rimpiazzare o sostituire il proprio modello animale con un modello alternativo; in secondo luogo, è necessario ridurre il più possibile il numero di animali utilizzati nei protocolli sperimentali; infine, bisogna migliorare le condizioni sperimentali alle quali sono sottoposti gli animali», spiega la ricercatrice. È necessario insomma evitare sacrifici inutili, ma allo stesso tempo si devono utilizzare un numero tale di animali che consenta di ottenere un dato concreto: prima di mettere in commercio un farmaco, infatti, è ovviamente necessario verificarne l’efficacia e i possibili rischi derivanti dall’assunzione. «È noto a molti il caso della Talidomide, un farmaco le cui proprietà anti-nausea lo hanno reso negli anni ’50 assunto di frequente dalle donne in gravidanza: gli effetti teratogeni del prodotto non erano emersi a causa di una ricerca incompleta sulla sostanza».
LA LAV LANCIA UN CONCORSO PER METODI ALTERNATIVI
Insomma, la visione scientifica è che un numero rispettabile di animali possa essere sacrificato per il bene della scienza, cosa assolutamente criticata e contestata su diversi fronti. È notizia degli scorsi giorni, per esempio, la pubblicazione su IPAM, Piattaforma Italiana per i Metodi Alternativi alla Sperimentazione animale, di cui la LAV è rappresentante per l’area animalista, di un concorso con in premio 3.000 euro per progetti di ricerca rilevanti nel settore dei metodi alternativi nella ricerca e lo sviluppo di prodotti farmacologici. Lo scrive la Lega anti vivisezione sul suo sito. «Questo premio – si legge – vuole essere un incentivo per giovani scienziati che stanno lavorando a tesi di laurea, o di dottorato, con metodi innovativi ed etici volti alla riduzione e alla sostituzione (questa seconda linea di attività sostenuta dalla LAV) degli animali nella sperimentazione per una scienza all’avanguardia e realmente utile per la salute dell’uomo». Il concorso scade il 16 ottobre 2017 e possono partecipare ricercatori laureati nelle discipline scientifiche che non abbiano superato i 35 anni di età. Insomma, secondo la LAV la sperimentazione va assolutamente osteggiata.