Spesso ne vediamo solo gli effetti negativi, ma in realtà senza di essi non potremmo vivere. Stiamo parlando dei batteri, fondamentali nel tratto digerente per la buona digestione ma anche potenzialmente correlati nello sviluppo dell’obesità e di disturbi gastrici, come abbiamo già avuto modo di scrivere qualche mese fa sempre su queste pagine.
Secondo uno studio a opera dei ricercatori della University of North Carolina (UNC), un’alterazione nella loro composizione a livello intestinale potrebbe essere associata allo sviluppo del cancro al colon.
Questo genere di cancro rappresenta la seconda causa di morte al mondo per tumore. Ogni anno in Italia si verificano 40 nuovi casi su 100 mila abitanti. Attualmente la diagnosi è basata sulla presenza di sangue occulto nelle feci e successiva colonscopia. Diagnosticare in maniera tempestiva la malattia è di fondamentale importanza poiché questo tumore presenta uno sviluppo molto lento.
Per questa ragione, prima viene fatta la diagnosi e maggiormente positive saranno le cure al malato. Lo studio di nuove forme di diagnosi precoce rappresenta dunque un obbiettivo importante nella lotta a questo tipo di cancro.
La ricerca, pubblicata dalla rivista Gut Microbes, ha preso in esame le biopsie di 45 pazienti sottoposti a colonscopia. Analizzando la flora batterica presente nei reperti, i ricercatori hanno evidenziato una netta differenza nella composizione batterica tra le persone che presentavano la malattia negli stadi iniziali rispetto a quelle sane. In particolare, i batteri più abbondanti trovati nei malati rispetto ai sani sono quelli appartenenti al gruppo dei Proteobatteri, come il noto microrganismo Escherichia coli.
«Non è ancora chiaro se sia lo squilibrio batterico a causare il cancro o se è quest’utlimo a provocare la differente composizione» spiega Temitope Keku, professore presso l’UNC e autore dello studio. Attualmente il suo team di ricercatori è al lavoro per verificare quale delle due ipotesi sia corretta. Per fare ciò si stanno utilizzando dei modelli animali in cui è possibile far crescere selettivamente alcuni microrganismi e non altri, per poi valutare se siano in grado di sviluppare la malattia.
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La scoperta apre ora le porte a una possibile applicazione ai fini di diagnosi precoce. Essa rappresenta infatti uno dei punti fondamentali nella lotta ai tumori. La diagnosi precoce, efficace solo per alcuni tipi di tumori come questo, consiste nel cogliere la malattia nella fase iniziale del suo sviluppo in modo da intervenire con tempestività.
Non significa quindi non ammalarsi ma avere maggiori possibilità di cure e quindi di guarigione. I tumori individuati in fase precoce sono guaribili in altissima percentuale con cure poco invasive e salvaguardando la qualità di vita di chi ne è colpito.
«In questo momento stiamo espandendo l’analisi a 600 persone per migliorare i dati dello studio» spiega Keku. L’ultimo step prima che le nuove analisi possano diventare metodo di screening è verificare se le differenze nella composizione batterica siano riscontrabili anche nelle feci.
Se fosse realmente così, è possibile pensare uno screening di massa, poco invasivo rispetto alla colonscopia e in aggiunta all’analisi del sangue occulto nelle feci, che valuti la presenza di questi microrganismi in modo da diagnosticare l’eventuale tumore in maniera precoce. Ciò aumenterebbe la sopravvivenza a questo temibile nemico.