Si può amare la ex scuola media e contemporaneamente riconoscere i limiti che il suo attuale assetto le impone.
Rosario Mazzeo – operante da decenni nella secondaria di 1° grado, prima come docente quindi come dirigente, autore di testi scolastici e saggi – sostiene la ‘peculiarità’ di questo grado di scuola, pur non nascondendo l’urgenza di una nuova valenza formativa e culturale che gli deve essere riconosciuta.
Lei che ha lavorato molti anni nella ex scuola media, quale ritiene sia stata la finalità di tale grado di scuola fino a qualche anno fa?
Il testo degli ordinamenti, dal 1962, anno dell’istituzione della scuola media unica, fino ad oggi, in diversi modi, ripete che tre sono fondamentalmente i fini della Media: promuovere la formazione dell’uomo e del cittadini, favorire l’orientamento, concorrere all’educazione e all’istruzione personale di ciascun cittadino e generale di tutto il popolo italiano.
Rileggendo il testo dei programmi del 1979 sono rimasto colpito proprio dal verbo “concorrere”. E’ un verbo che richiama l’idea di partecipazione, cooperazione, competizione con qualcuno. C’è un implicito riferimento alla consapevolezza del legislatore che l’educazione, la formazione, l’istruzione sono l’obiettivo che la scuola deve raggiungere mettendosi a lavorare con le altre agenzie e le altre istituzioni.
Queste sono le finalità dichiarate. Di fatto dovrei dire con lo studioso Scotto di Luzio che la scuola media è “”spazio dell’assistenza sociale cui ossessivamente tendono le pedagogie democratiche della seconda metà del Novecento, è il luogo privilegiato di applicazione del paradigma della cura, consumando così l’estremo paradosso di un’istituzione che mira a produrre autonomia personale nelle forme di una relazione di dipendenza.”
Oggi, con i mutamenti legislativi e sociali la secondaria di 1° grado ha ancora una sua peculiarità culturale ed educativa? Se sì, quale?
Oggi la scuola media è davvero una problematica terra di mezzo, un luogo confuso di transizione, uno spazio ambiguo del sistema scolastico italiano. Appena nata, nel 1962, appariva come “la chiave di volta della futura scuola italiana”; la “pupilla” del sistema scolastico italiano. Ha avuto grande successo tra gli anni ’70 ed ’80 tanto da influire sulle riforme della scuola elementare e tentare il biennio delle superiori.
Oggi, è in una grave crisi di identità. I fattori di crisi sono diversi. Ne sottolineo tre: l’elevamento dell’obbligo di istruzione, per cui sembra venire meno quella che era la sua ragione sociale (obbligo scolastico) della media; i tentativi contradditori ed interrotti di riforma da parte degli ultimi Ministri; le difficoltà a focalizzare il concetto di secondarietà per un corso di studi inserito a termine del ciclo dell’istruzione primaria. Stando così le cose, a me sembra, che la Media abbia ancora una sua peculiarità come scuola che accompagni e sostenga i ragazzi dai 10 ai 14 anni a verificare una risposta al bisogno di conoscenza e di re-invenzione del mondo mediante un’istruzione essenziale senza cadere nello psicologismo, nell’enciclopedismo, nel tecnicismo. Ha senso una scuola media che motivi, orienti ed aiuti i ragazzi ad usare la ragione e coltivare una sana affettività facendo i conti, in modo adeguato, con poche materie fondamentali obbligatorie ( esempio: italiano, inglese, matematica, storia) e con alcuni laboratori facoltativi ( arte, musica). L’esperienza mi dice che dove gli alunni incontrano proposte di studio essenziali, concrete, dinamiche, coinvolgenti, la scuola media, in genere, diventa un ambiente interessante, aperto, capace di comunicare un gusto nella conoscenza e di sostenere nella conquista-verifica di un metodo di studio efficace.
Lei ha studiato e scritto molto sulle caratteristiche dell’apprendimento dagli 11 ai 14 anni. Che cosa caratterizza i processi di apprendimento di questa fascia di età?
A questa età, definita della seconda nascita e della riscrittura dell’io, i processi di apprendimento sono caratterizzati da impeti di ragione esigente e sistematica e nello stesso tempo da un’affettività, che come abbiamo scritto su Libertà di educazione, oscilla tra Peter Pan, Frankestein e Pinocchio. Senza un’educazione ad un atteggiamento di responsabilità, di attenzione, di curiosità epistemica, di stupore e, quindi, ad un comportamento di lavoro disciplinato, i processi restano incerti, superficiali, sporadici, cioè funzionano in modo reattivo, per imposizione e trascinamento, più che per fascino.
A quest’età i ragazzi e le ragazze hanno bisogno di essere guardati e guidati così come facevano nei suoi confronti gli adulti che volevano bene Pinocchio. Infatti l’imparare, azione più drammatica di quella dell’insegnare, implica un’opzione preliminare: stare alla relazione con il docente e accettare di fare i conti personalmente con l’oggetto da apprendere, andando oltre lo spontaneismo e le voglie. Si tratta di un’ azione ed un’ opzione, che nell’età della preadolescenza, sembrano più difficili ma possono ( e devono, pena ulteriori problemi con il passare degli anni) diventare esperienza, se effettivamente c’è una proposta di apprendimento “pieno”.
E’ “pieno, completo” il processo di apprendimento quando sono presenti e coltivate armonicamente le dimensioni dell’apprendere: la significatività, la criticità, l’autonomia. I ragazzi e le ragazze dagli 11 ai 14 anni avvertono il bisogno di questa “maturità”. Occorre proporre loro di imparare non solo acquisendo nozioni e abilità, ma anche connettendo queste all’esperienza e alla storia personali (apprendimento significativo), dentro un paragone aperto e continuo, in maniera sempre più autonoma, sul terreno della realtà. Per questo hanno bisogno di un metodo di studio. La Media è in questo senso la scuola del metodo di studio, che è non tecnica, ma insieme di ragioni e di passi dell’applicazione sistematica all’apprendimento di una materia fino al punto di produrre competenze.
I tratti distintivi che Lei ha descritto rendono la ex scuola media necessaria o ravvisa delle valenze aperte che possono congiungere la secondaria di 1° grado con la scuola primaria e con i due anni dell’obbligo di istruzione (14 – 16 anni)?
Le valenze aperte, a cui si accenna nella domanda, a mio parere, riguardano il nesso tra quinta elementare e prima media (quindi la questione della continuità e discontinuità), e tra il biennio delle medie e le superiori ( quindi i problemi dei gradi della secondarietà e dell’orientamento).
Continuità nell’essere scuola del primo ciclo di istruzione, quindi in modalità adeguate dell’esercizio della personalizzazione in età particolare; discontinuità nell’essere scuola secondaria, cioè scuola sempre meno legata alle materie per lasciar spazio alla disciplina di studio e sempre più orientata alla promozione di sintesi personali critiche, capaci di fare maturare le competenze chiave, richieste nella società della conoscenza e della globalizzazione.
I tratti distintivi che Lei ha descritto sembrano rendere la ex scuola media necessaria ed utile. Lei ha però ravvisato anche delle gravi carenze nell’attuale profilo di questo segmento scolastico. Quali dovrebbero essere allora i tratti salienti che dovrebbero caratterizzare la ex scuola media, sia dal p.d.v. organizzativo, sia metodologico?
La scuola media è utile a certe condizioni. Deve, per esempio, sapere accogliere e accompagnare ragazzi e ragazze nel loro bisogno di essere protagonisti e di riscrivere l’avventura del proprio rapporto con il reale.
Per questo dovrebbe essere ed organizzarsi luogo e strumento di verifica dell’esperienza di apprendimento, di con-segna di un metodo studio efficace e sempre più autonomo, che è tra l’altro fattore di orientamento e condizione perché le conoscenze e le abilità maturino in competenze.
Dovrebbe anche per questo rinunziare all’enciclopedismo, al tecnicismo e allo psicologismo. Ci sono troppe materie nella Media ed ognuna di esse ha la pretesa di imporsi come essenziale al cammino di conoscenza dell’alunno senza volere e sapere tenere conto dei nessi con le altre. L’esito è davvero devastante molto lontano dal compito di educare istruendo. Io immagino una scuola secondaria di primo grado snella e leggera, adeguata al desiderio dei preadolescenti di ri-scoprire e avventurarsi nel mondo della cultura. Una scuola, inizialmente, in continuità con la primaria, sempre più vicina ad una reale secondarietà, per cui offre strumenti veramente essenziali, lascia spazio e tempo per sintesi personali critiche, punta a fare maturare le competenze chiave, richieste nella società della conoscenza e della globalizzazione.
Quali allora i cambiamenti ‘urgenti’ per ridare corpo e significato educativo alla secondaria di primo grado?
Secondo me è urgente innanzitutto dare sicurezza. Tra un Ministro dell’Istruzione e l’altro, che si alternano con interventi e proclami più o meno alternativi, e tra i blocchi delle forze conservatrici (sindacati e burocrazie) e i nostalgici del’ 68 e del ’79, nella scuola secondaria di primo grado attuale vige l’incertezza e la confusione, aumenta il senso di impotenza, cresce la cosiddetta anarchia organizzata. Se non siamo allo sfascio è perché c’è sempre qualcuno ( tra i dirigenti e gli insegnanti) che riesce a tirare le fila, almeno per sopravvivere dignitosamente.
Personalmente credo che il primo ambito su cui dare sicurezza è l’autonomia. Non si sa, per esempio, quanto spazio abbiano i singoli istituti ( comprensivi e no), per organizzare il calendario stabilire i criteri e le forme della valutazione, adeguare l’offerta formativa alle richieste della famiglia e alle esigenze del territorio, ecc. Dobbiamo guardare a prima di Berlinguer , al suo tentativo, agli interventi della Moratti, di Fioroni? E dove ci sta portando l’attuale Ministro?
Non servono interventi con pretese di riforme epocali o con ritocchi al cacciavite. Occorre portare a compimento le premesse della legge 53/2003 e del decreto 59/2004 con una normativa chiara rispetto all’autonomia, ai piani di studio agili ed essenziali, alla opzionalità facoltativa ed obbligatoria, all’obbligo di istruzione, all’esame di stato del primo ciclo, alla certificazione delle competenze, alla valutazione esterna, alla libertà di educazione, agli organi collegiali. Occorre inoltre intervenire sul reclutamento e la formazione dei docenti ridefinendo le classi di concorso alla luce delle indicazioni per il curricolo.