È il primo italiano a ricoprire la prestigiosa carica di segretario generale della International Astronomical Union (IAU) ed è un fatto non privo di significato che venga da quell’Università di Padova dove, tra luglio e agosto di 406 anni fa Galileo costruiva i suoi primi cannocchiali e si accingeva a compiere le osservazioni che avrebbero sconvolto la visione dei cieli. È Piero Benvenuti, astrofisico, non nuovo agli incarichi e alle responsabilità internazionali (è stato, tra l’altro, direttore del Centro ESA per il Telescopio Spaziale Hubble), che riceverà le consegne nel corso della Assemblea Generale della IAU che si apre oggi a Honolulu (Hawaii) per proseguire fino al 14 agosto.
La IAU è la principale organizzazione che raduna tutti i professionisti dell’astronomia di tutto il mondo, con attualmente circa 12mila membri (per la precisione, 11275) da 96 Paesi. È stata fondata nel 1919, quindi è quasi centenario, e ha come obiettivo quello di facilitare la collaborazione tra gli astronomi in tutti i campi di attività: dell’astronomia, dell’astrofisica e della cosmologia. In particolare ha anche il compito specifico, per un accordo internazionale, di stabilire la nomenclatura degli oggetti celesti e di definire le costanti fisiche di interesse astronomico.
«Recentemente è stata ristrutturata – ci ha spiegato Benvenuti – e ora è organizzata in nove divisioni disciplinari che coprono tutti gli ambiti prima indicati: si va dall’astronomia fondamentale, alla strumentazione e tecnologia, all’education e outreach, e poi tutti naturalmente tutti gli oggetti di indagine, pianeti, stelle, galassie…».
All’interno delle divisioni ci sono poi commissioni con compiti specifici; come quello già citato della nomenclatura. Un caso celebre, in tempi recenti, è stata la ridefinizione di Plutone come non più considerato pianeta ma passato alla famiglia dei pianeti nani. «Questo, specie in Usa, ha creato molte discussioni e ancora adesso, avvicinandoci alla Assemblea Generale ci arrivano richieste di chiarimento e di possibili revisioni. In questo caso è accaduto che gli astronomi hanno riconosciuto che era necessario definire che cos’è un pianeta e, una volta definito, ci si è accorti che Plutone non rientrava nella categoria. D’altra parte se avessimo fatto rientrare tra i pianeti tutti i corpi con le caratteristiche simili a Plutone, ne avremmo avuti una trentina, il che avrebbe creato altrettanta confusione».
Tutte queste attività trovano il loro momento di sintesi in specifici e molto selezionati simposi scientifici annuali e, ogni tre anni, nella Assemblea generale; quest’anno a Honolulu si terranno insieme all’assemblea anche sei dei nove simposi annuali, oltre a 22 workshop minori per coprire tutte le aree di interesse del momento. Quindi per Benvenuti si prospetta una maratona di due settimane prima di insediarsi negli uffici centrali della IAU a Parigi.
Tornando all’attività dell’Unione, chiediamo al nuovo segretario generale se ci sono iniziative particolari relative ai grandi progetti di costruzione di nuovi osservatori o alle nuove missioni scientifiche spaziali. «C’è una divisione specifica che offre un forum di discussione per le grandi facilities. La IAU di per se non entra – non ha il mandato per farlo – nella definizione o promozione di questi progetti, che sono affidati a consorzi specifici (come avviene per l’ESO, European Southern Observatory, o per il futuro telescopio SKA, Square Kilometre Array); mette però a disposizione la propria esperienza e la propria autorità per allargare la discussione e il confronto, che in questo momento è molto importante».
Proprio qui alle Hawaii in questi anni si è sviluppata una protesta contro la costruzione del Thirty Meter Telescope (TMT) sulla cima di Manua Kea. Nei prossimi giorni alla IAU si aspettano qualche manifestazione da parte coloro che, invocando la sacralità di quella montagna, vedono nella costruzione del telescopio un attentato alle antiche tradizioni. «Su Manua Kea però ci sono già diversi osservatori e in realtà questa protesta sembra più dettata da motivazioni di tipo politico, nelle quali ovviamente noi non intendiamo entrare; considerando anche che la IAU non è direttamente coinvolta nella costruzione del TMT. Siamo comunque a favore di tutti gli avanzamenti strumentali che possano portare a un progresso dell’astronomia; ma poi di volta in volta sono i singoli consorzi e le comunità locali che devono affrontare e dirimere tutte le questioni che si pongono per una nuova facility».
Benvenuti tiene a sottolineare un’altra attività molto importante della IAU, avviata circa 4 anni fa a seguito del successo ottenuto dall’Anno Internazionale dell’Astronomia: è la costituzione dell’Office of Astronomy for Development, quindi di un ufficio specifico non per lo sviluppo dell’astronomia ma finalizzato alla “astronomia per lo sviluppo”. «È ospitato presso l’osservatorio astronomico del SudAfrica a Cape Town e si occupa di implementare un piano strategico, proposto e approvato tre anni fa, che prevede l’utilizzo dell’astronomia come veicolo per avvicinare le nuove generazioni alla scienza. Soprattutto in quei Paesi dove l’astronomia non ha lo stesso sviluppo che altrove».
Il progetto prevede la costituzione di centri regionali, coordinati dall’ufficio centrale, dove si sviluppano iniziative di education e outreach per ogni situazione locale; in Africa ce ne sono già tre, altri sono attivi in Cina, in Corea, in Colombia altri ancora verranno avviati in Armenia e in Giordania. «Si sta creando una rete di centri col compito di promuove l’astronomia nelle università e nelle scuole, anche primarie, nonché di diffondere la cultura astronomica presso il grande pubblico. Questa attività ha avuto una recente revisione esterna che ha dato ottimi risultati, confermando la bontà dell’intuizione iniziale. Ciò vale anche in aree con grandi criticità sul piano sociale e politico: ad esempio, abbiamo recentemente approvato la costituzione di un centro regionale in Nigeria, pur consapevoli dei grandi problemi presenti ma convinti che promuovere la cultura e la scienza sia un modo per aiutare le popolazioni a trovare un equilibrio e a progredire».
Nei prossimi giorni a Honolulu saranno tanti i temi sul tappeto e alcuni particolarmente caldi o stimolanti. «Forse il tema che ha più risonanza è quello dei pianeti extrasolari, portati alla ribalta internazionale anche dai recenti annunci della Nasa sulle scoperte del satellite Kepler. All’Assemblea IAU ci saranno degli workshop dedicati a queste ricerche, per fare un quadro complessivo di come avanzano le conoscenze in questo campo.
Una delle iniziative delle quali Benvenuti ci preannuncia il lancio riguarda la denominazione dei nuovi esopianeti: «Abbiamo visto che ci sono numerosi sistemi planetari simili al nostro, ne abbiamo scelti una ventina, consolidati e con più pianeti, e abbiamo lanciato la richiesta a gruppi di astrofili e associazioni culturali di tutto il mondo di proporre dei nomi che sostituiscano le denominazioni tecniche finora attribuite (come l’ultima di kepler 452). Le proposte verranno votate dal pubblico, con una votazione aperta a tutti. Abbiamo così voluto seguire la tradizione antica di dare ai corpi celesti dei nomi significativi e far riflettere sulla necessità di legare questi nomi alla storia e alla cultura umana e alle tradizioni più profonde del “nostro” pianeta. L’iniziativa si concluderà quando avremo un numero di voti sufficiente e allora dichiareremo i nomi ufficiali, che si affiancheranno comunque alle denominazioni tecniche».
L’assemblea che inizia oggi alle Hawaii è quindi per il mondo astronomico, e per Benvenuti in particolare, ricca di aspettative «per i risultati scientifici, che si prospettano interessanti soprattutto per quanto riguarda l’evoluzione cosmologica e il problema della materia oscura sul quale si annunciano novità. Ma oltre a questi, l’assemblea 2015 evidenzia il passaggio a una nuova struttura della IAU, con le nove divisioni e con un rinnovamento anche nelle commissioni, che sono una sessantina, per rispettare meglio l’attuale stato della ricerca astronomica. Mi aspetto che ciò possa dare nuova vita all’Unione perché vedo più entusiasmo partecipativo e desiderio di dare più visibilità a ciò che studiamo e scopriamo.
(Mario Gargantini)