Carl Lewis, Ben Johnson, Maurice Green, Asafa Powell, Usain Bolt: tutti grandi centometristi. Ma la cosa che hanno in comune non è solo la capacità di vincere medaglie d’oro sui cento metri piani, spesso infrangendo i record dei loro predecessori. La caratteristica che li accomuna è il colore della pelle: sono tutti afroamericani.
Come tutti più o meno pensano di sapere, i neri sono i migliori atleti del mondo. Ma è vero sempre? La risposta è no: se ci spostiamo in ben altra specialità, il nuoto, possiamo compulsare elenchi di vincitori e recordmen tutti bianchi caucasici: chi non ha mai sentito parlare infatti di Mark Spitz, Matt Biondi, Alexander Popov, Ian Thorpe? Anche qui, come sopra, tutti atleti della stessa provenienza etnica, potremmo dire.
Come spiegare scientificamente questa differenza? Questo, che sembra – e forse lo è – un interrogativo ozioso, ha incontrato l’interesse di alcuni studiosi americani, che da anni hanno sviluppato una teoria per spiegare queste differenze. Gli autori, Adrian Bejan e Edward Jones (rispettivamente un bianco e un nero) della Duke, e Jordan Charles, della Howard Universities, da anni infatti studiano un modello “costruttivista” che dia spiegazione di alcuni fatti rilevabili in natura riguardanti la deambulazione degli animali.
Il più eclatante è forse che animali più grossi si muovono generalmente più velocemente: questo risulta vero in un intervallo di massa corporea che va dal milionesimo di chilogrammo alle decine di tonnellate, in diversi ambienti (terra, mare, aria).
L’idea-guida di questi studi è che le leggi evolutive che guidano lo scorrere della massa sulla terra sono analoghe al flusso della massa d’acqua in un bacino di un fiume. La trattazione arriva a scoprire che i requisiti in base ai quali si può determinare la velocità di un animale in corsa dipende sostanzialmente dalla massa (M) e dall’altezza (H), ma in un gruppo di atleti con le stesse M e H bisogna considerare un altro dato, e cioè il baricentro (o centro di massa). Maggiore è lo spazio di caduta del baricentro durante il meccanismo della corsa e maggiore sarà la velocità dell’uomo. Analogamente, le equazioni che determinano la velocità di un uomo in acqua ci dicono che l’atleta con lunghezza del tronco maggiore andrà sempre più veloce.
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Le misure antropometriche su larghe parti delle popolazioni di neri, bianchi e asiatici mostrano le grandi differenze che esistono fra un gruppo etnico e l’altro: i neri hanno arti più lunghi degli altri e avendo gambe più lunghe e circonferenze di torso più strette, il loro centro di massa è più alto di individui bianchi con lo stesso peso. Questo determina una velocità media maggiore di circa il 3,7% nei neri rispetto ai bianchi.
Analogamente, nel nuoto i bianchi sono più veloci di circa il 3,5% dei neri. Per quanto riguarda il nuoto, in realtà i bianchi sono i favoriti anche sugli asiatici, ma solo quando sono abbastanza alti. A parità di altezza, cioè, fra un bianco e un asiatico vince un asiatico. Essendo in media molto più alti i bianchi degli asiatici, nelle gare internazionali è chiaro che vinceranno tendenzialmente sempre i bianchi.
Uno studio interessante, ma fino a un certo punto. Se da un lato è interessante entrare nei dettagli che permettono di modellare il corpo umano in un certo modo e stabilire vantaggi o svantaggi di una certa conformazione, dall’altro è impossibile non notare come un lavoro di questo tipo assomigli molto a un pretesto per divulgare proprie convinzioni accademiche più che al raggiungimento di un risultato realmente innovativo.
In fondo, che i neri andassero più veloci perché hanno leve più lunghe e baricentro più alto lo insegnavano al sottoscritto durante le elementari, più di 25 anni fa …