L’Italia si conferma all’avanguardia nell’individuazione di nuove terapie e sviluppa una nuova rivoluzionaria metodologia di cura per l’iperparatiroidismo secondario. Una patologia di cui soffrono almeno 50mila pazienti italiani che ricevono la dialisi, una complicazione di chi soffre di malattie renali croniche e che manda in tilt quattro ghiandole nascoste dietro la tiroide, che causano un’alterazione metabolica molto importante di calcio, fosforo e vitamina D. In Italia, come riportato da Adnkronos, è stato messo a punto un nuovo farmaco chiamato etelcalcetide, che riesce a bloccare questa reazione. L’etelcalcetide permette peraltro ai pazienti che sofffrono di iperparatiroidismo secondario di semplificare notevolmente il numero di farmaci da assumere, fattore molto importante per pazienti che spesso possono essere costretti, per curare i loro problemi renali, ad assumere circa 20 pastiglie in un solo giorno.
“FONDAMENTALE PREVENIRE LE CALCIFICAZIONI”
Spiega con chiarezza l’importanza della nuova terapia Mario Cozzolino, direttore dell’Unità operativa complessa di nefrologia e dialisi all’ospedale San Paolo: “La lunga emivita del farmaco consente una frequenza di assunzione che può essere ridotta a 3 volte a settimana. La somministrazione per via endovenosa in coincidenza con le sedute dialitiche assume un particolare valore clinico perché viene gestita direttamente dal personale medico-infermieristico. Per capire l’entità del problema dell’aderenza alle cure basti pensare che circa il 90% dei pazienti in dialisi riceve la prescrizione di chelanti del fosforo, ma oltre il 50% non li assume”. Francesco Locatelli, direttore emerito del Dipartimento nefrologia, dialisi e trapianto renale all’ospedale A. Manzoni di Lecco, spiega gli obiettivi della somministrazione del farmaco: “La prevenzione della patologia da eccesso di produzione di paratormone, nei pazienti con insufficienza renale cronica in dialisi, deve iniziare già dai primi stadi della malattia renale per impedirne la progressione e prevenirne le complicanze come le calcificazioni metastatiche.“