In un saggio recentemente curato dalla Fondazione per la Sussidiarietà, Far crescere la persona, si valutano i cambiamenti che deve attuare il sistema scolastico per adeguarsi alle necessità del mondo che cambia. L’impatto che ha l’istruzione sullo sviluppo economico e sociale di un Paese è valutato dagli economisti come molto importante, in quanto componente di quel complesso di competenze e risorse che viene definito come capitale umano o cognitive skills. Ma questo non basta, come dimostra James Heckman, Premio Nobel per l’economia nel 2000. Secondo Heckman, infatti, serve valorizzare anche i soft skills (o non cognitive skills), ossia tutto ciò che caratterizza la personalità umana, quelle doti che l’American Society of Psychology ha definito come Big Five: grinta, amicalità, coscienziosità, stabilità emotiva, apertura all’esperienza. Questi sono aspetti del character, ossia della personalità umana, che si plasmano fin dai primi anni di vita.
Ed è proprio su questi primi anni che si concentra il lavoro del Centro per la Salute del Bambino onlus – Csb (www.csbonlus.org), il quale promuove le pratiche migliori per uno sviluppo ottimale delle varie dimensioni cognitive e socio-relazionali del bambino. L’evidenza scientifica dimostra infatti che gli interventi precoci — cioè quelli attuati a partire dal concepimento e fino ai primi anni di vita — sono fondamentali ai fini della salute e dello sviluppo cognitivo, emotivo e relazionale dei bambini, con effetti che durano per sempre. La sintesi di tali studi ha una sua rappresentazione visiva nel noto grafico dello stesso Heckman che illustra come l’investimento nei primissimi anni (in realtà a partire dalla gravidanza e anche prima, con attenzione alla salute riproduttiva) sia il più remunerativo rispetto a quello fatto in altre età ad esempio nei giovani adulti per far loro conseguire un titolo post-laurea.
Il motivo di questo sta nella grande plasticità, cioè suscettibilità all’influenza dell’ambiente (familiare e sociale, ma anche chimico-fisico), di organi e funzioni e in primo luogo del cervello, la cui architettura si viene definendo nei primi anni.
Poiché l’ambiente del neonato, del lattante e del bambino in questo periodo è costituito soprattutto dai genitori e comunque dalle figure di riferimento del nucleo familiare, a cui si possono aggiungere gli educatori dei nidi e pochi altri, devono essere questi i destinatari degli interventi e delle politiche finalizzate a rinforzare la base del capitale umano.
Sappiamo che i bambini che ricevono cure e attenzioni amorevoli hanno più opportunità di acquisire competenze cognitive, emotive e sociali utili al loro sviluppo. Al contrario, la mancanza di cure e attenzioni ha un effetto negativo: maltrattamenti e trascuratezza sono associati nei bambini piccoli a maggior frequenza di depressione, comportamenti aggressivi, difficoltà nell’apprendimento, problemi di controllo delle emozioni, dipendenza da droghe e alcol nelle età successive. Questi problemi, tra l’altro, in assenza di interventi, sono i principali generatori delle forti diseguaglianze che si creano già nei primi anni di vita e vengono spesso trasferiti alle generazioni successive.
Vi sono alcune pratiche che si sono dimostrate efficaci sia a favorire una buona relazione tra genitore e bambino, sia a sviluppare specifiche funzioni mentali: la lettura, la musica, il massaggio, il gioco. E’ proprio sulla diffusione di queste buone pratiche che si focalizza ormai da quasi 20 anni il lavoro del Csb. Tra queste, quelle sulle quali si è più lavorato sono la lettura in famiglia attraverso il programma “Nati per leggere” (www.natiperleggere.it) e l’esperienza musicale, attraverso il programma “Nati per la musica” (www.natiperlamusica.org)
Raccontare storie ai bambini è una pratica antica e oggi la ricerca ha dimostrato tutto il suo valore per la loro crescita, soprattutto se accompagnata dall’uso dei libri. Oltre ad essere un’esperienza piacevole sia per l’adulto che per il bambino e a rafforzare il legame affettivo tra chi legge e chi ascolta, la lettura ad alta voce da parte di chi si occupa del bambino
– favorisce lo sviluppo del linguaggio. Esso correla con le abilità di lettura nelle età successive facilitando il percorso scolastico e la comprensione del significato di ciò che si legge (non solo saper leggere quindi ma “comprendere” ciò che si legge)
– crea l’abitudine all’ascolto e aumenta i tempi di attenzione nel bambino;
– accresce il desiderio di imparare e leggere;
– calma, rassicura, consola.
I libri possono accompagnare il bambino nel suo processo di sviluppo. Il primo libro, molto semplice, può essere proposto già a partire dai 6 mesi, sarà il genitore a illustrare al bimbo tenuto in braccio le semplici figure. Man mano che passano gli anni la rappresentazione di emozioni quali rabbia, paura o gioia aiuta i bambini e i genitori a riconoscerle, a parlarne e quindi a controllarle. La modalità di lettura più efficace, e anche la più divertente, è quella cosiddetta “dialogica” dove il genitore fa domande sulle illustrazioni e sul prosieguo della storia e il bambino risponde, chiede, precede il genitore nel racconto. In questo modo aumentano sia l’interazione tra adulto e bambino sia la dimestichezza del bambino con il linguaggio.
Inoltre fin da prima della nascita il feto è sensibile ai suoni provenienti dall’esterno (la voce materna, una musica…). Diversi studi, svolti anche su bambini prematuri, hanno dimostrato gli effetti benefici della musica e delle parole che con la loro varietà di intonazioni — in particolare quella tipica del “mammese” — sono esse stesse “suoni”. Per “mammese” si intendono quel tono e quel fraseggio che la mamma usa quando si rivolge al proprio bambino soprattutto nei primi mesi instaurando con lui una sorta di dialogo musicale che facilita l’apprendimento del linguaggio. Ascoltare e produrre suoni, oltre che far crescere la sensibilità musicale, fa parte delle opportunità di sviluppo nel bambino di capacità cognitive e non cognitive, oltre che emotive e sociali. Infatti l’esperienza musicale favorisce lo sviluppo di molte competenze, anche in attività non strettamente collegate con la musica. Ad esempio abilità di comunicazione e interazione con l’altro, capacità di autoregolazione delle proprie emozioni, sviluppo di memoria e attenzione, immaginazione e creatività, coordinazione motoria, socializzazione.
Il Csb pubblica materiali di informazione per genitori e per operatori dell’infanzia, come “Nutrire la mente dei nostri bambini”.