Il grande mistero della morte, insondabile a tutti. Il più grande mistero dalla notte dei tempi, che ha sempre spinto l’uomo nella sua storia a indagare, cercare, darsi risposte magari ingannevoli ma che potessero placare il tumulto del cuore davanti a quel varco: c’è vita dopo la morte? C’è pena, sofferenza, ricompensa o un grande nulla? Oggi nascosta, banalizzata, censurata, violentata, anche imposta come via di fuga alle sofferenze resta sempre quello che è stata: un mistero. La televisione inglese ha voluto indagare con una ricerca in cui sono state intervistate dozzine di infermiere che si occupano di malati terminali o che si sono ritrovate accanto a pazienti che stavano morendo. A loro la Bbc ha chiesto di raccontare le ultime parole in fin di vita dei pazienti per sapere come la gente vive i suoi ultimi istanti e in che condizioni mentali. Le sorprese sono state molto. Già una ricerca precedente aveva fatto sapere che, incredibilmente, quelli che affrontano la morte in modo più ottimistico sono i malati terminali, quelli che da tempo sanno che stanno per morire, quelli che oggi finti buoni samaritani accompagnano alla “dolce morte” per interrompere le loro sofferenze.
Anche i condannati a morte nella maggior parte dei casi sono di buon umore per quanto possa consentirlo la loro sorte, e chiedono di aver intorno la famiglia o dei sacerdoti per calmare l’ansia del momento finale. A essere intervistate le infermiere che si occupano di cure palliative all’ospedale dell’università di Royal Stoke a Stoke-on-Trent, Regno Unito. Ecco alcune delle risposte. Diversi malati in punto di morte chiedono di vedere i cani o altri animali con cui hanno vissuto per una ultima volta, mentre altri semplicemente chiedono una tazza di tè. Una infermiera ha raccontato di una coppia entrambi ricoverati che ha chiesto che i loro letti fossero uniti come un letto matrimoniale prima di morire a dieci giorni di distanza uno dall’altra. In molti si lamentano che la vita è troppo corta e si lamentano di aver speso il loro pensionamento duramente guadagnato con una vita di duro lavoro da malati. Colpisce poi la testimonianza di una infermiera che spiega che è possibile avere “una morte dignitosa” spiegando che le persone non dovrebbero avere paura di morire, e con morte dignitosa la donna non intende l’eutanasia, ma semplicemente accompagnata con cura e affetto. “Nella nostra immaginazione la morte è qualcosa di solitario e senza significato. Ma le ultime parole e gli ultimi scritti dei malati temrinali e dei condannati a morte sono piene di amore, impegno sociale e di significato”.