Oggi a Milano, nell’anniversario dei sessant’anni dalla promulgazione della Dichiarazione dei diritti dell’uomo, il Convegno organizzato dall’Ares (Associazione Ricerche e Studi) dal titolo «Per l’Europa dei diritti. Dalla Dichiarazione universale ai nuovi scenari», ospiti Mario Mauro, Letizia Moratti, Oscar Giannino, Gloria Riva, Luciano Garibaldi, Gianfranco Morra, Mons. Luigi Negri e Giorgio Vittadini.
Perché ragione e fede debbono rappresentare il fondamento dell’Europa?
Al quesito risponderà monsignor Luigi Negri, Vescovo di San Marino e Montefeltro, ponendo in rilievo come la laicità dell’Occidente, ereditata dall’antica Grecia, abbia cessato di essere il fondamento della civiltà quando si è trasformata in semplice conoscenza degli oggetti, manipolazione degli oggetti, con la pretesa di escludere ogni altro tipo di conoscenza, dalla metafisica alla teologia. «È stato in questo modo – dice monsignor Negri, offrendo la sintesi della sua relazione – che la ragione, separata dalla fede, è diventata la fonte delle ideologie totalitarie e dei massacri che esse hanno provocato. E basterebbe ricordare la grande opera di Robert Conquest “Il secolo delle idee assassine”. Si può e si deve ricomporre la ragione – aggiunge monsignor Negri – con i sentimenti religiosi. Se la fede incontra la ragione, i contrasti saranno risolti; se invece incontra il razionalismo, essa sarà esclusa ed emarginata a svantaggio della comprensione e dell’amore».
Quale futuro per l’Europa?
Come avrà modo di dire Mario Mauro, vicepresidente del Parlamento europeo nel suo intervento, oggi il progetto europeo vive tante e tali contraddizioni che invece di essere presentato come una risposta positiva, appare tante volte di impaccio, come una sorta di raccapricciante insensato agglomerato, a tal punto da far esclamare a Benedetto XVI che è possibile l’apostasia dall’Europa stessa (cfr.87 Congresso su I 50 anni dei Trattati di Roma – Valori e prospettive per l’Europa di domani, promosso dalla Commissione degli episcopati della Comunità europea il 25 marzo 2007). Apostasia intesa come allontanamento dalla propria storia, dalla propria natura, dalla propria radice culturale, dalla radice dell’esperienza di dialogo e di convivenza tra gli uomini, che pure ci ha regalato, importantissimi, oltre cinquant’anni di pace, di sviluppo e diritti. Se questo è il dato da cui partire per cercare di comprendere che cosa sta accadendo nell’evoluzione del sistema politico europeo dobbiamo puntare la nostra attenzione su un particolare; dobbiamo comprendere che di mezzo non c’è una dialettica politica fine a se stessa, ma la sopravvivenza stessa dell’esperienza di un popolo: il problema è «che cosa siamo noi» e «cos’è l’Europa».
L’Europa deve tornare a capire che la possibilità di costruire opzioni adeguate per l’uomo di oggi e di domani risiede nel rapporto tra diritto di natura e politica. Diversamente sempre più finiremo con l’infierire, non tanto sul quel progetto politico che chiamiamo Europa, ma sull’esperienza degli uomini che ne fanno parte. In questo senso diventa ancor più grave il tema delle radici cristiane, che non è un tema da ancorare alla velleità delle gerarchie ecclesiastiche, ma è il tema stesso della sopravvivenza dell’Europa. Oggi c’è l’occasione per un’intera società di ritrovare se stessa e di ritrovare la propria identità, la propria faccia, ma anche il proprio scopo, la ragione per cui siamo quello che siamo. Abbiamo il dovere di rispondere a questa sfida. Cosa abbiamo da offrire in termini, non solo di proposta di significato, ma anche di progetto politico e di esperienza per promuovere la convivenza tra i popoli? Cosa abbiamo da offrire se non siamo capaci di interrogarci sul fondamento di quello che ci lega? Il tema del futuro dell’Europa si pone a questo livello. Deve rispondere a questa sfida. Dobbiamo, vincendo la battaglia con fondamentalismi e relativismi, essere capaci di dire ciò che siamo e in che cosa crediamo. Per avere un’Europa migliore dobbiamo tornare a credere, lavorare, batterci per essa. L’Europa nasce cristiana, non possiamo lasciarla preda di mistificazioni e strumentalizzazioni.
Tra statalismo e liberismo, l’Europa della sussidiarietà
Lo sviluppato mondo europeo è in crisi. Secondo Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, né statalismo, né liberismo sembrano capaci di costruire una società in cui tutti possano beneficiare dell’aumentata prosperità ed essere al riparo dalle conseguenze nefaste di una crisi sociale ed economica. Il limite, sia dello statalismo che del liberismo, consiste in una idea di uomo riduttiva: un uomo incapace di mettere utilmente a frutto le sue potenzialità per il bene comune (statalismo) o capace solo di rapporti utilitaristici (liberismo).
Il principio di sussidiarietà è il modo di concepire la vita sociale ed istituzionale come espressione della capacità di bene delle singole persone e per questo costruisce – come ha sempre costruito – risposte più adeguate ai reali bisogni di tutti.
Konrad Adenauer, Alcide De Gasperi e Robert Schuman padri cristiani dell’Europa
Gianfranco Morra, professore di sociologia nell’Università di Bologna, farà un profilo dei padri fondatori dell’Europa. Tutti e tre furono legati dalla scelta politica, il cristianesimo democratico, e dalla fede religiosa cattolica, professata e vissuta. I numerosi studi, che ne hanno ripercorso il cammino europeista, hanno tutti sottolineato come la loro singolare unità di intenti si basava su di una comune consapevolezza: che solo il cristianesimo può essere il cemento dell’unità europea.
Sempre l’impegno politico dei tre statisti ebbe come colonne portanti le fede cattolica e la dottrina sociale della Chiesa. Adenauer, formatosi nella grande tradizione del cattolicesimo renano, aveva militato prima nel Zentrum e più tardi nella democrazia cristiana (Cdu). De Gasperi aveva fatta propria, nel cattolicissimo trentino, la lezione del vescovo Endrici, che aveva cercato di tradurre politicamente prima nel Partito Popolare, poi nella Democrazia Cristiana. E Schuman si era nutrito della tradizione cattolica della Lorena e del suo vescovo, Willibord Benzler. Questa fede li rendeva insensibili alle lusinghe del nazionalismo (ma non all’amor di patria) e li apriva al sogno di una comunità delle nazioni europee. Uniti nella convinzione che il cemento unificatore dell’Europa è la tradizione cristiana.
Il riconoscimento di questa fondazione religiosa dell’Europa appare necessaria, a Schuman, anche per salvaguardare la democrazia dalle sue degenerazioni. Non si tratta di obbligare nessuno a professare una religione, ma di riconoscere, in senso più storico che confessionale, che Europa e Cristianesimo sono in binomio inscindibile.
Quali nuovi stragi si annunciano?
Partendo dai «padri» delle ideologie razziste (il francese De Gobineau e l’inglese Houston Steward Chamberlain) e proseguendo con le aberrazioni contenute nel «Mito del XX secolo» del tedesco Alfred Rosenberg, Luciano Garibaldi, giornalista, dimostrerà come queste basi pseudo-scientifiche, sempre osteggiate dalla Chiesa, siano all’origine della follia antisemita. Purtroppo, dai Lager ai Gulag il passo è stato breve. Ma ora che le due ideologie perverse del Novecento sono finalmente tramontate, un nuovo grido d’allarme arriva dall’Estremo Oriente dove, in Cina, nei Laogai, continuano le stragi di innocenti, sollecitate dall’orrenda pratica di espiantare gli organi dei condannati a morte per farne oggetto di mercato.