La mia conoscenza di Nicola Cabibbo – scomparso a Roma l’altro ieri pomeriggio – ha riguardato vari aspetti della sua personalità. Prima di tutto l’aspetto strettamente scientifico poiché, come fisico delle particelle elementari, anche se sperimentale, non ho potuto fare a meno di incontrare molto spesso fenomeni che potevano essere ben spiegati solo con la teoria di Cabibbo del mescolamento dei quark.
Il secondo aspetto è stato quello manageriale, quando durante sei anni e mezzo Nicola era presidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), mentre io ne ero vicepresidente. Infine, più recentemente quando, membri ambedue della Commissione della Fisica del Comitato Interministeriale di Valutazione della Ricerca Scientifica (CIVR), abbiamo passato in rassegna le attività di ricerca in fisica di tutte le Università e degli Enti di Ricerca italiani. Ma, nelle conversazioni che abbiamo avuto modo di avere, abbiamo toccato anche argomenti riguardanti i criteri etici e i limiti che la scienza applicata (diversamente dalla ricerca fondamentale) dovrebbe porsi.
Dal punto di vista scientifico Cabibbo era molto poliedrico: pur essendo un fisico teorico aveva una conoscenza approfondita della struttura dei computer al punto di costruirsene uno da solo. Questa sua passione per i computer lo portò ad essere il promotore del programma di supercomputer APE, che ebbe vari sviluppi (APE100, APONE, APEnext). Si tratta di un array di computer paralleli, pensati in particolare per i calcoli della cosiddetta cromodinamica quantistica, che studia il comportamento dei quark legati nelle particelle, come ad esempio il protone.
Ma il suo nome è legato principalmente a una teoria fondamentale che riguarda il mescolamento dei quark e prende il nome di angolo di Cabibbo.
I costituenti elementari della materia appartengono a due famiglie. Una di queste è costituita dai leptoni, dei quali fanno parte ad esempio l’elettrone e il neutrino. I leptoni conservano indelebilmente il ricordo della loro provenienza: se ad esempio un elettrone si scontra (interagisce) con altre particelle, la sua natura elettronica non viene mai annullata a meno che l’elettrone incontri la sua antiparticella, cioè il positrone. In questo caso le due particelle si trasformano in sola energia raggiante. Questa caratteristica del leptoni si traduce dicendo che il sapore (in inglese flavour) dei leptoni si conserva.
Dell’altra famiglia fanno parte ad esempio i costituenti dei nuclei, cioè neutroni e protoni. Si è trovato però che queste particelle non sono effettivamente elementari, ma sono a loro volta costituite da componenti puntiformi detti quark. I quark sono sei e contrariamente ai leptoni non conservano la loro origine; si dice che i quark possono non conservare il loro sapore. Ciò avviene quando i quark interagiscono attraverso le forze nucleari deboli, mentre le forze nucleari forti mantengono il sapore dei quark.
La teoria dell’angolo di Cabibbo fornisce la probabilità che un quark, interagendo con altri quark attraverso forze nucleari deboli, si trasformi in un altro tipo di quark. In verità Cabibbo formulò la sua teoria ancora prima che fosse scoperta l’esistenza dei quark, studiando il comportamento di alcuni tipi di particelle. Sfruttando anche la spiegazione proposta da Cabibbo, Gell-Mann ipotizzò poco dopo l’esistenza dei quark, dando origine allo sviluppo dell’attuale teoria delle particelle elementari.
Infine il modello inizialmente proposto da Cabibbo fu ampliato da Makoto Kobayashi e Toshihide Maskawa che ipotizzarono l’esistenza di altri due quark rispetto ai quattro che si conoscevano a quell’epoca, ipotesi verificata poi sperimentalmente.
È veramente singolare che nel 2008 Kobayashi e Maskawa siano stati insigniti del premio Nobel, mentre lo stesso premio non sia stato conferito a Cabibbo. Questo episodio, insieme ad altri avvenuti nell’ultimo decennio, fanno dubitare dell’adeguatezza dell’Accademia delle Scienze svedese, che decide dell’assegnazione dei premi Nobel, o per difetto di competenza o per pregiudizi ideologici.
Le attività scientifiche di Cabibbo sono state ovviamente molto più numerose di quelle summenzionate; esse riguardano essenzialmente lo sviluppo di varie teorie circa il comportamento dei componenti elementari della materia.
L’impegno di Cabibbo non è stato però solo accademico: dal 1985 al 1993 è stato presidente, come gia’ detto, dell’INFN, e dal 1993 al 1998 è stato presidente dell’ENEA. È stato socio nazionale dell’Accademia Nazionale dei Lincei per la classe delle scienze fisiche ed era uno dei soli quattro scienziati italiani viventi a essere membro della National Academy of Sciences degli Stati Uniti d’America. Come Presidente dell’INFN, Nicola Cabibbo ha mostrato capacità manageriali unite a una lungimiranza ed una accortezza di scelte che hanno fatto crescere in modo straordinario l’Istituto.
Dal 1986 è stato membro e dal 1993 presidente della Pontificia Accademia delle Scienze. È molto interessante anche questa sua attività di studio e discussione dei rapporti fra scienza e fede. Si debbono sottolineare, a questo proposito, due aspetti. Il primo riguarda la necessità che nelle applicazioni della scienza e nei suoi sviluppi tecnici, ci si debbano porre dei problemi etici, come nel caso delle possibilità aperte dalla manipolazione genetica. Ma non solo: Cabibbo sottolineava il fatto che le ricadute dei progressi tecnologici portavano benefici economici molto ridotti ai paesi in via di sviluppo.
L’altro aspetto riguarda la possibile conflittualità fra scoperte scientifiche e credenze religiose. Egli portò contributi utili alla convinzione, propria di molti fisici, che tali conflitti non esistano. In particolare discusse come la Teoria dell’Evoluzione possa benissimo essere conciliabile con l’idea della Creazione, teoria dell’evoluzione che non va confusa con l’Evoluzionismo, che rappresenta una deriva filosoficamente arbitraria rispetto alle evidenze sperimentali.