Presidi part time: questo è il destino delle scuole italiane, almeno per i prossimi anni.
Il regolamento per il concorso per dirigente scolastico ha finalmente trovato la luce: dopo una lunghissima elaborazione ha fissato il complesso iter in una serie di articolati passaggi. La prima graduatoria sarà formulata da una prova di preselezione. Poi, la prova scritta. Terzo sbarramento, la prova orale. E, di seguito, la graduatoria di merito per l’ammissione al corso dirigenziale. Quindi la prova scritta teorico-pratica e un colloquio finale. Il percorso, che assomiglia più alle dodici fatiche di Ercole che a una procedura concorsuale, arruolerà — si spera — 2500 nuovi dirigenti. Ma quando? Saranno sufficienti? E nel frattempo?
Nel frattempo si moltiplicano le reggenze. Perché, pur lentamente, i dirigenti scolastici, che spesso assumono il loro ruolo a 45-50 anni, vanno in pensione. Al loro posto non c’è nessun nuovo incaricato o supplente: come in ogni buona monarchia, un altro dirigente si assume la reggenza dell’istituto, in attesa del legittimo erede al trono.
Perciò sarebbe assolutamente necessario che il concorso si svolgesse con regolarità ogni tre anni per garantire l’avvicendamento dei nuovi dirigenti. Purtroppo sono ormai sette anni che non si svolge una procedura concorsuale e così proliferano le reggenze. Già quest’anno i dirigenti scolastici hanno due o tre scuole in più di 1700 casi. Ciò significa che più di un terzo delle scuole italiano hanno un preside a orario ridotto.
A ciò si aggiunga che già oggi sono più di un migliaio le scuole senza direttore dei servizi generali e amministrativi, ovvero sono prive del capo della segreteria e dei collaboratori scolastici. Insomma un terzo delle scuole italiane hanno il loro vertice a tempo ridotto e condiviso, con la difficoltà di assumere decisioni e affrontare subito i mille problemi che ogni giorno si presentano. Ogni scuola ha in media più di cento dipendenti, mille alunni, duemila genitori: tutti hanno bisogno di interloquire con chi prende o dovrebbe prendere le decisioni, con chi firma, quindi ha la responsabilità di tutti gli atti amministrativi, economici, didattici che ogni giorno si formano nella scuola.
Di più: il dirigente scolastico è datore di lavoro e come tale è responsabile — tra l’altro — della sicurezza: nel caso di due istituti ciò significa che ha la responsabilità anche di più di duemila persone, distribuite su tanti plessi, cioè edifici scolastici, spesso distanti tra loro parecchi chilometri.
Ed ecco allora il preside perennemente in auto, a spostarsi da un comune all’altro, e al cellulare, perché, mentre si va da una parte per l’appuntamento con il sindaco del paese che ospita una scuola, il vicepreside dell’altra chiama per un urgentissimo problema da affrontare. E per il direttore dei servizi le cose non sono poi molto diverse: tenere i conti e seguire la segreteria di due scuole risulta un vero rebus, mentre si allentano le relazioni personali, che, per ovvi motivi, vanno ridotte al minimo indispensabile, dato che bisogna puntare a far funzionare la macchina nel poco tempo disponibile. Nel contempo si sono avviate riforme complesse e processi rilevanti anche sul piano dello sviluppo del Paese, come la digitalizzazione, che richiede energie nuove e competenze sempre aggiornate, quando i dirigenti e i capi segreteria dimidiati rincorrono le urgenze per garantire il funzionamento ordinario delle scuole.
Certamente lo Stato ha risparmiato grazie alle reggenze: “Dato che l’indennità per una reggenza è pari a circa il 20-25% dello stipendio di un preside — sottolinea Rembado di Anp — è evidente che attribuire una scuola ad un reggente costa molto meno che assegnarla a un nuovo preside”. Ma quale costo ha avuto in questi anni la mancanza delle due figure apicali in molte istituzioni scolastiche? Secondo Roberta Fanfarillo di Flc-Cgil: “È di 308 milioni il risparmio che lo Stato ha ottenuto dal 2011 ad oggi, in termini di differenza di costo tra un preside e un reggente”. Ma quale sarà la spesa negli anni a venire per ripristinare l’efficienza di scuole, spesso di periferia, laddove le esigenze educative e di istruzione sono più urgenti, abbandonate a se stesse, private di un ruolo di guida e di controllo quotidiano, non limitato al solo disbrigo degli affari urgenti?
Ogni tanto, a chi chiede più autonomia per le scuole si risponde con il consueto refrain: che il pericolo è quello di creare scuole di serie A e scuole di serie B. Ma una scuola, priva delle due figure apicali, che se le ritrova prese a prestito e quindi ogni anno modificabili, non milita già in serie B, un po’ come una squadra che avesse allenatore e direttore sportivo prestati per uno o due giorni la settimana da un’altra squadra di campionato? Nel 2000 l’istituzione dell’autonomia scolastica ha coinciso con il conferimento della personalità giuridica alla scuola attraverso la nascita della dirigenza scolastica: sono i presidi che hanno assunto tale responsabilità. L’esplodere delle reggenze contribuisce a limitare e sacrificare l’autonomia, frenandone ogni potenzialità.
Si vede in questo un errore d’origine: è stata conferita l’autonomia alle scuole, ma si è fatta coincidere con la responsabilità di un dirigente pubblico: con la logica burocratica dell’amministrazione il dirigente è reggente di una scuola come fosse reggente di un qualunque ufficio.
“Eppure — scrive Disal — “assicurare il ‘presidio’ di tutte le comunità scolastiche dello Stato dovrebbe rappresentare, per chi ha responsabilità di governare il sistema scolastico, una priorità assoluta, decisiva per garantire una proposta formativa ben organizzata ed amministrata a vantaggio di tutti gli studenti in tutti i territori italiani”.
E allora, dopo il regolamento, auguriamoci che il concorso si faccia e si faccia al più presto. E’ inimmaginabile pensare che nel 2019-20 tutti i presidi abbiano due scuole a testa! … Ma chi è riuscito nello scorso biennio ad assumere 150mila docenti per inserirli a volte in scuole dove non erano richiesti e non se ne sentiva la necessità, sarà in grado nello stesso tempo di nominare 2500 dirigenti scolastici e 2mila direttori dei servizi indispensabili per governare quelle scuole?