Nella legge di bilancio anche quest’anno non mancano misure sulla scuola, che vanno ad aggiungersi a tutte le iniziative governative di questi ultimi giorni, con valenza sfacciatamente elettorale.
Non che siano discutibili le buone intenzioni di porre rimedio agli evidenti errori della Buona Scuola, per i quali si sta utilizzando ogni veicolo normativo utile. Ma è altrettanto indiscutibile che si tratti di misure di semplice ampliamento della capacità assunzionale delle istituzioni scolastiche.
Che la Scuola continui ad assumere potrebbe anche essere una cosa positiva quantomeno per gli insegnanti assunti ed anche per gli stessi studenti, se almeno così si riducessero le supplenze e si eliminasse il precariato. Invece, nonostante le quasi 80mila assunzioni dello scorso anno scolastico, molte cattedre sono rimaste scoperte, determinando l’assegnazione di un numero di supplenze superiore a 100mila e di poco inferiore a quello dell’anno precedente.
Sebbene non siano ancora stati diffusi i numeri delle supplenze dell’anno scolastico in corso, anche perché molte cattedre sono ancora scoperte, non ci si stupirebbe se le supplenze di quest’anno fossero ancora più numerose dell’anno scorso e se lo fossero soprattutto le supplenze assegnate ad insegnanti privi di qualsiasi abilitazione.
È ormai chiaro che con il piano straordinario di assunzioni non sono stati immessi in ruolo gli insegnanti di cui la scuola aveva bisogno. Nemmeno sono stati immessi in ruolo quelli richiesti dalle singole istituzioni scolastiche per il cosiddetto organico del potenziamento, diventato ormai parte indissolubile ed indistinta dell’organico dell’autonomia.
I motivi sono semplici: nelle graduatorie ad esaurimento non c’erano abbastanza insegnanti precari, abilitati, per coprire le cattedre delle materie fondamentali per il corretto svolgimento dell’anno scolastico ed il primo concorso che avrebbe dovuto risolvere questo mismatch è stato riservato solo agli insegnanti abilitati.
Non si finisce di chiedersi come sia stato possibile non evitare tutto questo.
Se gli insegnanti abilitati da immettere in ruolo con il piano straordinario di assunzioni erano già insufficienti, come ci si poteva aspettare che il concorso avrebbe potuto risolvere il problema essendo riservato solo agli abilitati, in mancanza poi dell’esercizio della delega per la revisione della formazione iniziale?
In questo quadro, è evidente che anche gli ultimi rimedi previsti nella legge di bilancio per il 2017 non saranno risolutivi, perché continueranno ad alimentare la supplentite ed il precariato.
Aver precisato che i 36 mesi oltre i quali non è possibile assegnare incarichi di supplenza annuale decorrono dal 1° settembre 2016, consente solo di continuare ad assegnare supplenze ad insegnanti precari almeno fino al 2019, superando la tagliola netta prevista dalla Buona Scuola che arrivava dopo una condanna della Corte Europea.
Aver esteso fino allo stesso 2019 il fondo per il risarcimento dei danni conseguenti alla reiterazione dei contratti a tempo determinato per una durata complessiva superiore a 36 mesi, anche non continuativi, aggiungendo 6 milioni (2 per ciascun anno dal 2017 al 2019) all’iniziale dotazione di 20 milioni per gli anni 2015 e 2016, significa aver messo in conto nuovo contenzioso e nuovi risarcimenti.
Aver previsto un incremento del Fondo per l’organico dell’autonomia pari a 140 milioni per il 2017 e a 400 milioni dal 2018 con l’obiettivo di aumentare l’organico di diritto di quasi 25mila cattedre, significa fare una politica scolastica incentrata esclusivamente sugli organici, senza la minima consapevolezza che anche l’organizzazione scolastica ha bisogno di flessibilità organizzativa per la stessa variabilità del numero di studenti.
Infine, l’accordo sul rinnovo contrattuale per la pubblica amministrazione sottoscritto tempestivamente a ridosso del referendum ha riacceso le speranze dei sindacati di riaprire la trattativa sui due punti particolarmente indigesti della Buona Scuola: la chiamata diretta e l’assegnazione del bonus per il merito ai docenti da parte del dirigente scolastico.
Richiamati al tavolo da un Governo che li ha a lungo ignorati e riaffermata la centralità della contrattazione, i sindacati sono legittimati a pensare di poter disattivare la chiamata diretta ed il premio per il merito, già fortemente depotenziati dalle precedenti fasi negoziali.
Insomma, a prescindere dagli esiti, la tornata referendaria rischia di compromettere quel poco di buono realizzato dalla Buona Scuola, riducendola sempre di più alla più grande immissione in ruolo nella pubblica amministrazione della seconda repubblica.