Francesco Cossiga. Segreti mai rivelati – Uomo enigmatico, uomo dei misteri, in parte seppelliti con lui. Il “Picconatore”, appellativo che gli fu affibbiato nella fase finale del suo mandato presidenziale, è morto all’età di 82 anni, il 17 agosto, a Roma. Si è spento a causa di un peggioramento delle condizioni circolatorie, dovute alla diffusione della sepsi, una grave infezione ai polmoni. Una vita dedicata alla politica quella di Francesco Cossiga, sardo, nato a Sassari il 26 luglio del 1928 e orgogliosamente legato alla sua terra e alla sua famiglia (era cugino dei Berlinguer, famiglia a cui apparteneva il noto politico Enrico, segretario del Pci).
Rimane nella storia della Repubblica italiana come un caso raro di politico legato ai temi più forti e agli scandali più accesi, nonchè uomo dei primati: infatti fu il più giovane presidente della Repubblica (dal 1985, a 56 anni), dopo essere stato il più giovane presidente del Senato dal 1983. Nel 2007 aveva scritto quattro lettere ai vertici della Repubblica (presidente della Repubblica, presidente del Consiglio e i presidenti di Camera e Senato), consegnate solo dopo la sua morte, con le ultime volontà politiche. Calcolatore, aveva pensato a tutto, persino al suo funerale, svoltosi, secondo le sue intenzioni, in forma strettamente privata in un paesino del sassarese, Cheremule: «Nessuna autorità ai miei funerali», aveva chiesto. Solo il Tricolore e la bandiera della Sardegna sul suo feretro.
La carriera politica e l’affaire Moro – La sua vita politica e privata fu legata indissolubilmente a quella di Aldo Moro e dei terribili 55 giorni del suo rapimento e della sua morte nella primavera del 1978 ad opera delle Brigate Rosse. I fatti successero quando Cossiga era l’allora ministro dell’Interno a capo del comitato di crisi istituto per sua volontà e formato, come si seppe più avanti, da componenti della loggia massonica P2. Un rapporto che andava oltre la carica istituzionale che ricoprivano e un legame che sarebbe rimasto nella sua vita per sempre, come un fantasma.
Fu Moro a volere Cossiga ministro dell’Interno nel governo Andreotti e sempre a lui Moro inviò la prima lettera dal nascondiglio delle Brigate Rosse. Dopo il ritrovamento del corpo del presidente della Democrazia Cristiana, Francesco Cossiga lasciò il Viminale, confessando poi al giornalista Paolo Guzzanti sulle pagine de La Stampa: “che se aveva i capelli bianchi e le macchie sulla pelle era proprio per questo. Perché mentre lasciavamo uccidere Moro me ne rendevo conto. Perché la nostra sofferenza era in sintonia con quella di Aldo Moro”.
Gli anni Settanta – Era il periodo delle rivolte studentesche e di dure repressioni da parte delle forze dell’ordine: gli studenti riempivano i muri di Roma e dell’Italia intera con il nome del ministro Cossiga scritto con la lettera “K” e il simbolo dell Ss naziste. Proprio in uno di questi scontri a Roma nel 1977 fu uccisa dalla polizia la giovane studentessa Giorgiana Masi e il ministro fu accusato di “responsabilità morale”.
Cossiga rimase ai vertici politici nei momenti più bui e difficili: nel 1980 la strage di Ustica e immediatamente dopo quella di Bologna. Difficili anche i rapporti con la magistratura: il ministro era a capo del Csm, quando, nella sua lotta contro i giudici, propose di farlo presidiare militarmente dai carabinieri. Gli anni Settanta furono segnati anche dalla sua riforma dei servizi segreti: il SISMI e il SISDE sostituirono il SID e alla direzione dei due nuovi servizi segreti vennero posti i generali Santovito e Grassini, entrambi iscritti alla loggia P2.
"Picconatore" – Nel 1979 fu alla presidenza del Consiglio, ma la sua carica durò solo un anno a causa della messa in stato d’accusa per la vicenda del figlio di Donat-Cattin. Nell’83 salì a palazzo Madama e nell’85 al Colle, succedendo a Sandro Pertini. Cossiga diventò cosi il "Picconatore", "picconando", ovvero, commentando ogni fatto politico con una critica decisa e sferzante. A sorpresa si dimise a soli due mesi dalla scadenza del mandato, il 28 aprile del 1992, ma non smise mai di essere protagonista della politica italiana muovendo le fila istituzionali, e non, anche con incontri informali e dalle pagine dei giornali.
Il 27 novembre 2006 Cossiga presentò al presidente del Senato, Franco Marini le dimissioni da senatore a vita, perché si riteneva «ormai inidoneo ad espletare i complessi compiti e ad esercitare le delicate funzioni che la Costituzione assegna come dovere ai membri del parlamento nazionale». Ma le dimissioni vennero respinte dal Senato il 31 gennaio 2007.
Sempre in prima pagina con i suoi commenti graffianti e le sue frasi ormai celebri, sempre dietro agli avvenimenti simbolo degli ultimi 50 anni della politica italiana, Francesco Cossiga, il "liberaldemocratico, cristianodemocratico, autonomista-riformista", come amava definirsi, se n’è andato a riflettori spenti. Lontano dai circoli istituzionali e dai misteri che, a detta di molti, si è portato nella tomba.
(Ilaria Morani)