L’idrogeno, grazie alla sua elevata sostenibilità ambientale, rappresenta una delle più promettenti alternative da considerare per gli scenari energetici del futuro. Oggi è principalmente ricavato da idrocarburi, ma il complesso di benefici legati alla sua introduzione nel sistema energetico non può prescindere dallo sviluppo di filiere basate su fonti rinnovabili e non su quelle fossili. Accanto all’elettrolisi dell’acqua e al frazionamento termochimico di composti organici, la produzione di idrogeno per via biologica (il cosiddetto bioidrogeno) costituisce un processo molto promettente, con interessanti potenzialità applicative messe in luce da diverse ricerche di laboratorio condotte negli ultimi anni.
In questi giorni si può iniziare a tracciare un primo bilancio del progetto sperimentale Agriden, finanziato da Regione Lombardia (D.G. Agricoltura), che ha considerato, in particolare, una semplice variante del classico processo di digestione anaerobica, basata su una tipologia di reattori bi-stadio nei quali, accanto alla produzione di biogas ricco in metano, si realizza una produzione aggiuntiva di quantità significative di bioidrogeno. AgrIdEn è stato realizzato dai Dipartimenti di Ingegneria Agraria (DIA), Produzione Vegetale (DiProVe) e Scienze e Tecnologie Alimentari e Microbiologie (DiSTAM) dell’Università degli Studi di Milano, insieme a Edison SpA. Ilsussidiario.net ne ha parlato con uno dei protagonisti, Roberto Oberti, docente di Fisica e di Automazione nelle macchine e processi agricoli presso la Facoltà di Agraria della medesima università.
Il progetto Agriden ha studiato una variante del classico processo di digestione anaerobica: di cosa si tratta?
Schematicamente: nella digestione anaerobica il materiale organico – la biomassa – viene degradato in una catena di processi operati da consorzi microbici fino a ottenere un biogas particolarmente ricco di metano. Nel corso della catena metabolica uno dei prodotti formati è l’idrogeno che, normalmente, viene consumato da alcuni ceppi a favore della produzione finale di metano. L’idea di fondo di Agriden è quella di separare in due stadi distinti il processo di fermentazione, così da intercettare e raccogliere l’idrogeno gassoso prodotto nella prima fase e alimentare la seconda coi prodotti effluenti (principalmente acidi grassi volatili) senza interferire significativamente sulla successiva metanazione. Dunque nella variante considerata nel progetto, accanto a un biogas ricco in metano, si realizza in aggiunta la produzione di una significativa quantità di idrogeno per via biologica.
Quali sono stati i principali obiettivi di Agriden?
L’obbiettivo principale di Agriden era di dimostrare la fattibilità tecnica anche fuori dalle condizioni di laboratorio della produzione di idrogeno per via biologica. Il processo di fermentazione a doppio stadio ha permesso di produrre idrogeno – il combustibile più pulito che si conosca – a partire da biomasse di scarto di origine agricola e agroindustriale che, potenzialmente, costituiscono un fattore di impatto ambientale. Grazie a una lunga fase di studio in laboratorio, i parametri di processo, i substrati organici usati, le tecnologie utilizzate e l’architettura impiantistica sono state ottimizzate, facendo confluire le conoscenze acquisite nella realizzazione di un prototipo a scala pilota, installato nell’azienda agricola sperimentale dell’Università di Milano.
E che risultati ha portato?
I risultati della sperimentazione hanno mostrato produzioni significative di bioidrogeno (una quantità giornaliera pari a circa tre volte il volume del primo stadio del reattore sperimentale) a partire da una miscela di reflui di allevamento e scarti ortofrutticoli. Ma il risultato più notevole ottenuto in Agriden, accanto al pregio intrinseco dell’idrogeno rinnovabile prodotto, è probabilmente un aumento di circa il 20-25% dell’energia complessivamente prodotta nei due stadi (idrogeno+metano), rispetto a quella generata, a parità di condizioni operative, dalla classica digestione anaerobica a singolo stadio.
Come si possono stimare le potenzialità del settore agricolo per la produzione del bioidrogeno?
Nell’ambito del progetto è stata effettuata una stima indicativa della potenziale produzione di bioidrogeno a partire dalla mappatura delle disponibilità delle biomasse prese in considerazione, definendo alcuni scenari di fattibilità di conferimento. Si tratta di stime piuttosto prudenziali perché, se nel caso degli effluenti zootecnici i dati di disponibilità sono piuttosto accurati e dettagliati, nel caso degli scarti ortofrutticoli le stime si fanno molto approssimate e definirne con certezza la disponibilità diviene più complicato, specie nel caso dell’agroindustria. Comunque, anche con questi scenari conservativi, si può affermare che il settore agricolo, pur senza stravolgere il suo naturale ruolo di produzione primaria, ha le potenzialità per contribuire – soprattutto nelle aree settentrionali del Paese – alla generazione su scala reale delle prime significative quote di idrogeno rinnovabile.
Il funzionamento dell’impianto pilota quali indicazioni sta dando?
L’ordine di grandezza di questi risultati ottenuti nei prototipi di laboratorio sono sostanzialmente confermati dalle prime produzioni ottenute con il reattore pilota dimostrativo. Pur avendo un volume complessivo di diversi metri cubi, si tratta di un piccolo impianto non ancora di scala reale, ma esso costituisce uno strumento eccezionale di sperimentazione che ci permette di simulare in modo realistico potenziali configurazioni impiantistiche e soluzioni tecnologiche da applicare a scala reale. E soprattutto di verificare la scalabilità delle prestazioni energetiche che abbiamo estrapolato dai risultati di laboratorio. Questi sono elementi fondamentali per potere valutare l’effettiva sostenibilità economica del processo.
Quali saranno gli sviluppi successivi?
Sebbene vi siano aspetti importanti del processo sui quali stiamo lavorando (l’ottimizzazione simultanea dei due stadi del processo, l’uso di indicatori microbiologici per valutare le prestazioni di produzione di idrogeno, ecc.) ci pare giunto il momento di affrontare con decisione la parte di filiera che segue il processo di produzione. Quindi siamo impegnati nella scelta e nella messa a punto di tecnologie appropriate e dunque di gestione non troppo complessa che rappresentino un modello di valorizzazione del bioidrogeno e biometano prodotti attraverso il loro arricchimento e purificazione, la conversione energetica a elevato rendimento, l’iniezione nella rete energetica, esempi di uso nei motori per autotrazione.