Ore 3.32. Per gli abitanti de L’Aquila e dei paesi circostanti si scatena un vero e proprio inferno. Una scossa di terremoto di 5.8 punti sulla scala Richter (8 sulla Mercalli) squassa il centro della città, il suo duomo, le sue case e i centri urbani nelle vicinanze. Nel giro di dodici ore le notizie che si susseguono sono devastanti: oltre cento i morti, per ora. 1.500 i feriti.
C’è chi sostiene che tutto questo si poteva evitare, che il comune, la regione e la Protezione Civile erano stati già avvisati. Giampaolo Giuliani, tecnico di laboratorio nonché “inventore” di un rilevatore di gas radon, sostiene di aver avvisato tutti per tempo e di non essere stato creduto. Ma è davvero possibile che esperti del settore i quali da decenni studiano un Paese come il nostro, spesso soggetto a fenomeni di questo tipo, siano incorsi in una simile leggerezza? Abbiamo chiesto al professor Ignazio Guerra, docente di Fisica Terrestre presso l’Università della Calabria, il quale pare non essere proprio d’accordo con quanto affermato da Giuliani
Professor Guerra, qual è la sua opinione in merito al dibattito suscitato dalle dichiarazioni del dottor Giampaolo Giuliani, peraltro denunciato pochi giorni orsono dal capo della sicurezza nazionale Guido Bertolaso per “procurato allarme”, sul fatto che questa sciagura era stata predetta?
Io conoscevo già le documentazioni e gli allarmi di Giuliani. Ciononostante continuo a ritenere che si sia trattato di un inutile allarmismo, anche alla luce dei fatti. Il signor Giuliani ha solamente costruito un nuovo dispositivo per il rilevamento del gas radon, tutto qui. Il resto sono solamente delle congetture. Quindi non c’è nessuna “Cassandra”.
Potrebbe spiegare che cos’è il gas radon e quali sono le sue caratteristiche?
Il gas radon fuoriesce dal suolo perché viene prodotto nel corso del decadimento radioattivo dell’uranio. È quindi un elemento che giace in abbondanza nel sottosuolo in natura e che tende a fuoriuscire usando come principale vettore le acque sorgive. Fortunatamente si tratta di un gas che ha “vita breve” poiché ha un tempo di dimezzamento di meno di tre giorni. È una fortuna dal punto di vista ambientale perché produce il famoso polonio che, se respirato, può provocare tumori. Il fatto che abbia un tempo di dimezzamento inferiore ai tre giorni significa che se fosse presente un grammo di questo gas nell’aria si trasformerebbe in un mezzo grammo dopo tre giorni, ancora della metà dopo sei e così via.
Per quale motivo il macchinario di Giuliani analizza la presenza del radon e come mai non gli viene dato il credito che il suo inventore vorrebbe?
L’eccessiva presenza del radon a volte, e preciso “a volte”, può suggerire l’imminente arrivo di un terremoto. Il fatto che un ingegnere riesca a costruire una macchina di rilevamento di tale gas non significa poi che si possa giungere a dei risultati effettivi e concreti nell’applicazione di strumento in campo tellurico. Faccio un esempio. Se un ingegnere elettronico riesce a costruire un nuovo elettrocardiografo io, se ho un infarto, non vado poi dall’ingegnere a farmi curare, ma vado sempre da un cardiologo che interpreta i tracciati di questo strumento. Quindi quello che servirebbe davvero, e si parla però di anni e anni, è tanta sperimentazione per vedere qual sia l’affidabilità non tanto della macchina ma del suo utilizzo, ossia qual è l’effettiva correlazione tra la fuoriuscita di gas e l’effettivo terremoto.
Da dove nasce, al di là delle quantità anomale riscontrate, l’idea che vi sia una correlazione fra il radon e i terremoti?
Il primo sospetto risale al 1968 quando in Uzbekistan si rilevò a posteriori, cioè dopo il terremoto che distrusse Tashkent, che in un posto che si chiama Garma a 200 km di distanza dalla capitale, c’era stata un’anomala concentrazione radon. La scoperta fu casuale; ogni giorno infatti in quella zona si effettuavano analisi chimiche per lo studio e la ricerca di giacimenti di petrolio.
Dopo questo fatto le analisi sono continuate e sono state ripetute in tutte le zone del mondo. Ma qui sono cominciate anche le difficoltà. Perché fino ad oggi non si è riusciti a stabilire una casistica prettamente scientifica. Infatti non sempre dopo un’emissione importante di radon c’è un terremoto. A volte il terremoto si verifica senza, a volte con, e altre volte si assiste “solo” all’emissione di radon. Come si può dunque essere certi in base a simili premesse che escludono una relazione causa-effetto? Per questo dico che occorrono ancora studi di anni ed anni i cui risultati, una volta analizzati dagli statistici, potrebbero favorire una previsione forse più efficace del fenomeno, ma comunque affidata al calcolo probabilistico.
Ma la correlazione, quando c’è, è data dall’improvvisa formazione di fuoriuscite dal sottosuolo?
Sì, il motivo più probabile è proprio questo. Ciò che è abbastanza sicuro per noi sismologi è che i terremoti derivano da fratture nelle rocce. Ora, le rocce, prima di frantumarsi, si trovano sottoposte a sforzi i quali aumentano fino a quando non si raggiunge la frattura finale. Quando si spezza uno stecco, un rametto, si sentono una serie di piccoli “crack”, che stanno ad indicare che la struttura del ramo si sta indebolendo, e poi si arriva alla frattura finale. Con questo esempio si può immaginare che quando le rocce sono sotto sforzo, e si avvicinano al punto critico di rottura, si formano delle microfratture che facilitano il passaggio del gas. Quello che il macchinario di Giuliani “vede” sono dunque anomalie nei flussi naturali. Ma, ripeto, possono verificarsi per moltissimi altri motivi.
Non sarebbe comunque una sana precauzione allontanare le persone una volta riscontrato questo fenomeno a prescindere dall’esito?
Non solo sarebbe complicato, ma addirittura più pericoloso. I danni provocati dall’allarmismo spesso sono maggiori di quelli causati dalle catastrofi. Non a caso esiste appunto il reato di procurato allarme. Inoltre noi sismologi registriamo quotidianamente una quantità enorme di dati che potrebbero risultare sospetti. Se per ognuno di questi si dovesse creare uno stato di allerta l’intero pianeta sarebbe immobilizzato. Col rischio poi di perdere credibilità, come insegna la famosa favola dell’“al lupo! Al lupo!”. Per non parlare anche del rischio economico. Infatti i valori degli immobili, magari acquistati in anni e anni di risparmio potrebbero crollare vertiginosamente in caso di continuo allarme.
Va bene ma, prescindendo dal radon e dalla polemica Bertolaso-Giuliani, c’è un’altra questione irrisolta. Infatti in molti denunciano la mancata presa d’atto, da parte della Protezione Civile, delle numerose scosse avvertite da qualche giorno nella zona. Come giustifica un simile atteggiamento?
Normalmente i terremoti non avvengono in maniera isolata, ma si presentano a gruppi. Il problema è che, nella stragrandissima maggioranza dei casi, giunge prima la scossa principale e poi tutta la serie delle cosiddette “repliche”. In altri casi, che sono una minoranza esigua, ci sono prima delle scosse che chiamiamo “premonitrici” e poi la scossa più importante. Ma un fatto è certo: noi riusciamo a capire che la scossa è quella principale soltanto dopo che è avvenuta. Per dare un’idea, in uno dei nostri laboratori qui in Calabria, nel 1993, assistemmo in una sola giornata a circa 250 scosse di terremoto. La scossa principale era di poco più grande delle altre. Che cosa avremmo dovuto fare di fronte a questi dati? Allarmare tutta la Calabria? I terremoti sono qualcosa che si verifica con estrema continuità e se tutte le volte che se ne verifica uno di magnitudo 2.3/2.4 dovessimo allarmare il mondo staremmo freschi.
Quindi le proteste sono il frutto di un’eccessiva fiducia nelle capacità “divinatorie” della scienza in questo campo?
Certo. Bisogna rendersi conto che oggi come oggi la capacità tecnica di prevedere, non soltanto quando avverranno i terremoti, ma anche che cosa avverrà una volta verificatosi un terremoto, è veramente scarsa. In questo abbiamo esperienze recenti: si pensi al terremoto dell’Irpinia. Sembrava che tutto, dopo il 23 novembre del 1980, si stesse placando e invece, l’8 febbraio 1981, ci furono altre scosse terribili e altri otto morti. Lo stesso avvenne in Friuli Venezia Giulia nel 1976.
A proposito. Prevede che ci siano scosse di assestamento?
Forse questo è davvero uno dei pochi elementi non probabili, ma pressoché sicuri di tutta la faccenda. Dopo scosse di questo tipo è quasi impossibile che non se ne verifichino altre di assestamento. Secondo la nostra esperienza possiamo dire che via via si placheranno fino a scomparire del tutto.
Qual è il migliore sistema per difendersi da una sciagura come questa?
Sembra un luogo comune, ma è la pura verità. La prevenzione è certamente la carta vincente in questi casi. Bisogna costruire in maniera tale che un cittadino possa restare nella propria casa, come succede in Giappone, con maggior tranquillità. L’edificio non dico che non dovrebbe subire danni, ma dovrebbe almeno rimanere in piedi. Questo è possibile, e un simile modo di costruire, progettare e prevenire è auspicabile. Ma la più grande lezione di questi momenti è quella di non rimanere arroccati sulle proprie presunte certezze scientifiche. Le stesse che reputavano il Titanic inaffondabile. Nulla come questi fenomeni ci dimostra come sia più pericoloso essere convinti di una propria posizione anziché analizzare tutte le possibili evoluzioni della natura e cercare di assecondarle. Tutti, sul Titanic si sentivano sicuri, poi l’imprevisto è saltato fuori. Il tutto, ovviamente, senza creare allarmismi o paranoie.