Un paio di settimane fa, al termine di una lezione svolta presso una scuola di specializzazione in proprietà intellettuale, un’allieva molto brillante ha chiesto quale fosse un testo di studio completo in materia di diritto di autore. Ho suggerito un commentario breve pubblicato da una prestigiosa casa editrice universitaria. Qualche giorno dopo, nella mia casella di posta di Facebook, ho trovato un messaggio della stessa allieva che mi diceva che il volume in questione aveva il costo di circa 300 euro, rendendo il suo acquisto proibitivo. In termini economici, i 300 euro erano una “barriera all’ingresso” dell’accesso della mia allieva al libro di suo interesse.
Pochi giorni fa, con un blitz ben organizzato, la Guardia di Finanza di Roma ha proceduto a sequestrare migliaia di volumi universitari fotocopiati e pronti ad essere immessi nel commercio “parallelo” del mondo universitario. Il lavoro delle copisterie romane era realizzato con indubbia capacità tecnica, perché si avvaleva dei più aggiornati strumenti digitali per copiare e riprodurre i testi di studio. Questo illecito meccanismo commerciale è al momento parzialmente interrotto (sono scattate anche le denunce penali per i “copisti”), ma data la forte domanda è quasi certo che riprenderà con mezzi ancor più sofisticati.
Di fronte a questi fatti si è immediatamente indotti a ritenere che i testi universitari (e le opere di autore in genere, quali musica e film) siano eccessivamente cari e non accessibili nelle loro versioni originali.
In questo ambito, va anzitutto sgombrato il campo dal convincimento secondo cui l’accesso alla cultura ed ai suoi strumenti di divulgazione debba essere gratuito o sottopagato. Per realizzare un’opera di autore si effettuano investimenti che è giusto remunerare. Si pensi solo al costo che un docente ha sostenuto per formarsi e possedere quel patrimonio di conoscenze di cui fa uso perché le stesse siano diffuse in un libro di studio. Va poi considerato lo sforzo compiuto dalle case editrici per la remunerazione degli autori, la produzione materiale dei testi e la loro distribuzione. Senza ritorno economico per autori ed editori, la produzione culturale rimarrebbe appannaggio dei ricchi, gli unici in grado, se ne sono capaci, di speculare intellettualmente senza preoccupazioni di natura materiale. Con l’inevitabile conseguenza che la diffusione delle opere culturali così realizzate sarebbe inevitabilmente ristretta al circolo che lo alimenta.
D’altro canto, la tutela (giuridica ed economica) assicurata alle “opere dell’ingegno” è perfettibile. Il corpo normativo che l’assicura è troppo astruso, difficile da interpretare da parte degli stessi operatori della materia, e disperso in una miriade di norme provenienti da fonti differenti. Ciò è dimostrato dalla stessa incoscienza di coloro che “piratano” un’opera di autore, sia esso un libro o una canzone, i quali spesso non intendono che si stanno appropriando di una cosa altrui.
E’ invece auspicabile che si concluda una sorta di contratto tra autori (ed editori) e fruitori delle loro opere, stimolando i primi a praticare prezzi di vendita più accessibili (anche attraverso la maggiore diffusione degli e-book) ed applicando ai secondi un insieme di regole semplice e facilmente osservabile. Tornando all’esempio iniziale, la mia allieva andrebbe invogliata ad abbandonare la copisteria illegale e comprare il libro che le è utile ad una frazione del prezzo prima detto. Ciò avrebbe l’inevitabile effetto di recidere dal basso l’attività criminale dei copisti industriali.
Infine, in attesa che il quadro cambi come suggerito, due brevi notazioni economiche relative all’assetto del mercato delle opere dell’ingegno.
La tutela del diritto di autore è molto costosa ed è a carico della collettività. Ogni intervento delle forze dell’ordine comporta attività di indagine e mezzi sul campo ed altri costi elevati sono relativi alle attività repressive. Queste risorse sono inevitabilmente sottratte alle voci del bilancio statale dedicate agli investimenti educativi.
Di contro, non può essere concesso a soggetti molto organizzati di violare la legge (la norma in vigore permette di realizzare copie private nella misura del 15% dell’opera tutelata) e realizzare altissimi profitti rubando (questo è il termine esatto) il lavoro altrui, con il loro possibile riutilizzo in altre attività illecite. I copisti vanno quindi colpiti senza eccezione alcuna.