Hanno un diametro che non supera i 90 nanometri e sono rivestiti di proteine che consentono loro di legarsi all’ospite. Stiamo parlando degli Adenovirus, un gruppo di virus costituito da un’unica molecola di DNA. Chi di noi non ha mai contratto una congiuntivite, un’infezione dell’apparato digerente o un semplice raffreddore? Tutte queste spiacevoli situazioni sono causate anche dagli adenovirus. Grazie all’avanzamento delle tecniche di indagine microscopica, il professor Glen Nemerow dello Scripps Research Institute di La Jolla (California), è riuscito con i suoi collaboratori a ottenere l’immagine più accurata di sempre della struttura di un adenovirus. La scoperta è stata pubblicata dalla rivista Science.
Perché tutto questo interesse per una scoperta che apparentemente non sembra dire granché? Il motivo sta nel fatto che gli adenovirus sono un’arma a doppio taglio. Da un lato, conoscendone la struttura, è possibile pensare allo sviluppo di nuovi farmaci che ne contrastino l’invasione. Dall’altro, è possibile sfruttarli al meglio per quella tecnica usata in medicina nota con il nome di “terapia genica”.
Conoscerne le caratteristiche strutturali è fondamentale dunque per gestirne l’utilizzo. Come dichiara Nemerow «abbiamo acquisito una notevole quantità di importanti conoscenze sul virus dalla ricostruzione della sua struttura. Ciò è molto importante se si vuole re-ingegnerizzare il virus per la terapia genica».
Ma in cosa consiste la terapia genica? Essa non è altro che una tecnica attraverso la quale si cerca di sostituire a livello cellulare quei geni malati che non funzionano. In realtà questo approccio, con il passare del tempo, si è esteso anche per tutte quelle malattie che non necessariamente sono causate dal mancato funzionamento di un gene. Per questa ragione, malattie come i tumori potrebbero essere curate aggiungendo alla cellula dei geni che ne contrastino la crescita.
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Per fare ciò, ovvero per inserire i geni all’interno della cellula, è possibile utilizzare gli adenovirus grazie alla loro capacità di infettare le cellule del corpo umano. Per intenderci, l’adenovirus funge da navetta di trasporto dei geni verso l’interno della cellula malata. Un tentativo di utilizzo della terapia genica mediante Adenovirus è stato tentato per la prima volta anni fa nella cura della fibrosi cistica, una malattia genetica che fino agli anni sessanta limitava l’aspettativa di vita media a un solo anno.
Tentativo purtroppo fallito a causa delle scarse conoscenze della struttura dell’adenovirus e di conseguenza della sua capacità di interazione con la cellula da riparare. Attualmente, dei diversi clinical trials approvati di terapia genica, solo il 25% utilizza gli Adenovirus e perlopiù nella cura di tumori e malattie cardiovascolari. Una percentuale che dopo la scoperta dei ricercatori californiani è destinata ad aumentare.
La lunga strada alla ricerca dello “scatto fotografico” perfetto che svelasse nei minimi particolari la struttura dell’adenovirus è iniziata nel 1998. Ci sono voluti ben 12 anni per arrivare al risultato odierno. Anni segnati da continue difficoltà dovute alla particolare tecnica utilizzata nell’indagine, la cristallografia a raggi X. La principale è stata quella di ottenere cristalli di adenovirus di alta qualità, step necessario nell’utilizzo di questa metodologia d’indagine.
Oltre alla terapia genica, prima abbiamo accennato l’importanza della ricerca per la progettazione di farmaci. Dobbiamo ricordare infatti che sebbene l’organismo umano sia in grado di sconfiggere l’infezione da Adenovirus, esso può causare gravi complicanze nei bambini e negli adulti con un sistema immunitario compromesso. Attualmente, per queste infezioni non sono disponibili cure e il trattamento si basa sulla gestione dei sintomi. Il lavoro degli scienziati statunitensi potrebbe quindi porre serie basi per lo sviluppo di nuovi farmaci antivirali.