Venendo da Ruvo di Puglia per una piana di uliveti che si estende a perdita d’occhio, tutt’a un tratto su una modesta altura appare come una magia la sagoma bianca di Castel del Monte.
Difficile riferire l’emozione provata alla sua comparsa: ettari di solitaria campagna all’intorno e all’improvviso l’orma della genialità dell’uomo. Come d’incanto scompare la strada, restano solo i tronchi e i rami degli ulivi contorti fin quasi al tormento e la razionalità geometrica di una costruzione perfetta. L’intervallo di secoli sembra svanire.
Eretto verso il 1240 da Federico II di Svevia, Castel del Monte è oggi patrimonio dell’Unesco e gode di uno speciale isolamento: è raggiungibile solo con un bus navetta o a piedi. Niente ne turba la quiete maestosa, come di una grande corona bianca appoggiata alla sommità della collina a tutelare il territorio circostante. Impossibile non essere trascinati dentro il suo silenzio.
È noto che Federico II fu chiamato dai suoi contemporanei “stupor mundi” per le sue doti eccezionali di politico, per la varietà dei suoi interessi intellettuali e per la sua lotta accanita contro le ingerenze papali nei suoi domini. Fu suo il primo disegno di uno stato laico, sua anche l’idea di una corte itinerante che seguisse il sovrano negli spostamenti imposti dalla vastità dei territori da governare. In questa corte ebbe la culla la prima poesia lirica in volgare, seppure tradotta dalle produzioni dei trovatori. Autore di un trattatello in latino sull’arte della caccia col falcone, Federico si dilettava di astronomia e di matematica, grazie anche alle sue amicizie con i dotti dell’Islam.
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Castel del Monte sembra riassumere tutti questi interessi, condensandoli in una struttura a due piani di pietra calcarea dalla pianta ottagonale, rigorosa e severa come una fortezza militare, ma non proterva; anzi, gli otto ottagoni che sorgono ai vertici della costruzione e la corte ottagonale le donano una grazia di lievità impensabile.
Molto è stato scritto su questo edificio dalle finalità misteriose, sulla sua posizione geografica, sul suo perfetto orientamento, sulla figura geometrica che lo contraddistingue, sul significato simbolico delle poche sculture che lo ornano. È giusto farne cenno e segnalare la facilità con cui si possono trovare informazioni a riguardo. Ma non c’è leggenda o teoria esoterica o calcolo matematico che possano restituire la meraviglia destata dall’insieme, in cui l’accortezza dei calcoli e dei simboli giunge a un miracolo di potente semplicità.
Forse solo Sant’Ambrogio e Chartres danno la stessa impressione di forza e di morbidezza, ma esse parlano anche di Dio e per la gloria di Dio dispiegano il canto dei loro colori. Castel del Monte è certamente una celebrazione del potere ottenuta con un’unica nota, come un corno di caccia. Ma forse perché sono passati tanti secoli, quella nota, quella pietra bianca, quella solitudine non fanno paura. Anzi parlano della dignità dell’uomo, e là dove l’uomo si dimostra così grande c’è anche la promessa della giustizia.