La storia del tempo geologico è caratterizzata da molteplici eventi che hanno mutato, più o meno profondamente, la faccia del nostro pianeta. Di questi, i più eclatanti sono gli eventi chiamati “da impatto”, cioè legati alla caduta di corpi extraterrestri sulla superficie terrestre. Chi legge ora starà quasi certamente pensando all’estinzione dei dinosauri, che viene generalmente presentata come l’evento geologico per antonomasia. In effetti, di tutti i modi con cui la Terra è cambiata, quello causato dall’impatto di un meteorite o di una cometa è sicuramente il più intuitivo. Ma come si identificano questi eventi nel passato geologico?
L’impatto di un corpo extraterrestre con forza sufficiente per mutare significativamente le condizioni della Terra libera in un istante una grandissima quantità di energia e lo shock che ne deriva lascia delle tracce ben definite in uno strato di sedimento (per esempio microscopiche sfere di vetro, grande abbondanza di particelle vegetali carbonizzate, concentrazioni anomale di elementi rari, ecc.).
Uno strato che presenta queste caratteristiche all’interno di una successione sedimentaria è abbastanza facile da riconoscere, il vero problema è dimostrare che quell’impatto sia stato anche la causa di un grande sconvolgimento, come può essere una grande estinzione o un cambiamento climatico. Per fare ciò occorre dimostrare che il suo effetto è stato percepito a grande scala, cioè in luoghi anche molto distanti tra loro.
Per verificare l’entità di un impatto bisogna confrontare varie successioni sedimentarie della stessa età, ma formatesi in posti e contesti geologici differenti. È qui che sorgono le maggiori difficoltà perché:
1) le successioni devono essere sufficientemente complete per essere confrontate accuratamente (l’accumulo dei sedimenti non è sempre continuo ma può mutare, soprattutto a causa di sconvolgimenti ambientali);
2) la datazione dei sedimenti deve essere sufficientemente accurata per affermare che gli strati in questione hanno veramente la stessa età, il che non è sempre fattibile. I metodi di datazione attualmente più accurati hanno un’approssimazione di 100-1000 anni, di conseguenza non è possibile datare un evento istantaneo come un impatto con accuratezza assoluta.
L’unico modo per aumentare la confidenza nel riconoscere un evento da impatto è identificarlo in numerose successioni sedimentarie, ciascuna datata al meglio delle possibilità, e quanti più saranno i posti in cui questo è osservabile, tanto più aumenta la probabilità che sia rilevante. Questo tipo di lavoro è stato fatto da James Kennett e altri scienziati per riconoscere un impatto avvenuto circa 13.000 anni fa e che potrebbe aver causato un rapido raffreddamento climatico.
Questo evento, chiamato Younger Dryas, è molto studiato perché è il più intenso tra quelli avvenuti dopo il massimo dell’ultima grande glaciazione, che è circa 17.000 anni fa. In quel periodo la Terra era in condizioni molto simili a quelle attuali quindi, se fosse stata colpita da un corpo extraterrestre, si sarebbero verificati effetti molto simili a quelli che si avrebbero se ciò accadesse oggi.
Il lavoro di Kennett e colleghi, pubblicato recentemente sulla rivista PNAS, confronta 23 successioni sedimentarie di varie parti del mondo in cui sono state riconosciute le tracce di un impatto avvenuto circa 13.000 anni fa, cioè all’inizio dello Younger Dryas. I risultati rivelano che gli strati con le tracce d’impatto osservati nelle varie successioni hanno tutti la stessa età, con un’approssimazione di circa 100 anni. La probabilità che nell’arco di 100 anni siano avvenuti molteplici impatti e che questi abbiano lasciato tracce evidenti nel record sedimentario è molto bassa, quindi la spiegazione più probabile è che questi strati siano stati prodotti dal medesimo impatto e che questo sia stato sufficientemente forte da lasciare tracce in parti del mondo anche molto distanti tra loro. Questo fornisce un sostanziale supporto all’ipotesi che lo Younger Dryas sia stato causato da un corpo extraterrestre, invece che da fattori terrestri.
Questo lavoro fornisce un contributo importante alla paleoclimatologia perché aiuta a chiarire le cause di un evento climatico estremo geologicamente molto vicino a noi. Ciò però è stato possibile grazie a un grande lavoro di squadra, non è infatti un caso che la pubblicazione conti 26 autori. Uno studio di questo tipo presuppone una conoscenza dettagliata di ciascuna delle 23 successioni sedimentarie e dei fattori che ne possono influenzare la datazione. Ciascuno degli autori ha contribuito con la conoscenza di alcune delle successioni per confrontarle con quelle studiate dagli altri e ottenere così una visione globale. Il primo autore ha probabilmente coordinato questo lavoro e fatto l’analisi statistica che ha permesso di paragonare oggettivamente le età delle varie successioni. Questo studio è un ottimo esempio di come progrediscono le scienze naturali oggigiorno, in cui la pubblicazione è la punta di un iceberg che ha alla base il lavoro di molte persone che condividono la propria conoscenza e l’integrazione di molte discipline.