Caro direttore,
Sono Francesca, una studentessa fuori sede dell’Università Cattolica di Milano e oggi sono stata definitivamente tradita dalla stessa regione che mi ha adottata cinque anni fa: la Regione Lombardia.
Ho deciso di trasferirmi a Milano per iniziare a studiare giurisprudenza, non solo per la qualità della didattica del mio ateneo, ma anche per la politica regionale sul diritto allo studio, attiva, virtuosa. Una politica che ormai resta un vago ricordo. Non solo un sistema senza “idonei non beneficiari”, ma un sistema in cui il diritto allo studio veniva gestito in maniera virtuosa e la politica decideva di investire su noi studenti e sul nostro futuro.
Oggi, invece, quello che vediamo accadere in Emilia-Romagna che ha stanziato 80 milioni nel 2017 per il diritto allo studio, qui da noi sembra impossibile.
Sicuramente, il contesto in cui ci troviamo viene messo in seria difficoltà dai continui tagli ministeriali che da qualche anno stanno colpendo tutte le regioni italiane. Anche l’aumento del Fondo integrativo statale per il finanziamento delle borse di studio (Fis), previsto per il prossimo anno, non va a intervenire in modo strutturale sul diritto allo studio, soprattutto di fronte all’aumento degli idonei.
La diminuzione dei trasferimenti ministeriali legittima la nostra Regione a disinvestire dal diritto allo studio. È pubblica ormai la decisione di Regione Lombardia di tagliare ancora una volta il contributo per il funzionamento dei servizi per il diritto allo studio di 3 milioni di euro che vanno sommati sommati ai 10 tagliati negli ultimi tre anni.
Il discorso purtroppo è lo stesso per le borse di studio: la maggior parte dei fondi che ricevono le università dalla Regione viene dalle nostre stesse tasche, dalla tassa regionale per il diritto allo studio. In altre parole siamo noi studenti a pagare le nostre borse di studio.
A fronte della diminuzione del contributo per il funzionamento dei servizi degli ultimi anni, gli atenei si sono rimboccati le maniche e hanno fatto quanto possibile per mantenere inalterati i costi e la qualità dei servizi, attuando politiche di spending review. Ma quanto possiamo resistere ancora così? Sapete davvero a cosa stiamo andando incontro?
Per me e per i miei colleghi quest’ultimo taglio porterà all’aumento della tariffa per il pasto consumato in mensa, della rata del collegio o della residenza universitaria o addirittura un aumento delle tasse universitarie, che andrebbe quindi a colpire la totalità degli studenti, non solo di coloro che usufruiscono dei servizi per il diritto allo studio.
A fronte di questa situazione gli studenti, le università e gli enti per il diritto allo studio non sono rimasti in silenzio ad assistere alla sua morte, ma si sono mossi attivamente attraverso i rappresentanti degli studenti, i rettori, i direttori degli enti, interrogando l’assessorato all’istruzione nella persona dell’assessore e dei suoi dirigenti, proponendo soluzioni, cercando di fare tutto il possibile per evitare questa situazione.
I rettori e i dirigenti degli enti per il diritto allo studio hanno chiesto a voce unanime alla Regione di non tagliare ulteriormente il contributo di funzionamento; i rappresentanti degli studenti hanno fatto lo stesso, ma sono stati convocati diverse volte in Regione per sentirsi ogni volta dire che la volontà di investire sul diritto allo studio rimane, sono i soldi a non esserci.
Ma non possiamo più credere a questa storia. La politica non può essere staccata dalla realtà e procedere senza guardare alle nostre reali esigenze. Siamo davanti ad un grave inadempimento, al declino di un sistema che è sempre stato tra i più virtuosi d’Italia.
Abbiamo sperato fino alla fine di poter trovare un compromesso, ma il Consiglio Regionale non ha accolto le nostre istanze.
Cosa dobbiamo fare per farvi comprendere che abbiamo semplicemente bisogno di un investimento dignitoso sul diritto allo studio da parte vostra? Per farvi realizzare che gli studenti di oggi sono il futuro del nostro paese e della nostra comunità di domani? Per ricordarvi che il diritto allo studio è un diritto costituzionalmente garantito?
Francesca Di Credico, studentessa, Università Cattolica di Milano