Tecnologie invisibili, o più che altro nascoste: sono quelle affidate alle reti che tramano il sottosuolo delle nostre città. Acquedotti, fognature, gas, elettricità, teleriscaldamento, telecomunicazioni: sono sistemi essenziali per il funzionamento quotidiano della vita di famiglie, imprese e organizzazioni di ogni tipo. Sistemi che si sono sviluppasti nel tempo, trasformando lo spazio che sta sotto i nostri piedi e che è sempre più visto come una risorsa da parte di chi deve progettare il volto di una città; ma che non può certo essere considerata una risorsa illimitata.
Il ruolo di questi network è rilevante per il futuro dei sistemi urbani; tanto che in molti Paesi, Usa in testa, si stanno facendo ingenti investimenti per la loro modernizzazione e ottimizzazione. In Italia inizia ora a crescere l’interesse per il problema. Se ne è fatta interprete la Fondazione EnergyLab, che ha lanciato la proposta di designare il 2009 come “Anno per la qualità delle reti tecnologiche locali”. La maggior parte di tali reti infatti è stata posata nel corso di decenni e in tal senso rappresenta un patrimonio prezioso e un valore da salvaguardare; ma oggi molte di esse si trovano nella necessità di essere potenziate o adeguate alle nuove esigenze del mercato. A maggior ragione nell’attuale contesto di liberalizzazione, in cui i servizi delle reti sono accessibili a una molteplicità di operatori pur mantenendo la caratteristica di monopolio di fatto delle infrastrutture. Secondo EnergyLab «pochi colgono l’importanza di queste reti o non vi attribuiscono il giusto peso; ma le competenze nel nostro Paese sono notevoli e diffuse». Si pone quindi il problema di gestirle in modo appropriato e razionale, secondo criteri di qualità; mettendo in campo tutte le potenzialità tecnologiche a disposizione e rendendo pienamente operativi quei Pugss (Piani Urbanistici per la Gestione dei Servizi nel Sottosuolo) introdotti in base alla cosiddetta Direttiva Micheli del 1999. Nel far ciò si dovranno inoltre favorire collaborazioni e sinergie a tutti i livelli, coordinando i molti attori implicati cosicché possano concorrere a rendere le reti affidabili, economiche, razionali e accessibili.
Ecco, appunto, un problema può essere l’accessibilità; e prima ancora la conoscenza. Come è possibile sapere “cosa c’è sotto?”; specialmente nel caso di infrastrutture realizzate in tempi molto lontani, quando i sistemi di documentazione erano grossolani se non inesistenti. Naturalmente si può sempre scavare. Ma abbiamo tutti esperienza dei disagi provocati dai cantieri che interrompono e frammentano i percorsi cittadini, spesso per periodi prolungati. Si stanno però sviluppando diverse tecniche di indagine che escludono lo scavo (no dig), quindi non invasive, un po’ come, in campo medico, le ecografie, le TAC o le risonanze magnetiche che ci sono ormai familiari. Sono tecniche presentate in questi giorni alla manifestazione “Servizi a rete – Live show”, organizzata da Tecnedit, e basate sulle apparecchiature avanzate per videoispezione o sui metodi di indagine geognostica. Ai sistemi geognostici ha dedicato uno studio speciale il Laboratorio del Sottosuolo della Regione Lombardia, che ha pubblicato un apposito “atlante”, cioè un manuale di riferimento per i tecnici degli enti locali, delle aziende di servizi e delle multi utility. Vengono qui illustrati i vari metodi geoelettric, elettromagnetici, sismici e i georadar. Questi ultimi, noti anche come GPR (Ground Penetrating Radar) si stanno diffondendo e il loro impiego si presenta ormai come lo strumento principale ecografico per la prospezione di tutti i sottoservizi. Il suo principio di funzionamento è lo stesso del radar solo che invece di scandagliare il cielo si rivolge al terreno: emette onde elettromagnetiche che vengono riflesse a causa delle diverse proprietà elettriche dei materiali per poi essere captate e registrate. All’aspetto si presenta come un carrellino manovrabile come un trolley o come un tagliaerba; è provvisto di antenne e può essere completato con un PC portatile sul quale vengono riportati i risultati della prospezione: non si tratta di fotografie ma di speciali immagini elaborate con software dedicati, che possono anche produrre ricostruzioni anche tridimensionali del sottosuolo.
Uno dei vantaggi del georadar rispetto agli altri metodi geognostici è la sua capacità di individuare tutti gli oggetti presenti nel sottosuolo, indipendentemente dal loro materiale: si possono quindi ricostruire tutti i tipi di tubature e di condotte, come pure localizzare armature metalliche, vari componenti degli impianti, rilievi idrogeologici, mappature di aree contaminate.
Se poi si vogliono diminuire i falsi bersagli, o si devono eseguire ispezioni su geometrie complesse, o investigare più velocemente superfici estese, si possono utilizzare gli ultimi modelli dotati di più antenne montate in sequenza e allineate trasversalmente alla direzione di avanzamento del carrello. Si implementa così un sistema multifrequenza che garantisce una maggior penetrazione nel terreno e una notevole accuratezza delle misure.