Una serie di intriganti strutture cellulari, alcune note da tempo ma trascurate, altre scoperta da poco, sta tenendo i biologi incollati ai loro microscopi. Merito delle biotecnologie – consistenti nella decifrazione delle conoscenze biologiche e nel loro utilizzo nei processi industriali per la produzione di beni e servizi – che hanno aperto nuovi orizzonti nella conoscenza ultrastrutturale delle cellule.
Ultimamente nucleo, mitocondri, apparato di Golgi e ribosomi sembrano fuori moda; mentre una serie di nanotubi, sacche, grumi, filamenti e capsule conosciute da tempo o di recente scoperta, hanno destato grande interesse tra i ricercatori.
Fascio pensa agli esosomi, vescicole dalle dimensioni che variano da 0,03 a 0,09 micron, scoperti all’interno delle cellule nel 1981, ma rivalutate in questi ultimi anni come nanocontainer per il trasporto di farmaci. I ricercatori stanno ora cercando di utilizzare gli esosomi come fornitori di farmaci a parti specifiche del corpo, dato che, essendo vescicole ‘naturali’, potrebbero essere meno tossici e non provocare una risposta immunitaria tipica di altre vescicole come quelle artificiali composte da lipidi o proteina. Dopo aver “riempito” gli esosomi con un pezzo di RNA chiamato siRNA e averli iniettati nel circolo sanguigno dei topi, gli esosomi sono stati in grado di arrivare a contatto con le cellule cerebrali e disattivare il gene coinvolto nello sviluppo dell’Alzheimer, riducendone l’attività fino al 60%.
Oppure si considerino i nanotubi che hanno uno spessore di circa 2 millesimi di quello di un capello e che si stanno rivelando sempre più importanti per la comprensione di molti fenomeni fisiologici e anche patologici. I nanotubi, infatti, collegano, come tanti microscopici tunnel, molte delle nostre cellule. Da quando, qualche anno fa, si è rivelata la loro esistenza, si susseguono le scoperte delle molteplici funzioni svolte da queste singolari vie di comunicazione intercellulare. L’acquisizione più recente viene da una ricerca guidata da Xiang Wang e da Hans-Hermann Gerdes presso il Dipartimento di Biomedicina dell’Università di Bergen (Norvegia) nell’ambito del Programma Nanotechnology and New Materials: i due scienziati hanno scoperto che attraverso i nanotubi cellulari possono transitare segnali elettrici alla velocità di 1-2 metri al secondo.
Nelle cellule si trovano anche delle “bacche” ricche di enzimi, i purinosomi, che partecipano alla biosintesi de novo delle purine nel citoplasma delle cellule. L’anno scorso, il gruppo di Benkovic ha riferito che i purinosomi sono immersi in una rete di fibre proteiche, i microtubuli. Le molecole prodotte dai purinosomi possono essere convertiti in carburante cellulare, il trifosfato di adenosina, che potrebbe aiutare il trasporto, all’interno delle cellule, di organelli e materiali sulle piste di microtubuli.
Gli studi biotecnologici continuano e alcuni ricercatori hanno trovato all’interno del citoplasma microcontenitori poliedrici simili alle capsule virali. Ma, a differenza dei virus, al cui interno si trova il DNA, queste microfabbriche produrrebbero enzimi per svolgere reazioni importanti, come la conversione di anidride carbonica in una forma di carbonio utilizzabile dalla cellula. Alcuni biologi molecolari hanno anche trovato a centinaia, tanto da occupare l’intera cellula, lunghi filamenti di enzimi raggruppati. Queste strutture sono state osservate da ricercatori giapponesi anche nel moscerino della frutta, nelle cosidette cytoophidia (cellule serpenti, a causa della loro forma simile ad un serpente). Questi gruppi filamentosi servirebbero a mantenere gli enzimi inattivi e la cellula potrebbe riattivarli sciogliendo i filamenti. In alcuni batteri, invece, questi filamenti enzimatici sembrano avere una funzione strutturale, un po’ come i filamenti di actina, che fanno parte del citoscheletro nelle cellule più complesse.
Anche se lo scopo e l’importanza di queste strutture per la cellula non è ancora del tutto chiaro, questi studi dimostrano come la ricerca, basata sulla semplice osservazione delle cellule, è viva e dinamica. Colpisce al riguardo l’affermazione di Daniel Davis, immunologo molecolare all’Imperial College di Londra, con la quale si chiude un recente reportage di Nature sulla “nuova anatomia della cellula”: «Un aspetto fondamentale del fare grande scienza è l’esplorazione. Penso che ci sia una quantità enorme di cose che si imparano solo guardando».
Inoltre, e soprattutto, queste ricerche sulle ultrastrutture cellulari suscitano sempre più l’interesse di discipline correlate con quelle biologiche. Infatti le conoscenze sempre più approfondite in biologia molecolare, in biochimica e in biologia cellulare permetteranno un sostanziale sviluppo nei settori dell’industria e del terziario, in particolare nella ricerca e nell’innovazione in campo biotecnologico, medico e farmaceutico.