Adesso che la caccia al bosone di Higgs è entrata nel vivo e la cattura si fa sempre più vicina, diventa oltremodo interessante poter incontrare “i cacciatori” e poterli avere tutti insieme, fuori dal campo di battaglia, pronti e disponibili a incontrare il grande pubblico. Come è accaduto ieri mattina a Milano, al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia “Leonardo da Vinci”, che ha schierato una squadra di sette protagonisti di questa straordinaria impresa scientifica. A raccontare dello “strano mondo di LHC” c’eranogli scienziati, tutti italiani, che dirigono i principali esperimenti dell’acceleratore LHC: Fabiola Gianotti, coordinatrice dell’esperimento ATLAS, Guido Tonelli (esperimento CMS), Paolo Giubellino (ALICE), Pierluigi Campana (LHCb), Simone Giani (TOTEM), insieme al direttore della ricerca scientifica al Cern Sergio Bertolucci e al presidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) Fernando Ferroni.
Non si è trattato di pura esibizione di orgoglio nazionale: il fatto è che la presenza italiana nella realizzazione e nella attività di LHC è davvero rilevante, come personale (più di 600 fisici presso i laboratori di Ginevra), come risorse impiegate, come contributo industriale per la realizzazione di strumenti e impianti, e soprattutto come creatività e ricerca scientifica. Il Cern è un centro internazionale di dimensioni gigantesche anche come capitale umano: sono circa 3000 i dipendenti diretti ma toccano i 10.000 gli studiosi e i ricercatori che partecipano ai diversi programmi e che sono in vario modo ospitati: di questi, circa un terzo sono italiani. Tanto che Bertolucci può affermare: «quando un italiano va al Cern non va all’estero ma va nel suo laboratorio»; e Tonelli ribadisce: «non siamo cervelli in fuga. Quello che si fa al Cern è la conseguenza di quanto si studia e si ricerca in Italia; gli esperimenti che si svolgono nei laboratori di LHC sono stati ideati, elaborati, prototipizzati e sono analizzati in Italia, nei centri dell’INFN e nelle Università».
Anche per questo i magnifici sette parlano con entusiasmo della loro “macchina” dei record: è il luogo più freddo dell’universo, per poter mantenere i magneti superconduttori vicino allo zero assoluto; ma è anche il più caldo, nelle collisioni la temperatura supera di gran lunga quella della più potente Supernova; ed è il posto più vuoto del cosmo, per consentire il folle volo indisturbato dei protoni a velocità relativistiche. È, in breve, la macchina più grande del mondo, coi suoi 27 km di tunnel a 100 metri sotto terra e i giganteschi laboratori dove catturare i prodotti delle collisioni frontali tra i due fasci adronici: «ma ci piacerebbe farne una ancor più grande», confessa Bertolucci mentre preannuncia dopo il 2012 due anni di sosta degli esperimenti per poter mettere LHC in condizioni di raggiungere la sua massima potenza; e comunica che sono già pronti i piani per i prossimi anni di attività dell’acceleratore e che qualcuno sta già pensando anche ai passi successivi a LHC.
Da un incontro come questo non c’era da attendersi nuove rivelazioni paragonabili a quelle diffuse nel seminario del 13 dicembre che ha proiettato il bosone di Higgs sulla scena mediatica mondiale e ha portato alla ribalta i due esperimenti paralleli ATLAS e CMS. Ma è stata l’occasione per sapere che anche gli altri due gruppi, LHCb e Alice, stanno brindando per una serie di risultati promettenti. Il primo sta indagando su uno dei misteri cosmologici più intriganti e cioè la asimmetria tra materia e antimateria, che ha fatto sparire quest’ultima dal cosmo primordiale e ci ha regalato l’universo materiale che conosciamo. LHCb – ha spiegato Campana – cerca di capire l’origine della asimmetria in un modo un po’ diverso da come fanno Atlas e CMS, cioè con una ricerca indiretta, studiando fenomeni molto rari come i decadimenti dei quark b (uno dei sei tipi di quark) che ci portano al di là del cosiddetto Modello Standard.
«Anche per LHCb il 2011 è stato un anno eccezionale: abbiamo raccolto moltissimi dati e iniziamo a vedere qualche effetto strano. Proprio poco prima della notizia dell’Higgs, e un po’ oscurati da questa, abbiamo comunicato risultati di eventi dove per la prima volta si è vista un’evidenza di asimmetria tra materia e antimateria (la cosiddetta violazione della simmetria CP) nelle particelle D0, portatrici del quark charm (“incantato”). Tale risultato implica che le leggi della fisica non siano strettamente identiche per materia e antimateria». Il fatto è che la violazione di CP è avvenuta dove non la si aspettava; il che, se confermato, potrebbe spalancare le porte di una nuova fisica, finora inesplorata.
Ancora più freschi sono i risultati comunicati da Giubellino e che ci catapultano nel brodo primordiale caratteristico dell’universo poco dopo il Big Bang. L’esperimento ALICE vuole rispondere soprattutto ai problemi che riguardano la materia in condizioni estreme, la differenza di “peso” tra neutroni, protoni e i quark che li compongono e, infine, la possibilità di osservare i quark liberi. «All’inizio di novembre si sono avute le prime collisioni di ioni di piombo e proprio in questi giorni le analisi ci stanno rivelando che quel brodo primordiale era come un super-superfluido, senza quasi viscosità, che ha portato impressa e mantenuto inalterata la memoria della piccole fluttuazioni che c’erano all’inizio e che sono alle origini della grandi strutture cosmiche, galassie e ammassi galattici, che osserviamo oggi».
Quindi un po’ per tutti c’è questa grande soddisfazione per la quantità di dati che si sono potuti raccogliere e che, nel caso di ATLAS e CMS, ha spinto i coordinatori a fare l’annuncio pubblico: «Quello che ci ha sorpreso – dice Tonelli – è l’abbondanza dei dati che andavano nella direzione prevista: è stata questa abbondanza che ci ha convinto a comunicare i risultati preliminari. I prossimi mesi saranno ancor più emozionanti; al Cern si respira un’atmosfera indicibile, di entusiasmo soprattutto tra i fisici, dei quali il 30% sono giovani, ancora studenti o appena post doc».
Gianotti conferma: «è un momento intenso ed emozionante; sembra che stiamo trovando il bosone di Higgs là dove ci aspettavamo, cioè nell’intervallo di energia che ora abbiamo ben delimitato; ma questa concordanza con le nostre previsioni non è meno affascinante di un eventuale imprevisto: c’è sempre la sorpresa di vedere la natura che si manifesta. Anche perché non si è ancora manifestata e non siamo sicuri che si riveli totalmente».
E qui tocchiamo il punto di interesse più acuto della attuale vicenda di LHC e che vede fronteggiarsi due partiti: quelli che speriamo che l’Higgs si trovi presto e quelli che si augurano che non ci sia e che quindi tutta la fisica venga ribaltata. Tonelli sottolinea che se non lo si trova tutto il castello delle nostre conoscenze sulla materia cade e i fisici si troveranno di fronte a un problema enorme. In effetti il modello standard costruito in questi 50 anni è un modello ottimo e non ci sono state finora evidenze di deviazioni o divergenze: la mancanza dell’Higgs metterebbe in crisi tutto questo, aprendo però un campo sconfinato di ricerche.
Ma anche se verrà scoperto, come sotto sotto sembrano sperare tutti, non sarà tutto finito. «Se lo scopriamo al valore previsto di 125 GeV, sarebbe un po’ troppo leggero. E allora potremmo chiederci: è proprio lui? Tutte le sue caratteristiche sono quelle previste dal modello standard? La massa così leggera lo rende problematico, instabile; quindi ci sarebbe molto ancora da capire anche se lo si scoprisse. Ma è sempre così nella scienza. Forse non è così chiaro al pubblico che siamo enormemente ignoranti, che le cose che non sappiamo spiegare sono tantissime».
Anche Gianotti è convinta che ma se l’Higgs c’è, l’avventura delle migliaia di fisici che gravitano attorno a LHC non sarà meno stimolante. Proprio perché il modello è bello e ordinato, il suo completamento sarà insieme un incoraggiamento e una sfida ad andare oltre, a desiderare un modello unitario che risponda ad altre domande alle quali il modello non può rispondere. «Le domande che si aprono sono comunque tante. Dopo l’Higgs, se lo troveremo l’anno prossimo, inizierà subito la caccia ad altre particelle che ci inoltreranno, ad esempio, nel rompicapo della materia oscura. Siamo di fronte a grandi misteri e ci vuole sempre molta umiltà nel nostro lavoro. Quello che spero è che LHC ci aiuti almeno a capire quali sono le domande giuste da porre alla natura. Per le risposte, si vedrà».