«Ludwig Mies van der Rohe è un architetto tedesco che ha vissuto tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento, ed è considerato uno dei maestri dell’architettura contemporanea. La sua formazione non è avvenuta nelle scuole e nelle accademie, ma attraverso un iter professionale fatto di diverse attività, cominciato nella cava di famiglia al fianco del padre». Maria Antonietta Crippa, docente di Storia dell’Architettura presso il Politecnico di Milano, parla a IlSussidiario.net della vita e dell’attività lavorativa di Ludwig Mies van der Rohe, architetto e designer tedesco nato ad Aquisgrana il 27 marzo 1886, a cui oggi Google dedica il proprio logo.
«E’ ritenuto uno dei maestri del Movimento Moderno perché è riuscito a interpretare in modo assolutamente originale la nuova architettura della prima metà del XX secolo. – continua a spiegarci la professoressa Crippa – Ha frequentato studi di architetti importanti dove ha potuto affinare le sue capacità, in particolare quello di Peter Behrens a Berlino, mentre successivamente ha avuto modo di conoscere personalmente sia Le Corbusier che Frank Lloyd Wright, che era giunto in Italia intorno al 1910».
L’architetto deve poi spostarsi a malincuore a Chicago, intorno agli anni Trenta, a causa dell’avvento dell’ascesa del potere nazista: «Nel suo periodo europeo, fino all’avvento del nazismo che lo costringerà a spostarsi in America, Mies van der Rohe realizza opere importantissime e diventa un riferimento estremamente significativo, al punto che sarà anche l’ultimo dei direttori della Bauhaus prima che venga chiusa. Una volta trasferitosi in America, diventa preside della scuola di architettura al Chicago’s Armour Institute of Technology, dove formerà intere generazioni di giovani e, sia negli Stati Uniti che in Europa, realizza opere che sono ormai considerate dei capisaldi dell’architettura moderna: innanzitutto il Seagram Buildin a New York, mentre a Berlino c’è la Neue Nationalgalerie, una struttura estremamente semplice in acciaio, che per quanto riguarda proporzioni, essenzialità ed eleganza delle forme ricorda un tempo greco».
La professoressa Crippa ci spiega poi che «Mies van der Rohe è sempre stato interpretato in vario modo, ma in realtà, dopo la scomparsa sono stati studiati a fondo i suoi archivi. In questi sono stati trovati anche documenti del suo rapporto di amicizia con Romano Guardini, quindi la matrice cattolica di Mies van der Rohe è stata riconosciuta solamente molto tardi. Questa amicizia è nata nel primo periodo della sua attività, quando Guardini frequentava il mondo degli artisti d’avanguardia per capire cosa stava accadendo nella cultura artistica di quel tempo, e Berlino era certamente un focolaio di questo tipo di movimenti.
Guardini percepiva la fine di un mondo e l’inizio di un mondo nuovo, e Mies van der Rohe mediterà sempre su alcuni suoi scritti, nonostante la partenza per l’America. Nella modernità, Mies van der Rohe cercava la realizzazione di una essenzialità di forme, la cosiddetta “forma delle forme”, cioè un qualcosa che nella sua semplicità fosse di estrema sintesi ma anche profondamente spirituale. Mies van der Rohe è quindi un personaggio molto interessante, di grande genio, le cui architetture sono più che celebri in tutto il mondo».
Arriverà poi l’architettura postmoderna americana e Mies van der Rohe, nonostante fosse stato seguito per intere generazioni, «fu contestato proprio per l’essenzialità che dimostrava nelle sue opere. Avvenne quindi un rovesciamento di posizioni, ma nonostante questo nessuno ha mai messo in discussione la sua grandezza».
(Claudio Perlini)