La legge 62/2000 sulla parità scolastica ha istituito il sistema nazionale di istruzione. Ha definito “pubblica” la finalità dell’attività formativa, prescindendo dalla tipologia dell’ente gestore, pubblico o privato che sia. Si tratta di una delle leggi più laiche del nostro Paese, perché volta ad attuare le norme costituzionali in materia (articoli 3, 30, 33 34). La legge infatti, nel ribadire il dovere-diritto dello Stato di istituire scuole statali di ogni ordine e grado, richiama il diritto costituzionale dei privati di istituire scuole, ne disciplina le condizioni, assicurando loro piena libertà e, agli alunni, un trattamento scolastico equipollente. La legge, infine, dà gambe alla filosofia costituzionale che, con l’art. 34, fa scaturire il “diritto allo studio”: i capaci e meritevoli senza mezzi devono essere sostenuti perché ne sia reso effettivo il diritto. La libertà di istituire scuole e l’equipollenza di trattamento degli alunni sono aspetti fondamentali dell’istituzione in uno Stato democratico e laico.
La normativa costituzionale va applicata tutta e la legge ha cercato di contemperare queste diverse esigenze, a mio parere efficacemente.
Che dire oggi, a quasi dieci anni dall’approvazione della legge 62/2000? La scuola del passato, il suo vecchio impianto educativo, si avviano a scomparire, almeno nella forma a noi nota. Si sta progressivamente affermando un’attività educativa profondamente mutata. I saperi cambiano continuamente. Cambia sistematicamente anche il bagaglio culturale.
Oggi soggetto fondamentale della formazione è divenuta la società nel suo complesso. Mentre ieri il 90-95% dell’apprendimento era acquisito nell’ambito scolastico, oggi questo rapporto si è completamente rovesciato ed il 70% si apprende e si viene a conoscere al di fuori della scuola. Educazione formale e informale devono integrarsi. È il dato della società contemporanea.
Oggi le varie agenzie educative devono collegarsi fra loro, garantendo il pluralismo formativo, naturalmente a condizione che siano rispettati i valori fondanti della società. Si tratta dunque di superare una sterile contrapposizione ideologica oramai datata fra pubblico e privato e realizzare, con l’apporto di tutti, nuove esperienze di scuola. La legge 62/2000 ha fissato le condizioni fattuali per realizzare questi obiettivi in una visione scolastico pluralistica ed oggi dimostra essere una legge moderna.
Una ultima notazione vorrei fare in tema di “scuola cattolica”, che so avere giustamente ambizioni di qualità. Il mio appello è che si alzi l’obiettivo della qualità e dell’innovazione. Mi auguro, appunto, che essa cerchi di porsi all’avanguardia nella ricerca e nella definizione di nuovi modelli educativi di apprendimento, guardando al futuro e superando le resistenze al cambiamento, presenti nella scuola e nella società italiana. Sono convinto che non è restando unicamente ancorati alle richieste di maggiori risorse finanziarie che si vince la battaglia della necessaria e diffusa credibilità sociale della scuola paritaria. Credo che l’obiettivo più rilevante debba essere la ricerca costante e tenace della qualità dell’offerta educativa della “scuola cattolica”: fare cose migliori, di avanguardia, di innovazione educativa, di interpretazione della nuova domanda sociale di cultura e formazione, di sperimentazione costante di nuovi modelli, metodi, contenuti epistemologici e curriculari. Si tratta in sostanza di percorrere un cammino di modernità per stimolare e sprigionare nuove energie educative e per suscitare nei giovani la passione per lo studio: una bella sfida, all’altezza della straordinaria stagione in cui i benemeriti ordini monastici inaugurarono la vera scuola di massa, il primo grande processo di socializzazione vera delle giovani generazioni con l’attività educativa, anticipando quella che poi divenne la funzione dello Stato.