Leggendo Camere separate di Pier Vittorio Tondelli (1955-1991) si sprofonda in una scrittura ricca, attuale e letteraria che conduce, pur con grazia, nel dolore di un amore nel quale ognuno almeno in parte può riconoscersi. Il racconto lucido di Leo, il protagonista, attraversa le fasi della sua relazione con Thomas ed è scandito dai ricordi dei sentimenti provati negli anni. La memoria diviene lo strumento per creare un luogo al quale possa tornare per sentirsi rassicurato, per sapere di essere ancora vivo.
Romanzo pubblicato nel 1989, pacato e stilisticamente differente dalla produzione di esordio di Tondelli, Camere separate segue l’inclinazione dell’autore a sperimentare forme meno tradizionali di narrazione, che in questo caso non è divisa in capitoli ma segue un flusso interiore. Attraverso le ricostruzioni che Leo fa per sé, per dare una rotta alla propria vita, il lettore entra non solo nella sua casa, o nel suo letto, ma soprattutto nella sua testa, scoprendo le motivazioni per le quali, pur amando profondamente Thomas, lascia sempre uno spiraglio attraverso il quale fuggire e godere della propria solitudine. Leo ha tanti amici ma vuole sentirsi solo, vuole assaporare una parte di vita in solitudine perché questo gli consente, forse, di recuperare la pienezza dei momenti dell’amore.
Ognuno di noi, al di là delle proprie inclinazioni, può riconoscersi nei sentimenti descritti: la passione e il desiderio, lo smarrimento e la paura, il dolore e l’angoscia sono universali, pur essendo descritti in una storia omosessuale. La pena di Leo diventa quanto mai attuale quando Thomas muore. La morte sembra “incompleta” perché socialmente non riconosciuta, come se il fatto di essere omosessuale esentasse il protagonista dall’avere un lutto, dal provare il dolore per il distacco, come succede agli “altri”. Il romanzo si conclude con le considerazioni “terminali” di Leo, anch’esse universali, con le quali ci si può congedare dall’idea di esistenza.
La morte di Tondelli è stata una vera perdita per la nostra letteratura. Oltre a essere una personalità iconica degli anni Ottanta, purtroppo incompreso o ignorato dalla critica, è stato in grado di dare spazio a una certa sperimentazione cercando di far convivere in uno stesso testo narrativa, musica, saggistica, teatro.
Un suo grande merito è aver avuto la curiosità intellettuale di portare alla luce, con il progetto Under 25, scritture di autori sconosciuti e di età inferiore ai 25 anni. L’attenzione alla pluralità delle voci gli ha consentito di avvicinare, all’interno delle tre antologie pubblicate da Transeuropa dal 1985 in poi, contributi tra i più diversi, come ricorda l’autore Guido Conti, inserito da Tondelli nel terzo volume, Belli e dannati.
“Gli autori che Tondelli sceglieva erano molto diversi non solo nello stile ma anche nei temi narrati. C’era chi scriveva di discoteche, di amore malato, di esperienze con la droga; io avevo scritto di contadini e questo era bastato perché diventassi un tassello di questa pluralità. Quella stagione si era aperta con Boccalone di Palandri e Altri libertini di Tondelli, censurato e messo al sequestro dall’allora procuratore generale dell’Aquila. Gli scrittori narravano con una lingua diversa le esperienze degli anni 70. L’eco della rivolta studentesca con i blindati in piazza Verdi a Bologna si traduceva in fermento non solo sociale ma anche creativo. E’ il periodo di Andrea Pazienza e di tutta una generazione che puntava a fare esperienze a tutto tondo, eccessive, senza escludere niente. L’editoria si apriva a un mondo che prima non era neanche nominato, anzi era tenuto ben lontano dalla ribalta”.
Naturalmente questa esperienza rimarrebbe fine a se stessa se non fosse letta in un contesto più ampio. Oltre allo scavo attuato da Under 25, che porta alla luce testi talvolta inutilmente estremi, emerge un elemento importante, secondo Conti: “Il progetto in sé testimoniava l’evoluzione di scritture diverse nell’arco di un decennio, e il passaggio molto rapido della scrittura di una nuova generazione dal buio alla luce, riflettendone la sua stessa caducità. La visibilità rapida di qualcuno si è bruciata velocemente, forse un segnale di quello che succede adesso”.
Entro la fine di quest’anno uscirà nei Tascabili Bompiani una nuova edizione di Camere separate, grazie al contributo del curatore dell’opera di Tondelli, Fulvio Panzeri, autore e critico letterario, che ci spiega: “La nuova edizione conterrà in appendice una serie di bonus track, vale a dire materiali di varia natura (lettere editoriali, appunti, suggerimenti per i risvolti di copertina) che raccontano come è nato il libro, le intenzioni di Tondelli, un modo per fare entrare i lettori nel laboratorio dello scrittore. Era assai attento al mestiere di scrittore, alle varie ipotesi di sviluppo del racconto, al ritmo, anche musicale della scrittura, alla correttezza dei riferimenti. Era preciso, fino all’ossessione. E’ un aspetto che ho potuto costatare lavorando con lui, alla realizzazione di Un weekend postmoderno“.
Panzeri e Tondelli si conobbero proprio all’indomani dell’uscita di Camere separate, nel 1989, in occasione di un’intervista: “Eravamo subito entrati in sintonia, a lui era piaciuta l’intervista, merito anche suo e della sincerità che emergeva dalla conversazione. All’inizio del 1990 mi aveva scritto, chiedendomi se volessi lavorare con lui alla realizzazione di un libro in cui raccogliere la sua produzione giornalistica. E’ iniziato un lavoro che è stato per me importantissimo, all’insegna del confronto tra critico e scrittore. Una collaborazione che è diventata amicizia, accompagnando e dando forma a un libro. Pochi mesi molto intensi di lavoro, in cui ho avuto modo di vedere quanto Tondelli non lasciasse nulla al caso”.
Uno degli aspetti che più emerge dalla scrittura di Tondelli è la proiezione del proprio mondo interiore attraverso la narrazione di fatti immaginati: l’autore cerca la finzione per potersi osservare allo specchio sotto le spoglie di un personaggio letterario. Come conferma Panzeri: “Questo è il punto centrale di Camere separate, un percorso legato a quella che chiama la “fenomenologia dell’abbandono” che Tondelli inizia a metà degli anni Ottanta, scegliendo uno stile che rimanda all’ultimo Cristopher Isherwwod, l’autore di Addio a Berlino“.
Oltre alla sua curiosità intellettuale e all’amore per la scrittura come segno del vissuto, la precisione portava Tondelli a non amare il pressapochismo soprattutto quando si manifestava nell’esercizio critico, come ci racconta ancora Panzeri: “Quel pressapochismo già iniziava a serpeggiare tra certi critici e dava, secondo Tondelli, la libertà di sbagliare il nome di una località o di confondere i protagonisti, sapendo che questa mancanza di attenzione fondamentale non avrebbe per nulla intaccato il loro ruolo. Aveva visto giusto perché il vizio si è diffuso negli anni successivi alla sua morte, portandosi dietro altre impunite ‘false libertà’: ritornare alle vecchie abitudini dei salotti e delle ‘cricche critiche’, per cui a essere favoriti sono solo gli amici o i prescelti dal ‘summit’ critico; affidarsi con calcolo alle pressioni degli uffici stampa e fare, in toto, il gioco editoriale della grancassa”.
Sarebbe ingiusto relegare l’opera di Tondelli a un momento estremo della letteratura e non fare tesoro dei frutti della sua ricerca come uomo e scrittore. La sua eredità intellettuale non risiede solo nei suoi libri ma anche nella memoria di chi lo ha conosciuto: “Un uomo sensibilissimo, dolce e curioso. Osservava quasi come uno scienziato la corrente che trascinava gli altri ma non lui. Una grande perdita per la letteratura al di là dell’aspetto sentimentale. Bisognerebbe leggere tutte le pagine di Tondelli, anche le più estreme, perché testimoniano un momento di passaggio attraverso l’inferno in terra” (Guido Conti).