Interesse, curiosità e immaginazione. E un paziente e lungo lavoro di verifica e analisi. Ingredienti fondamentali nel duro lavoro di ogni scienziato. Ci sono però alcune discipline nelle quali i tempi e i modi per la conferma delle ipotesi sono lunghi e imprevedibili, dilatandosi nello spazio e investendo anche luoghi lontani e molto diversi fra loro, a volte molto inospitali. Dosi abbondanti di fantasia, determinazione e pazienza sono caratteristiche della geologia, in particolare nella suggestiva attività teorica e sperimentale volta alla costruzione di un modello completo e dettagliato della struttura interna del nostro pianeta.
All’interno di questa impresa della conoscenza umana, un ruolo importante è ricoperto dal meccanismo con cui ciò che non si vede della nostra meravigliosa “casa” celeste genera e influenza l’evoluzione nel tempo del campo magnetico che la circonda. La Terra infatti è avvolta da un grande campo magnetico da lei stessa generato, che difende la superficie del pianeta dagli invisibili sciami di particelle super-energetiche in viaggio dal Sole verso lo spazio esterno. La presenza del campo magnetico dunque svolge una funzione di schermo per gli organismi biologici, alcuni dei quali a loro volta ne sfruttano la presenza per l’orientamento, come studi su specie migranti sembrano dimostrare.
La Terra è perciò simile a un immenso magnete del quale sappiamo per certo che la polarità Nord-Sud non si è mantenuta fissa nel tempo, subendo oscillazioni nella posizione dei poli, fino ad arrivare a vere proprie inversioni, come già abbiamo documentato su queste pagine. Segni di questi cambiamenti sono intrappolati in alcune rocce laviche, che, eruzione dopo eruzione, strato dopo strato, conservano al loro interno l’orientamento di minuscole componenti magnetiche in direzioni conseguenti all’orientamento del campo magnetico terrestre al momento della solidificazione del magma. Altri segni di diversa natura sono conservati in differenti tipologie di sedimenti.
Ma da cosa è originato il campo magnetico terrestre? La Terra non dovrebbe assomigliare forse a una immensa roccia che percorre un’orbita ellittica intorno a una stella di medio-piccola grandezza chiamata Sole? La realtà è più complicata: già dal 1600 si comincia a pensare che ciò che sta in profondità sotto ai nostri piedi sia una struttura differenziata in vari strati. In particolare, il contributo di una donna, Inge Lehman, ricercatrice danese vissuta nel XX secolo, è stato fondamentale nell’ipotizzare la conformazione del nucleo del pianeta Terra.
Secondo la sua ipotesi, il nucleo terrestre è costituito da due zone differenti: uno strato interno, solido, composto essenzialmente di ferro, e uno più esterno, composto di metallo allo stato liquido. Proprio la parte liquida è ciò che genera il campo magnetico terrestre, per effetto delle correnti di metallo fuso che scorrono al suo interno, come fosse un’immensa dinamo. A completare la struttura interna complessiva del pianeta, altri strati rocciosi e magmatici si susseguono fino alla crosta, arrivando cioè alla superficie terrestre.
Questa immagine del nucleo e della dinamica che genera il campo geomagnetico è in realtà ancora un’ipotesi e, per quanto ben strutturata e ragionevole, ancora non riesce a rendere conto completamente e in dettaglio delle variazioni del campo e di ciò che le genera. Quello che i geofisici vanno cercando in varie parti del mondo ormai da decenni è da un lato la conferma sperimentale dell’ipotesi complessiva, dall’altra nuove indicazioni sui meccanismi interni al nucleo. A oggi si sono svolte misure della variabilità del campo magnetico su magmi antichi e sedimenti in zone lontane dai Poli, zone nelle quali il campo magnetico presenta condizioni di regolarità, cioè le sue linee di campo non subiscono particolari incurvature.
Ma la comprensione profonda dei fenomeni che determinano il comportamento del campo magnetico esige la misurazione ad alta risoluzione delle variazioni anche nelle zone critiche, interne -dal punto di vista geografico- a un cilindro immaginario parallelo all’asse di rotazione terrestre e tangente al nucleo interno della Terra. Un gruppo di ricerca congiunto italiano (l’INGV, Istituto di Geofisica e Vulcanologia del CNR e l’OGS, Istituto di Oceanografia e Geofisica Sperimentale) e spagnolo (l’OGS e l’ICREA, Istitucio Catalana de Recerca i Estudis Avancats) ha preso sul serio questa sfida e ha recentemente iniziato a svolgere misure in prossimità delle zone critiche ad alte latitudini settentrionali, con una campagna di misure nei pressi dello Storfjorden, un canale sottomarino al largo delle isole norvegesi Svalbard, nel settore nord-occidentale del mare di Barents, focalizzando gli sforzi sul reperimento di tracce di cambiamento del campo magnetico negli ultimi diecimila anni.
Il leader della spedizione è Leonardo Sagnotti, dell’INGV, che così commenta i dati trovati: “sono importanti per la messa a punto dei modelli del campo magnetico terrestre, poiché provengono da una regione critica. Questi dati mostrano una variabilità che è in accordo con quella ricostruita da dati sperimentali raccolti nelle isole britanniche e nella penisola scandinava, nonché con le previsioni di un recente modello geomagnetico globale per gli ultimi 7 mila anni”.
La difficile arte di “armonizzare” le ipotesi con la realtà dei fatti ha segnato una nuova piccola ma interessante tappa, e il merito di avere aperto la strada in queste nuove misure è tutto del gruppo guidato da Sagnotti.Ma l’importanza di questo tipo di studio, spiega ancora il ricercatore romano, sta anche nel fatto che si collega a uno sforzo complessivo di ricostruzione della storia climatica terrestre: “questi dati offrono anche l’opportunità di correlare e datare ad alta risoluzione le sequenze sedimentarie analizzate, che sono state deposte a seguito dell’ultima fase di deglaciazione e registrano i dettagli della transizione climatica”.
In quest’ultima osservazione sta molto del bello e del gusto della ricerca scientifica: da un particolare si trovano collegamenti e conferme per una ricostruzione di ampio respiro delle vicende che hanno interessato la storia di un intero pianeta. È il compito grande e appassionante perseguito dall’uomo: ricostruire la trama fitta e delicata trama di come tutto sia in relazione con tutto.