La prossima, come ormai tradizione all’inizio di ottobre, sarà la settimana dei Nobel, cioè dell’assegnazione dei prestigiosi premi; mentre la cerimonia di consegna sarà, anche questa secondo la consuetudine in dicembre, esattamente il giorno 10. E come sempre c’è la caccia alle previsioni, anche se poche volte i pronostici sono stati rispettati. Soprattutto, nel caso delle discipline scientifiche, in un anno come questo che, pur se esaltato dalle grandi imprese nell’esplorazione spaziale – l’incontro della sonda Rosetta con la cometa 67P e la prova della presenza di acqua su Marte – non ha prodotto un risultato eclatante da rendere indiscutibile il suo ruolo vincente, come era stato due anni fa col bosone di Higgs per la fisica.
Cercando una modalità “scientifica” di stilare le previsioni, una strada è quella di misurare la diffusione e l’apprezzamento, all’interno del mondo della ricerca, degli articoli sulle riviste specializzate: si tratta di contare il numero di citazioni ottenute dalle pubblicazioni di uno scienziato, dando a tale numero il ruolo di stima del valore scientifico dello studioso citato. Naturalmente si tratta di un criterio parziale e insufficiente per determinare la portata di una scoperta o di un esperimento ma è quello che permette di andare al di là delle simpatie e valutazioni soggettive; e qualche volta capita di trovare una corrispondenza forte tra un risultato scientifico meritevole del Nobel e il suo impatto, attraverso le pubblicazioni, sui lavori dei colleghi.
L’operazione di suggerire al Comitato Nobel dei nominativi in base alla classifica delle citazioni è quella che da alcuni anni svolge l’agenzia Thomson Reuters ScienceWatch che anche per questa edizione 2015 non ha mancato l’appuntamento. Seguiamola, esaminando le tre discipline scientifiche nell’ordine previsto per la proclamazione dei vincitori.
Lunedì 5 ottobre sarà la Medicina e Fisiologia a inaugurare la settimana delle medaglie e qui la terna di temi meritevoli di premiazione inizia con gli studi sul microbiota intestinale, cioè quell’enorme quantità di micoorganismi che convivono con gli esseri umani e ne influenzano non solo l’attività digestiva ma un po’ tutte le condizioni di salute. A ritirare il premio a Stoccolma potrebbe andare il biologo americano Jeffrey I. Gordon, Direttore del Centre for GenomeSciences and Systems Biology della Washington University School of Medicine di St. Louis e pioniere in queste ricerche.
Il premio però potrebbe essere assegnato anche alla coppia nippo-statunitense composta da Kazutoshi Mori, della Kyoto University, e Peter Walter dell’Università della California – San Francisco, che già nel 2014 insieme hanno ricevuto l’Albert Lasker Award per la ricerca medica di base: a loro si deve la conoscenza dell’Unfolded Protein Response, un sistema intracellulare di “controllo della qualità” che rileva proteine mal ripiegate nel reticolo endoplasmatico e ordina al nucleo di adottare provvedimenti correttivi.
La vittoria potrebbe invece arridere a un trio ben assortito formato da Alexander Y. Rudensky del Memorial Sloan Kettering Cancer Center, Shimon Sakaguchi dell’Università di Osaka e Ethan M. Shevach del NIH (National Institutes of Health) statunitense: i loro studi hanno permesso di comprendere il ruolo dei linfociti T (cellule immunitarie) nell’insorgenza di allergie, malattie autoimmuni o processi infiammatori.
Martedì 6 ottobre sarà la volta della fisica, dove la rosa dei papabili si restringe a quattro nomi. Anzitutto una signora, l’americana Deborah S. Jin dell’Università del Colorado di Boulder, che potrebbe essere la terza donna a vincere il Premio Nobel per la Fisica, dopo Marie Curie e Maria Goeppert-Mayer. A lei si deve la realizzazione del primo condensato chirale a temperature ultrabasse, un sistema che potrebbe essere applicato ai superconduttori del futuro e al tanto atteso . computer quantistico.
Il premio potrebbe invece andare a uno studioso di scienza dei materiali, Zhong Lin Wang del Georgia Institute of Technology di Atlanta, inventore di nanosistemi che convertono l’energia meccanica in energia elettrica: siamo nell’ambito del cosiddetto Energy Harvesting, cioè del recupero di ogni frammento di energia possibile: esempi interessanti sono piccoli dispositivi che trasformano il movimento umano in energia elettrica attraverso l’attrito e in futuro potranno essere applicati ai vestiti o alle calzature.
Infine ci sarebbe la coppia formata da Paul B. Corkum, dell’Università di Ottawa, e Ferenc Krausz, direttore del Max Planck Institute di ottica quantistica a Monaco di Baviera. Le loro ricerche sono quello di argomento più fascinoso e riguardano il nuovo campo della cosiddetta “attofísica”, una disciplina che utilizza il laser per osservare fenomeni molecolari che avvengono in un trilionesimo di secondo (detto appunto “attosecondo”, cioè un miliardesimo di miliardesimo di secondo ) e ha permesso di seguire il movimento di elettroni negli atomi; sono ricerche che hanno potenziali applicazioni in ingegneria e medicina.
Il terzo giorno, cioè mercoledì 8, toccherà alla chimica e qui, secondo ScienceWatch, ci sarebbero tre donne al comando. La prima, in fuga solitaria, è Carolyn R. Bertozzi, docente alla Stanford University e ricercatrice al Howard Hughes Medical Institute della stessa città californiana. Sono sue le ricwerche pionieristiche nel campo della chimica bio-ortogonale, che integra l’uso di marcatori e le tecniche di visualizzazione dei processi biologici all’interno delle cellule per osservare le reazioni biochimiche nei sistemi viventi senza alterarli, migliorando la conoscenza dei processi cellulari in diverse condizioni comprese le patologie tumorali.
Le altre due inseguitrici sono Emmanuelle Charpentier, che divide la sua attività di insegnamento e ricerca tra la Svezia e la Germania, e Jennifer Doudna dell’Università della California Berkeley: il loro contributo sta nello sviluppo della tecnica Crispr-Cas9, uno strumento di editing genomico più preciso ed efficace rispetto a quelli tradizionali dell’ingegneria genetica e che può aiutare a identificare potenziali target per i farmaci.
Restano ancora due possibili candidati: John B. Goodenough, professore di Ingegneria all’Università del Texas di Austin, e M. Stanley Whittingham, professore a Stony Brook (New York), che hanno posto le basi scientifiche per lo sviluppo delle batterie agli ioni di litio, che tutti utilizziamo nei telefoni cellulari, nei tablet e nei vari dispositivi portatili.
Vogliamo aggiungere, per la cronaca, che gli ultimi Nobel scientifici italiano risalgono al 2007 con Mario R. Capecchi (Medicina), al 2002 con Riccardo Giacconi (Fisica) e al 1963 con Giulio Natta (Chimica): di questi, l’unico ad avere condotto tutte le ricerche in Italia è stato Natta.