Quegli annunci sull’edilizia scolastica, nel marzo scorso, avevano lasciato tutti a bocca aperta. Giannini: “in totale abbiamo previsto risorse disponibili per 3 miliardi e 713 milioni, i fondi dei comuni ne sono una parte consistente”. Il ministro Lupi aveva parlato invece di “oltre 2 miliardi da impiegare in tempi rapidi grazie a una task force tra ministero delle Infrastrutture e quello della Pubblica Istruzione”. Anche la trafila dunque sembrava chiara: delibere del Cipe, progettazione e approvazione nell’ente locale, finanziamento, gara, lavori, collaudo. Eppure, non tutto è filato liscio, qualcuno aveva sollevato delle perplessità, e in effetti le cose non si sono rivelate così semplici. Tanto che, a sei mesi dagli annunci, Valentina Aprea, assessore all’Istruzione della Regione Lombardia, dice a ilsussidiario.net che manca ancora una definizione delle modalità di sblocco del patto di stabilità e che nemmeno le cifre promesse hanno riscontro nella realtà. E pensare che basterebbe attuare quanto previsto dal governo Letta.
Assessore, vue dirci a quanto ammontano complessivamente i fondi a disposizione delle regioni?
A marzo, il ministro Giannini sottolineava che entro settembre, “grazie a fondi di 2 miliardi, già predisposti dal governo”, ci sarebbero state ”scuole più belle e sicure”, anche se ”l’obiettivo è di arrivare a 4 miliardi”.
Addirittura. E come è andata a finire?
Dopo il periodo degli annunci c’è quello del “fact checking” o quello dei nodi che arrivano al pettine. Il totale delle risorse stanziate, dopo le cifre roboanti, si è ridotto notevolmente. Ora gli stessi documenti del ministero ammettono che le risorse per il 2014 sono complessivamente 550 milioni, a cui si aggiunge un’autorizzazione di sblocco del patto di stabilità per gli enti locai di 122 milioni.
Siamo lontani un’infinità dalle cifre promesse.
Non solo sono molto meno dei due miliardi promessi, ma sono sostanzialmente in linea con i tradizionali finanziamenti ministeriali per l’edilizia scolastica. A meno che il ministero voglia dire che arriva a due miliardi.
Ma sono tanti o pochi, compatibilmente con le risorse che si possono raggranellare in questo momento?
Voglio solo ricordare che nel 2009 il governo Berlusconi mise a disposizione con una delibera Cipe 1 miliardo di euro per l’edilizia scolastica, più 100 milioni tramite Inail, aggiuntivi rispetto al piano ordinario di finanziamento di 300 milioni annui.
Quindi?
Oggi si tratta di fare meno annunci e di rimettere in campo un finanziamento ordinario, continuo e certo. Come tutte le Regioni hanno evidenziato nell’ultima audizione alla Camera, serve “una stabilità di finanziamenti nel lungo periodo in una logica di programmazione e non emergenziale”.
È l’unico problema?
Direi di no. C’è da evidenziare che il sottosegretario che aveva la delega, Roberto Reggi, ha lasciato l’incarico e non è stato ancora sostituito. I comuni ci chiamano perché il ministero non risponde.
Renzi aveva detto che a settembre gli studenti sarebbero entrati in istituti “nuovi e sicuri”. In Lombardia qual è la situazione, tra progetti, cantieri e lavori completati?
La Lombardia ha un finanziamento teorico di poco più di 160 milioni, di cui circa 10 milioni per #scuolebelle, poco più di 82 milioni per #scuolesicure e quasi 68 milioni per #scuolenuove (si tratta dei tre progetti paralleli pensati dal governo, ndr). Di questi sono stati spesi solo una parte dei finanziamenti per le #scuolebelle mentre gli altri sono fermi al palo. Alcuni comuni hanno deciso di avviare comunque i lavori, ma non hanno ancora ricevuto la liquidità. Come Regione Lombardia, con minore clamore, prima ancora del governo, abbiamo approvato a gennaio il piano triennale con investimenti e l’attivazione del fondo con Finlombarda.
Quindi un vostro piano di finanziamento. Come si articola?
Abbiamo messo a disposizione da subito 2 milioni per interventi urgenti. Oggi ci sono altri 32,5 milioni che si giovano dello svincolo dal patto di stabilità per il 2015 per gli enti locali. Si tratta di 11 milioni, volti alla conservazione e messa in sicurezza del patrimonio esistente, più 21,5 milioni per interventi tesi al rinnovo delle rete scolastica. Con i contributi a fondo perduto per massimo il 40% del contributo regionale ed il restante finanziamento ad interessi a tasso zero si attivano risorse complessive molto elevate. Abbiamo inserito l’obbligo di inizio lavori entro il 31 luglio 2015 per responsabilizzare gli enti locali. Da una parte diamo quindi priorità alla messa in sicurezza degli edifici, dall’altra parte andiamo a finanziare l’innovazione.
In pratica cosa significa?
Che i finanziamenti per le scuole nuove saranno erogati ai progetti di requisiti molto alti che rimandano all’avere banda larga, risparmio energetico, multifunzionalità degli spazi, all’organizzazione innovativa della scuola.
Insomma sta dicendo che farete voi quello che non fa il governo.
Definizione perfetta.
Subito dopo gli annunci del governo c’è stata l’impressione di un’incertezza complessiva non solo sui fondi, ma anche sulle procedure. È così? Dove sta il problema?
Il problema è che ci vuole rispetto per le istituzioni e per le competenze costituzionali. È un approccio populista quello di scavalcare tutti i livelli istituzionali per rivolgersi direttamente ai sindaci. Non è solo la legge a dare un ruolo di programmazione degli interventi a Regioni e comuni. Non c’è solo un accordo di agosto 2013 che rilanciava una programmazione condivisa e di cofinanziamento tra Stato, Regioni ed enti locali. C’è anche il buon senso alla base di questa governance multilivello.
La materia è molto tecnica, assessore. Può spiegare meglio questo punto?
Non si può ridurre la complessità inviando lettere ai sindaci, quando la situazione degli edifici scolastici in Italia è drammatica, come ha ribadito il XII Rapporto su sicurezza, qualità e accessibilità a scuola di Cittadinanza attiva. La cosa incredibile è che sono state inizialmente bypassate le regioni, ma poi il ministero non può prescindere da noi e dà indicazioni ai comuni di rivolgersi alle regioni. Il Miur ci chiede, ad esempio, di fare l’istruttoria per i progetti di #scuolesicure e #scuolenuove.
Vada avanti.
Il vero problema è che i finanziamenti statali sono inutili senza lo sblocco del patto di stabilità degli enti locali, che non possono spenderli. È necessario pertanto definire le modalità di sbocco del patto di stabilità e stabilire, in modo chiaro ed univoco, le modalità di liquidazione degli enti locali una volta che sono avvenute le aggiudicazioni delle procedure di gara. Il Governo, attraverso il Cipe, ha prorogato al 31 dicembre 2014 i termini entro i quali comuni e province dovranno aggiudicare gli appalti nell’ambito dell’iniziativa #scuolesicure, ma è necessario dotarsi di regole certe sulle modalità di liquidazione degli enti locali, altrimenti restano solo annunci.
A proposito di governance e di ruoli istituzionali. È attuabile un piano edilizio come quello previsto dal governo, dopo la riforma Delrio delle province?
Assolutamente sì, perché l’edilizia scolastica resta una funzione fondamentale delle province, anche se Renzi ha scritto ai sindaci, ma non ai presidenti delle province. Però è necessario, ripeto, coinvolgere le Regioni in una prospettiva di raccordo tra istituzioni, in un’ottica sussidiaria, che non può far altro che bene soprattutto quando si parla di edilizia scolastica.
Che cosa servirebbe, concretamente, per fare quello che chiede?
Ad agosto 2013 governo, Regioni ed enti locali avevano trovato un accordo, sottoscritto all’unanimità, basato su alcuni principi semplici e funzionali: avere finanziamenti ordinari e pluriennali; basare la programmazione degli interventi sulle richieste dei territori provinciali e comunali e validarla a livello regionale. Si era persino condiviso che il finanziamento fosse suddiviso un terzo a carico di ciascuno tra Stato, Regione ed ente locale. Ma oggi si sta perdendo l’occasione di uscire da un approccio emergenziale e passare ad una logica di programmazione, nonché di mantenere una condivisione tra i diversi livelli istituzionali.
(Federico Ferraù)