La Festa veneziana del Redentore, che cade la terza domenica di luglio, è stata negli ultimi anni occasione privilegiata per una riflessione approfondita che il Patriarca di Venezia offre su temi che toccano la vita concreta e quotidiana degli uomini e delle donne di oggi, sviluppati a partire dalla luce particolare che sa gettare l’antica festa religiosa e civile.
Le tematiche fin ad oggi trattate dal card. Scola sono state: L’umana sofferenza e l’opera del Redentore (2009), La famiglia italiana fonte di progresso (2008), Infrangere il tabù dell’anima per giovarci delle scienze (2007), Educare nella società in transizione (2006), La speranza del Redentore ci dona una nuova laicità (2005), Una “Civitas” per l’umanità (2004), Una speranza che non delude (2003).
Di seguito il discorso, dal titolo Bell’amore e sessualità, che il card. Angelo Scola, Patriarca di Venezia, ha tenuto ieri, domenica 18 luglio, nella Basilica del Santissimo Redentore.
1. L’immagine biblica del bell’amore
La liturgia della Festa del Santissimo Redentore ci riempie della più grande consolazione, quando afferma: «L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato»(Rm 5, 5). Dio Padre, mediante le sue “due mani” – come Ireneo di Lione chiamava il Figlio e lo Spirito Santo – si prende cura di noi e ci sostiene con la speranza che non delude (Rm 5, 5). Lieti nel Signore possiamo affrontare l’esistenza, nel suo intreccio di affetti lavoro e riposo, come figli e figlie nell’Unigenito Figlio di Dio.
L’esperienza comune ad ogni uomo traccia la via maestra per imparare questa tenera figliolanza. è la via del desiderio in senso pieno, cioè in grado di attingere la realtà, non ridotto a pura mossa interiore al soggetto. Il desiderio, in mille forme diverse, dice ad ogni uomo la necessità di essere amato definitivamente, perfino oltre la morte, e lo urge ad amare definitivamente, a sua volta. Qual è allora il criterio che verifica l’apertura totale del desiderio, consentendo questo definitivo reciproco amore?
Una suggestiva risposta ci viene dalla Bibbia: «Io sono la madre del bell’amore»(Sir 24, 18). Qui all’amore viene accostata la bellezza.
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Cosa vuol dire bell’amore? Quando l’amore è bello? Tommaso parla della bellezza come dello “splendore della verità”. Per Bonaventura la persona che “vede Dio nella contemplazione”, cioè che lo ama, è resa tutta bella (pulchrificatur).
La tradizione cristiana, con le parole del Salmo, definisce Gesù Cristo come «il più bello tra i figli dell’uomo» (Sal 45,3). Il bell’amore pertanto non è un’Idea astratta, ma la persona di Gesù, bellezza visibile del Dio invisibile, che per amore si è fatto come uno di noi. Il bell’amore imprime la sua forma in chi lo accoglie aprendolo a relazioni nuove e partecipate. Questo ci permette di dire che l’amore è bello quando è vero, cioè oggettivo ed effettivo. San Paolo, nel capitolo 5 della Lettera agli Efesini, lo rinviene nell’amore tra Cristo e la Chiesa intrecciato a quello tra il marito e la moglie (cfr Ef 5, 32-33).
2. Una nuova grammatica dell’amore?
Con la dottrina del bell’amore il cristianesimo ha dunque la pretesa di intercettare una delle dinamiche fondamentali della vita dell’uomo. Questo dato, tuttavia, non può ignorare le pesanti prove cui oggi sono sottoposte le relazioni, anche le più intime, come quelle tra uomo e donna, tra marito e moglie, tra genitori e figli. L’amore non è mai stato una realtà a buon mercato, tantomeno lo è oggi. Proprio nelle relazioni amorose si avvertono gli effetti della difficile stagione che stiamo vivendo. è mutata la grammatica degli affetti, anzitutto nel suo elemento determinante che è la differenza sessuale. E dalla sfera privata tale processo sempre più va dilagando nella stessa vita civile.
Tra quanto viene quotidianamente immesso dai codici culturali dominanti e il messaggio cristiano del bell’amore sembra essersi scavato un fossato invalicabile.
Nell’attuale e magmatico contesto culturale si può ancora ragionevolmente credere nella proposta cristiana del bell’amore?
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