Portare l’uomo su Marte e lasciarcelo per sempre. È questo il nuovo piano elaborato dalla Nasa all’interno del programma ‘Hundred-Year Starship’: l’obiettivo è colonizzare il Pianeta Rosso, ma ai coraggiosi astronauti selezionati per la missione sarà offerto un biglietto di sola andata.
Era uno dei sogni della generazione hippie, tanto che uno dei gruppi rock più famosi del periodo si chiamava proprio “Starship” o meglio “Jefferson Starship”, l’astronave di Jefferson. Incisero anche un disco in cui annunciavano la futura partenza di alcuni “fortunati” verso un pianeta dove vivere in pace lontani dalle guerre e dagli inquinamenti di una Terra ormaidestinata a scomparire. Forse qualcuno di quegli hippie è finito a lavorare alla Nasa visto che l’agenzia spaziale americana ha elaborato un progetto che li avrebbe resi felici.
Si chiama “Hundred Year Starship”, l’astronave dei cento anni ed è stato messo a punto con la Darpa, la Defense Advanced Reasarch Projects Agency. Simon Pete Worden, direttore del centro di ricerche Ames della Nasa spiega che lo scopo del programma è orientato a rendere ospitali altri mondi.
Per far ciò un investimento alquanto esoso (100mila dollari per la Nasa, un milione per il Darpa). La Nasa spera di coinvolgere nel progetto anche benefattori, milionari che possano essere interessati a una vita nello spazio. Uno di questi potrebbe essere il fondatore di Google, Larry Page, che si è già dichiarato interessato. Ma la particolarità del progetto è una: creare una colonia permanente su Marte: chi prenderà parte alla spedizione non farà più ritorno a casa.
I “coloni”, una volta giunti sul pianeta rosso, lo dovranno rendere abitale, creando risorse d’acqua e di cibo e quindi renderlo una sorta di base spaziale da dove in futuro partire per colonizzare altri pianeti e mondi lontani.
L’ESEMPIO DI STAR TREK – Pura fantascienza? Mica tanto, perché alla Nasa si dicono convinti di spedire i coloni su Marte già nel 2030, tanto che hanno cominciato a reclutare psicologi che testino i candidati, gente che deve essere ben consapevole in che condizioni andrà a vivere e soprattutto che non rivedranno più parenti e pianeta Terra. Il fatto è che gli scienziati spaziali hanno realizzato che la maggior parte dei costi delle missioni spaziali è quella relativa al ritorno a casa: facendo un viaggio di sola andata si risparmierà un bel po’.
Dirk Schulze e Paul Davies due scienziati esperti sull’argomento missioni spaziali, hanno spiegato in un articolo uscito in questi giorni sul “Journal of Cosmology” che i motivi dietro il successo di una tale spedizione sono essenzialmente due: “La maggior parte delle spese” scrivono “sono quelle del ritorno sani e salvi da una missione spaziale e l’atterraggio della navicella”. Lasciare poi le persone su Marte, aggiungono “consente di realizzare una colonizzazione a lungo termine ben differente dai un viaggio andata e ritorno”.
Nelle loro parole, questo progetto è paragonabile ai coloni europei che per primi si stabilirono nel nord America. Alla Nasa lavorano anche su nuovi sistemi di consumo delle astronavi, ad esempio la propulsione avanzata che permetterebbe di ridurre il consumo di carburante, e sistemi di propulsione elettrica. L’idea per questi motori? Mica complicati studi scientifici, ma l’osservazione dei filmati del telefilm Star Trek. Ha infatti spiegato Worden: “Chiunque guardi la nave spaziale Enterprise di Star Trek, avrà notato che da essa no fuoriescono lingue di fuoco. Nel giro di pochi anni saremo in grado di costruire il primo prototipo di nave spaziale che viaggerà tra i mondi”.
– “C’è vita su Marte?” si chiedeva David Bowie in una sua famosa canzone, anni fa. La domanda oggi da porsi è invece un’altra: è possibile vivere su Marte? Per lasciare delle persone lassù senza possibilità di ritorno, è implicito che ciò sia possibile. Mica tanto. Simon Worden risponde così: “Non ho la più pallida idea se si possa vivere su Marte”: Worden ha una visione radicale del futuro: “Credo che invece che cercare di replicare il modus vivendi del nostro pianeta, dobbiamo inventarcene uno del tutto nuovo. La biologia sintetica offre delle strada, ad esempio. Dobbiamo pensare a modificare la vita, compreso il genoma umano, in modo che possa adattarsi a Marte”.
La prima parte della spedizione prevede che i futuri colonizzatori si fermino su alcune delle lune che ruotano attorno a Marte, in modo da studiare prima da lì le condizioni di Marte e solo in un secondo tempo si procederà con la colonizzazione del pianeta. Secondo Schulze e Davies ritengono che l’approccio giusto sia quello di cominciare mandando quattro astronauti soltanto su Marte. Secondo alcuni studi effettuati, il costo di mandare su Marte andata e quindi ritorno 20 astronauti equivale a quello di mandare quattro solo andata. Ma si troveranno quattro persone convinte di passare il resto della loro vita su Marte? Secondo gli studiosi sì.
L’importante è ritrovare lo spirito che animò Cristoforo Colombo e i grandi esploratori e scopritori dei continenti, secoli fa. Quando il progetto è stato esposto per la prima volta, numerosi appartenenti ala Nasa si sono detti disponibili al viaggio senza ritorno. “Dovrà essere una missione sostenuta a livello internazionale” dicono Schulze e Davies “perché possa funzionare”. Lo stesso Schulze si è detto disponibile, ma a un conto: che prima suo figli finisca gli studi…
– Per Schulze e Davies, colonizzare Marte ha molti punti di interesse per gli uomini. Avere una base permanente e abitabile sul pianeta, sarebbe un autentico rifugio per la razza umana in caso di catastrofi tali che obbligassero ad abbandonare il nostro pianeta madre. Marte poi offre condizioni di vita accettabili perché è simile alla Terra: possiede una forza di gravità moderata, atmosfera, acqua abbondante e carbon diossido insieme a un vasto gruppi di minerali.
Dopo Venere, è il pianeta più vicino alla Terra e un viaggio verso di lui dura circa sei mesi. Dove vivranno i primi colonizzatori? Secondo Schulze e Davies, inizialmente ci sarà bisogno di caverne o comunque posti riparati: “Marte” scrivono “ha una gran quantità di caverne naturali e alcune di esse sono localizzate nei pressi di quello che era l’oceano settentrionale. Questo significa che i colonizzatori potranno creare depositi di ghiaccio simili a quelli che si fanno sulla Terra. Siccome Marte non ha uno scudo dell’ozono e nessun riparo magentico, caverne ghiacciate potrebbero offrire riparo dalle radiazioni ultraviolette e ioniche”.