Anche se la concentrazione di anidride carbonica in atmosfera si stabilizzasse sui livelli attuali, il livello del mare continuerebbe a salire. Lo sostengono gli autori di uno studio pubblicato su Nature Geoscience, condotto dal Centro nazionale di oceanografia di Southampton (Nocs), con l’università di Tubinga (Germania) e di Bristol, prospettando un innalzamento addirittura di 25 metri nei prossimi due millenni. La previsione si basa su considerazioni legate alla storia geologica del Pianeta a partire dalla constatazione che le fluttuazioni del livello marino di oggi assomigliano a quelle di 3,5 milioni di anni fa.
Abbiamo chiesto un commento a questi dati impressionanti a Fabrizio Antonioli che dal 1989, presso il Dipartimento Ambiente dell’ENEA si occupa di risalita del livello del mare e neotettonica costiera.
Anche se il periodo considerato è lungo, quelle contenute nello studio pubblicato su Nature Geoscience non le sembrano previsioni esagerate?
Le previsioni non mi sembrano esagerate, anche se i margini di errore sono notevoli. Gli autori (tra i migliori ricercatori del mondo sul livello del mare) non parlano di 25 metri: dicono che le previsioni dell’IPCC ((Intergovernmental Panel on Climate Change) per i prossimi millenni, che parlano di un innalzamento di 7 metri, potrebbero essere sottostimate dalle tre alle quattro volte. È bene tenere presente che le coste Italiane presentano in tutte le zone stabili un evidente solco di battente marino posizionato a 7 metri sopra il livello del mare, tale solco corrisponde all’ultimo periodo caldo occorso sulla terra 125.000 anni fa, con un contenuto di CO2 di 280 parti per milione: oggi siamo arrivati a 387. È bene anche ricordare che in 18.000 anni i mari si sono sollevati di 140 metri.
Come è possibile fare previsioni a così lungo termine, e che valore possono avere?
Queste previsioni si basano sul lavoro pionieristico del grande matematico Milutin Milankovitch, sulle carote glaciali perforate in Antartide e su numerosi punti di controllo del livello del mare occorso negli ultimi 300.000 anni. Uno di questi punti (citato anche dagli autori dell’articolo) si trova in Italia ed è una stalagmite sommersa contenente livelli marini i cui risultati sono stati recentemente pubblicati su Nature Geoscience.
Gli autori dello studio fanno un confronto con la situazione di 3-3,5 milioni di anni fa: qual è il valore e gli eventuali limiti di simili confronti?
È proprio paragonando i parametri fisici attuali con quelli del passato che è possibile raggiungere dei risultati scientificamente validi.
È possibile stabilire un rapporto sistematico tra temperatura globale e innalzamento del livello del mare?
Le carote glaciali (cilindri di ghiaccio campionati fino a 2.500 metri di profondità) o i reef corallini fossili o le stalagmiti oggi sommerse dal mare o le carote di fanghi batiali campionate sul fondo degli oceani ci permettono (con dei margini di errore) di tracciare delle comparazioni tra temperatura e livello del mare. Esistono però altri fattori geofisici, oltre alla temperatura, che procurano variazioni relative del livello dei mari (isostasia e tettonica).
Quali sono le previsioni di innalzamento del livello dei mari per i prossimi 50 e 100 anni?
Abbiamo a disposizione le previsioni globali IPPC che ci danno valori compresi tra i 18 e i 59 centimetri di innalzamento atteso tra cento anni. Queste però sono valutazioni globali. Il mare Mediterraneo per esempio, negli ultimi 50 anni si è innalzato molto meno rispetto agli altri Oceani. In compenso sono in atto in alcune aree costiere italiane movimenti geofisici che risultano molto consistenti e che si sommano a quelli dovuti al riscaldamento del pianeta. Una mappa che somma tali movimenti per l’Italia è stata pubblicata on line dall’Enea.