Se non fosse perché è un tema decisivo per la posizione umana di qualsiasi uomo di cultura del nostro tempo, non si dovrebbe più intervenire in merito al significato della razionalità. L’ho già fatto in altri articoli, in uno dei quali mi appoggiavo ad Albert Camus per porre qualche interrogativo a Claudio Magris che, sul Corriere della Sera di fine agosto 2012, guardava con sufficienza il parlare di infinito al Meeting di Rimini, insinuando che di temi importanti come quello dell’Assoluto si potesse discutere solo con gli strumenti della scienza esatta: la scienza moderna.
Non si riesce a capire perché alcune persone utilizzano come arma di intimidazione per zittire chi vuol porre domande su argomenti rilevanti l’esattezza che qualcun altro indica come oggettività scientifica. A mio modo di vedere all’interno di un dialogo l’autorità della scienza moderna, così come quella di qualsiasi altro sapere, dovrebbe restare un contributo al dialogo e non essere la parola che mette fine allo stesso. La scienza moderna, infatti, quella (per intenderci) che si basa sull’osservazione della natura attraverso il metodo sperimentale e che perviene alla formulazione di leggi matematiche, non è l’unico tipo di conoscenza possibile per interrogare la realtà, essendoci anche la filosofia, la fede, l’arte.
Al danno intellettuale che ho appena descritto, oggi segue però anche una beffa, consistente nel sostenere, come si evince da un articolo di Paolo Musso pubblicato su queste pagine, che proporre quello sperimentale come il metodo migliore per conoscere il reale porterebbe a una società più tollerante: la dittatura mediatica e tecnocratica realizzata da Beppe Grillo sarebbe, infatti, secondo Musso, la conseguenza dell’abbandono della convinzione della superiorità del metodo scientifico sperimentale rispetto a qualsiasi altro tipo di conoscenza.
Io penso invece che sia vero proprio il contrario (e cioè che l’equazione tra scienza moderna e conoscenza sia amica e non nemica di Grillo), in quanto la condizione di possibilità di internet è la prima e più importante applicazione ed estensione della scienza moderna che porta il nome di tecnica e che, proprio nel caso della rete, è arrivata a un livello pervasivo dell’uomo e della realtà.
Non so come la pensa Musso, ma a me sembra che la tolleranza e la razionalità alle quali conduce la scelta del metodo scientifico moderno come metodo migliore per leggere la realtà siano quanto meno discutibili, trattandosi cioè di quella tolleranza e di quella razionalità che animano il dibattito a favore della fecondazione artificiale, dell’ingegneria genetica e del matrimonio tra omosessuali: un dibattito che non avrebbe senso se si togliesse il presupposto indimostrato che il corpo umano è riducibile scientificamente (galileianamente e cartesianamente) alla sua dimensione biologica.
Il problema come si vede, è (purtroppo) di portata ben più ampia rispetto al dibattito intorno a Grillo e lo stesso Musso ne è forse consapevole, o almeno il volerlo credere tale mi sembra l’unico modo per dare un senso al suo tirare in ballo (nella seconda parte dell’articolo) quel grande critico della scienza moderna che fu Karl Popper: altrimenti, come interpretare la sua lettura di Popper nei termini di un relativista epistemologico e soprattutto di uno che non distingueva tra astronomia e astrologia?
Non sto certo dicendo che la scienza moderna non abbia un suo ambito legittimo di validità, ma, proprio per questo, bisogna capire di cosa si parla quando si parla di scienza moderna. E allora, perché non riconoscere a Popper almeno il merito di aver (ri)detto che il metodo scientifico sperimentale non è valido sempre e comunque, in quanto la generalizzazione di esperienza sulla quale si basa non sempre autorizza a formulare una legge? Il fatto di aver sempre visto cigni bianchi non autorizza a pensare che tutti i cigni siano bianchi… Detto in altri termini: l’ambito del vero è ben più ampio di quello che la scienza riesce a conoscere e la scienza ha la missione di avvicinarsi sempre più alla verità, ma nella consapevolezza di non riuscire mai a raggiungerla pienamente.
Del resto, che fosse possibile studiare la natura attraverso il metodo sperimentale era un qualcosa di assodato fin dal XIII secolo (Galileo non ha inventato il metodo sperimentale), ma non per questo, nel Medioevo, si riteneva di poter dire che tale metodo dovesse valere per tutti gli ambiti del sapere. Colui che, invece, operò tale estensione fu Cartesio: egli riprese l’idea di Galileo, secondo la quale tutto ciò che nella realtà non può essere misurato è un’affezione della sensibilità umana, aggiungendo che fosse anche un’idea confusa. Se avesse avuto a disposizione internet, avrebbe detto che tutto ciò che non entra nella rete non esiste? Non lo so, ma sono sicuro che, se l’avesse detto, Grillo sarebbe stato d’accordo con lui.