Il 1° gennaio tradizione vuole che si segua il concerto di Capodanno trasmesso dalla Sala d’Oro degli Amici della Musica di Vienna, il cui pezzo forte sono i Valzer di Strauss. Un po’ come accade dopo l’Epifania, alla ripresa delle lezioni, quando molti studenti sono presi nel turbine dei valzer di supplenti, il cui susseguirsi, spesso, subisce una brusca accelerazione di ritmo proprio a gennaio. Da qui malumori e nervosismo delle famiglie e spaesamento degli studenti, specie dei più piccoli, che devono abituarsi a un nuovo professore, con nuove modalità di rapportarsi alla classe; ma c’è anche, ricordiamolo, un notevole spaesamento dei supplenti, catapultati in classi che hanno già abitudini consolidate.
Tutti noi insegnanti siamo stati supplenti, chi più fortunato, capace di conquistarsi da subito supplenze annuali, chi meno, costretto a peregrinare di incarico in incarico, anche solo di poche settimane, pur di totalizzare punteggio; e quasi tutti, almeno una volta, abbiamo tutti sperimentato il disagio di entrare in classe ad anno già iniziato. Cerchiamo dunque di chiarire alcuni punti, pur nella consapevolezza che nemmeno chi nella scuola ci lavora da anni può a volte capire appieno.
A scuola ci sono docenti di ruolo, tendenzialmente incardinati in un istituto, e supplenti annuali. Questi, molto ridotti di numero dopo la grande infornata di immissioni in ruolo (oltre 100mila) dell’ultimo biennio, hanno di norma un punteggio abbastanza alto per ambire a una supplenza da settembre sino a fine giugno, o, per i più fortunati, sino a fine agosto (l’anno scolastico, ricordiamolo, finisce il 31/8). Ma non sempre la situazione è così lineare: per tutti i posti non coperti, e per gli spezzoni orari, specie i più risicati (4 ore, 3 ore) che danno punteggio ma il cui compenso è ridotto (nella scuola secondaria la cattedra completa è di 18 ore settimanali), si procede con l’assegnazione dalle graduatorie di istituto. Esse sono rinnovate periodicamente, e quest’anno era appunto quello del rinnovo. Sarà la crisi economica, sarà il degenerare dei rapporti di lavoro nel privato, ma la scuola ultimamente sembra avere ripreso a esercitare notevole forza attrattiva: per cui la scorsa estate, in occasione della riapertura delle graduatorie di istituto, coincidente con i giorni di fuoco dell’esame di Stato, le segreterie hanno rischiato di andare in tilt, tanto alto è stato il numero di non abilitati, anche provenienti dal mondo delle libere professioni (avvocati, architetti, psicologi, interpreti etc.) che hanno pensato di proporsi come aspiranti supplenti, producendo domanda su un numero di massimo venti scuole.
Il che comporta in primis lungaggini nello stilare le graduatorie: per cui, se ci sono ore residue in una materia che non possono essere coperte da docenti dell’organico potenziato, o cattedre scoperte per maternità, o malattia, o spezzoni orari, si nomina spesso un supplente “sino ad avente diritto”. Cioè: a settembre per alcune materie — ahimè, a volte anche nel sostegno — si nomina un supplente da graduatorie che dovranno essere rettificate. Il lavoro di compilazione è immane e consiste nell’incrociare tutte le graduatorie: già, perché non tutti gli aspiranti professori scelgono le stesse scuole, e chi risulta fra i primi aspiranti per una materia a Gorgonzola, potrebbe avere un punteggio bassissimo negli istituti di Monza: la scelta delle venti scuole è un delicato gioco d’azzardo al cui confronto roulette e blackjack sono bambinate. Poi, revisionate le graduatorie, può darsi che Paolino Paperino, che a ottobre è entrato in classe in nell’istituto X, risulti in posizione subordinata rispetto a Gastone Paperone, che potrebbe quindi legittimamente subentrargli.
Ma, attenzione: forse, nel frattempo, Gastone Paperone ha avuto un incarico nell’istituto Y di un altro comune, per lui più comodo, oppure ha avuto un incarico non temporaneo, ma una supplenza annuale dalle graduatorie a esaurimento; oppure è entrato in ruolo, magari in un’altra regione, diversa da quella dell’istituto X e Y, come vincitore di concorso. E Paolino Paperino come può sapere, accettando una supplenza magari su spezzone, ma di una materia per cui ci sono poche cattedre (pensiamo a scienze umane o a greco), che non sarà sostituito in corso d’anno?
Non può saperlo, il più delle volte, a meno che non si sia scelto una sede defilata e scomoda, magari in una piccola cittadina non bene collegata al capoluogo di provincia. Normalmente sono troppe le variabili, e troppi i candidati in graduatoria d’istituto, per fare previsioni sensate. Ma anche Paperino, nel caso d’una proposta di incarico che sia “migliorativa” (che per esempio passi da 4 ore a 18 ore) rispetto a quello accettato a settembre, potrebbe cambiare sede. Insomma: troppe variabili congiurano contro la continuità didattica. E il preside, ovvero, il dirigente scolastico? Unico caso di dirigente del comparto pubblico che del suo ruolo ha molti oneri e pochissimi onori, non può che vigilare perché siano scrupolosamente seguite le regole sempre più ipertrofiche che regolamentano l’assegnazione delle supplenze. E farsi spesso il segno della croce.