Forse si sta arrivando finalmente alla conclusione del lungo e tortuoso percorso di approvazione del regolamento sulla formazione dei docenti. È un provvedimento importante e urgente, anzi urgentissimo. L’Italia è in questo momento è tra i pochi paesi occidentali che non possiede un percorso istituzionale di formazione dei futuri docenti.
Ciò nonostante, se si intende mettere mano pesantemente all’impianto del provvedimento, si rischia ancora di allungare i tempi. Il regolamento prodotto dalla Commissione presieduta dal prof. Israel non è stato infatti gradito da alcuni esponenti politici, anche dell’area di governo. Se si analizza la prima stesura del progetto di legge Aprea si può facilmente verificare come essa tendesse ad essere omnicomprensiva, a legare direttamente il percorso di formazione al sistema di reclutamento e ad un nuovo status giuridico dei docenti. La proposta parallela presente nel regolamento sulla formazione ha costretto Aprea a rivedere il testo originario e a stralciare tutta la parte inerente l’organizzazione della formazione puntando sulla questione del reclutamento, dello status giuridico dei docenti e sulla riforma degli organi collegiali. Un conflitto che apre contraddizioni e che può ritardare l’approvazione del regolamento.
È in ogni caso da porre in rilievo il contesto difficile in cui si collocano sia il regolamento sulla formazione dei docenti che le ipotesi di riordino del reclutamento e dello status giuridico dei docenti. Il peso della crisi, le scelte di riduzione delle risorse nel campo dell’istruzione e della formazione, le frettolose e confuse riforme dell’ordinamento scolastico non stanno agevolando il futuro avvio della formazione, che abbisogna di risorse specifiche per il suo avvio con il coinvolgimento dell’università e delle scuole in una prospettiva di nuovo rapporto sinergico e di collaborazione.
In sede di audizioni parlamentari abbiamo espresso, come Centro Studi della Gilda degli Insegnanti un parere nel complesso positivo rispetto all’impianto del provvedimento, ma abbiamo evidenziato anche alcune incongruenze e debolezze che possono e devono essere risolte con grande urgenza, anche mediante ulteriori regolamenti delegati che possono essere posti in approvazione in tempi rapidi e con iter abbreviati.
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In particolare abbiamo considerato sicuramente apprezzabili nel provvedimento:
1. il peso più consistente riconosciuto al sapere disciplinare e l’attenzione alle modalità della didattica disciplinare;
2. la definizione con maggiore chiarezza dei percorsi di formazione; la previsione di cinque anni per la scuola dell’infanzia e per la scuola primaria è di garanzia per il riconoscimento di un ruolo unico dei docenti;
3. il superamento dell’esperienza delle SSIS, che hanno creato ulteriori aspettative e tensioni nell’ambito del precariato della scuola;
4. il riconoscimento delle figure di tutoraggio, legate sempre all’insegnamento attivo, sia a livello di formazione universitaria che nei singoli istituti scolastici;
5. la previsione di un numero chiuso programmato per le varie aree disciplinari e per la scuola dell’infanzia e primaria; tuttavia si ritiene che la quota prevista all’art. 5, che definisce una maggiorazione del 30% del limite programmato degli accessi, debba essere ulteriormente aumentata anche per garantire la libertà individuale di scelta dei percorsi universitari.
Il provvedimento in analisi ha per oggetto la formazione, non il reclutamento. È un dato importante. L’abilitazione è un titolo che, pur con un’approssimativa programmazione dei numeri di accesso, non può automaticamente legittimare l’assunzione negli organici della scuola statale e pubblica in generale. Da qui è necessario immaginare modalità serie di reclutamento dei docenti a tempo indeterminato nello Stato partendo dalla necessità di programmare l’organico dei docenti dei vari ordini di scuola a livello regionale e/o provinciale. La Costituzione prevede che lo strumento per l’assunzione nel pubblico impiego sia il concorso pubblico. Dopo la formazione abilitante è necessario quindi prevedere forme concorsuali pubbliche per l’assunzione in cui è fondamentale reclamare un ruolo preponderante dei docenti in servizio attivo.
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Restringere eccessivamente il numero di accessi alla formazione abilitante può determinare elementi di selezione preventiva che porterebbero a legittimare aspettative al conseguimento quasi automatico all’abilitazione da parte di chi supera le prove di accesso, situazione che ha caratterizzato spesso l’esperienza non positiva delle SSIS. Si ribadisce che il titolo abilitante non deve determinare nessun automatismo nel reclutamento e che il titolo abilitante deve essere conclusione di un percorso in cui la selezione deve avvenire in itinere e soprattutto nella fase finale caratterizzata dall’esperienza di tirocinio.
Non ci convincono, invece, del disegno di legge i seguenti aspetti e sui quali riteniamo necessaria una opportuna e rapida revisione:
1. non è accettabile che la nomina del tutor per i tirocinanti sia affidata alla discrezionalità dei dirigenti scolastici senza definire formalmente e con modalità precise un albo regionale dei docenti tutor; mancano, inoltre, riferimenti a requisiti necessari per accedere alla funzione così come le indicazioni sul ruolo dei Collegio dei docenti o dell’attuale Comitato di valutazione;
2. rimane aperto il problema della ridefinizione delle classi di concorso soprattutto per le scuole superiori, con il rischio di una eccessiva ampiezza degli sbocchi delle lauree; il provvedimento deve essere quindi tarato sulla definizione delle future classi di concorso introducendo modelli di implementazione dei crediti formativi necessari all’insegnamento di discipline confluenti in nuove classi di concorso;
3. c’è una accentuazione degli aspetti accademici dell’organizzazione della formazione, aspetti che possono penalizzare fortemente il peso della valutazione del tirocinio da parte delle scuole nella fase della valutazione finale. Si propone pertanto di rafforzare il ruolo dei docenti e delle scuole soprattutto nei Tirocini Formativi Attivi;
4. si pone poco l’accento sulle competenze relazionali in presenza di portatori di handicap, competenze che dovrebbero, pur solo come base, essere comuni a tutti i docenti;
5. bisogna implementare il provvedimento inserendo percorsi di formazione specifica per gli Insegnanti Tecnico Pratici (anche con lauree triennali). La loro mancanza o carenza appare paradossale proprio quando aumentano i riferimenti alla centralità della didattica laboratoriale descritta nella riforma in atto;
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6. nelle possibilità di ammissione “in soprannumero al tirocinio” il provvedimento proposto prevede il privilegio per tutti coloro che abbiano conseguito un dottorato di ricerca o abbiano svolto per almeno due anni attività di ricerca scientifica nelle università; pur comprendendo i problemi di ricollocazione del personale impegnato nei dottorati di ricerca in vista dell’attuazione della riforma delle istituzioni universitarie, non è condivisibile prevedere che personale che può non avere mai affrontato problemi e contenuti inerenti la didattica nella scuola primaria o secondaria possa automaticamente essere inserito nel percorso di tirocinio;
7. mancano i riferimenti alla situazione dei docenti non abilitati che stanno già insegnando nella scuola; appare invece necessario ammettere “in soprannumero al tirocinio” nella fase transitoria i docenti non abilitati della scuola secondaria che già stanno insegnando nelle scuole pubbliche a seguito di regolare assunzione con contratto a tempo determinato. In conformità con il parere del CNPI e del Consiglio di Stato, si propone che l’ammissione operi di diritto con la presenza di un periodo di insegnamento di almeno 360 giorni effettuati, a nostro avviso, a partire dall’a.s. 2004-05. Resta fermo in ogni caso il principio relativo all’opportunità di adeguati livelli di selezione in uscita per chi effettua il percorso dei TFA. Non consideriamo opportuno invece prevedere percorsi agevolati all’accesso al tirocinio per i docenti non abilitati della scuola dell’infanzia e della scuola primaria, visto che da dieci anni è vincolante per il conseguimento dell’abilitazione la laurea nella formazione.
Pur con tutti di distinguo e le osservazioni critiche, consideriamo il regolamento un necessario passo in avanti rispetto alla situazione caotica che ha contraddistinto i percorsi di formazione e poi di reclutamento degli ultimi decenni. Siamo passati dal concorso ordinario ai corsi abilitanti, ai concorsi riservati, alle SSIS che sono diventate spesso occasione di speculazione per le università.
Definire chiaramente percorsi universitari, tirocini attivi nella didattica come elemento essenziale della formazione è dare certezza ed uscire da una situazione desolante che ha determinato spesso un abbassamento della qualità dell’insegnamento. Coniugare il processo di formazione e l’abilitazione ad un serio sistema di reclutamento fondato su logiche concorsuali selettive è la scommessa per l’immediato futuro.
Intanto abbiamo perso due anni senza dare risposte ai giovani che vorrebbero consapevolmente fare l’insegnante nella loro vita.