Durante l’ultimo week-end si è tenuto a Pacengo di Lazise l’annuale Convegno Nazionale della Cdo Opere Educative, che ha proposto ai rappresentanti della scuole associate (gestori, presidi, docenti) un tema caro fin dalla fondazione dell’associazione e che trae origine dall’insegnamento di don Giussani: “scopo della scuola è l’educazione della persona”, un convegno ricco da un punto di vista delle motivazioni ideali che debbono muovere al lavoro con passione educativa i responsabili delle scuole aderenti; valido, ma meno ricco del solito nella parte “politica”, anche in considerazione del particolare momento post elettorale, senza ancora la presenza di una maggioranza e di un Governo di riferimento.
L’apertura dei lavori ha voluto porre subito l’attenzione sul tema attraverso interventi esperienziali di tre gestori, che hanno voluto mettere sul tavolo della discussione e dell’approfondimento alcune positive provocazioni per far capire che il modo in cui si deve intendere “il fare scuola” deve andare oltre il pur ottimo obiettivo di una scuola che funzioni, che è ben organizzata e che riesce a far raggiungere ai propri studenti buoni livelli di apprendimento; il fare scuola deve sempre avere, nella sua azione, quale punto di riferimento costante – oserei dire quale chiave di lettura di ogni azione didattica -, l’educazione della persona-studente. Per questo è fondamentale innanzitutto capire perché, oggi, le famiglie affidano alle loro scuole i propri figli addossandosi, spesso con fatica, il costo delle rette di frequenza.
Da qui l’intervento di Rosario Mazzeo che sulla base dello slogan “la nostra deve essere la scuola dell’attenzione e non della protezione” pone l’accento sull’indispensabile obiettivo dell’autonomia e della crescita dello studente avendo come scopo il bene di ogni alunno, il renderlo più consapevole del suo destino di vita, il far si che si scopra sempre più come soggetto libero che capisce quanto la sua educazione nella scuola passa attraverso lo studio, anche quando ti “costringe a studiare”.
Matteo Volpi ha messo maggiormente l’attenzione sulla necessità che la scuola sia una “comunità educante”, un insieme di persone con la propria responsabilità che consideri i genitori non come “clienti”, ma come elementi fondamentali del processo educativo e che in questo debbono essere coinvolti. Una attenzione, ricorda Giulio Panini, va posta ai problemi di crescita cui non sono immuni le scuole che da un inizio con pochi alunni e poche classi, nel tempo, sono cresciute raggiungendo dimensioni con decine di insegnanti, molte classi e qualche centinaio di studenti; al fine di non perdere di vista lo “scopo” o che questo non sia motivazione solo per una parte dei docenti.
Da qui l’opinione condivisa della necessità per tutti coloro che vi operano di ricomprendere nuovamente lo scopo per cui si lavora insieme e ridefinire una “mission” comune in cui tutti siano partecipi, così come diventa altrettanto necessario che in ogni istituzione sia presente una figura di riferimento (rettore) che sia più consapevole degli altri dello scopo, ne diventi il garante condividendolo con gli adulti della scuola (genitori e docenti), proponendo un metodo e favorendo la cooperazione.
Il secondo step del convegno si è occupato di temi istituzionali di forte attualità: valutazione e parità. “La valutazione. Conoscere per crescere” il titolo proposto. Il primo intervento di carattere tecnico lo ha tenuto Tommaso Agasisti che con puntualità ha messo in evidenza, con dati alla mano, le note differenze dei livelli di apprendimento su base territoriale delle diverse zone del Nostro Paese (fino ad arrivare ad un enorme gap di 22 punti tra Nord Est ed Isole, dati Iea), nonostante i voti ufficiali degli esiti degli esami di Stato siano uguali, ed il falso tabù di una proporzionalità diretta tra spesa per l’istruzione e livelli di apprendimento poiché i dati internazionali indicano il contrario (Italia: alta spesa pro capite e basso livello, Finlandia: media spesa pro capite ed alto livello). Ha dedicato inoltre una parte del suo intervento a dare ai responsabili delle scuole presenti “indicazioni didattiche” circa la lettura dei dati Invalsi e l’uso che ogni scuola può farne per conoscersi meglio e per utilizzarli al fine di un piano di miglioramento della propria scuola.
Prendendo spunto dal provvedimento varato il giorno 8 marzo dal Consiglio dei ministri, coglie l’occasione per darne un giudizio positivo soprattutto per la scelta di puntare non solo alla valutazione del sistema, ma alla valutazione di ogni singola scuola, ritenendo importante che ogni scuola valuti la propria situazione e la propria realtà e che confrontandosi con i dati di sistema messi a disposizione dal Ministero sappia comprendere meglio il suo posizionamento e gli eventuali margini di miglioramento.
Ha chiuso il suo intervento con la lettura provocatoria di una frase di Domenico Starnone (tratto da Ex Cattedra e altre storie di scuola, 2011) riferita ad una sua studentessa: “Scriverei (di lei), mi sono detto: spirito ribelle, intelligente, colta come questa scuola non riuscirebbe a render colti in cent’anni: sarebbe stata così anche se io non fossi mai stato suo insegnante”, trasformandola nell’auspicio che il lavoro di ognuno di noi non sia così, ma, svolto con passione, possa incidere ed aiutare alla propria crescita ognuno dei nostri studenti.
Nel secondo intervento sulla valutazione il Sottosegretario Elena Ugolini, partendo dalla citazione di una frase di Marilyn Monroe: “lascio agli altri la convinzione di essere migliori, per me tengo la certezza che nella vita si può sempre migliorare”, ha subito evidenziato che in una scuola in cui troppo spesso preconcetto ed ideologia valgono più dell’evidenza, un sistema di valutazione diventa fondamentale e la scelta, fatta dopo una decina di anni di elaborazione, di introdurlo formalmente per tutte le scuole, potrà essere occasione di svolta per il miglioramento complessivo della nostra scuola. Ha indicato quelli che, a suo avviso, sono i nemici del miglioramento: la presunzione (meglio di me non c’è nessuno) e la parzialità (non tener conto di tutti i fattori della realtà), contrapponendoli a quelli che considera gli amici del miglioramento: convinzione che si può sempre migliorare (categoria della possibilità) e desiderio di paragonarsi (c’è sempre qualcuno da cui imparare).
Il titolo scelto “conoscere per crescere”, ribadisce, evidenzia tutta l’importanza della valutazione partendo dall’importanza di conoscere i propri punti di forza e di debolezza, confrontandosi con elementi esterni, ma l’importanza maggiore sta nell’approccio all’autovalutazione (prima fase prevista dal Ministero) poiché se non è vista come strumento utile a crescere e migliorare, diventa solo una pesante ed inutile fardello burocratico.
Dopo aver sinteticamente relazionato il percorso che a partire dal 2001 ha portato all’attuale provvedimento e come i dati emersi nelle diverse sperimentazioni e nelle prove di esame di terza media hanno evidenziato quanto i livelli di apprendimento in molte realtà peggiorano dopo la classe seconda della scuola primaria, pur partendo da analoghi livelli di partenza nazionali, ritiene sia giunto il tempo di avviare interventi che portino a ridurre e, nel tempo, a eliminare queste disparità che dietro il manto dell’equità nascondono una grande ingiustizia sociale.
Nella seconda parte, dopo il Saluto del presidente dell’Agesc Roberto Gontero che ha posto l’attenzione sui problemi legati all’inserimento delle spese per l’istruzione nel redditometro, ricordando la recente risoluzione del parlamento europeo del 4 ottobre 2012, e la presentazione del presidente Marco Masi, che ha elencato i dati statistici (alunni, scuole) che danno la misura della presenza della scuola paritaria, e auspicato che nel breve periodo si riesca a mantenere almeno il livello esistente dei contributi stanziati per il 2012/13, ha avuto inizio l’attesa tavola rotonda politica sul tema della parità nelle sue implicazioni normative e finanziarie che rischia, in questa fase di crisi economica, di portare alla chiusura diverse istituzioni.
Nel suo intervento l’on. Giuseppe Fioroni (Pd) ha posto l’accento sulla complessità e sulle aumentate difficoltà a far decollare l’accettazione dell’opinione che la scuola paritaria svolga un servizio pubblico, nonostante la vigente legge 62/2000, consigliando di evitare di spingere sui “soliti temi” legati al diritto alla libertà di educazione ed alla piena parità perché potrebbero provocare reazioni politiche tali da far rimpiangere le limitate conquiste fatte.
Non vanno dimenticate ad esempio anche norme assai recenti quali quelle che hanno portato a finanziare le attività di recupero per gli studenti di scuola statale ma non per quelli di scuola paritaria, discriminando il diritto allo studio, altre ad essere lesive del principio di parità. Ha proseguito nel suo intervento comunicando che vi è una pericolosa discussione in atto che punta a ridurre del 60% il già ridotto intervento finanziario dello Stato a favore della scuola paritaria e ritiene che vada ripristinato il diritto dello Stato ad erogare direttamente i contributi stanziati, ritenendo un errore l’attuale situazione, derivata dal ricorso della Regione Veneto, di porre in capo alle Regioni questa competenza con il rischio di una loro discrezionalità nella definizione dei criteri, oltre a tempi più lunghi per l’erogazione stessa.
Fioroni si è rammaricato che sia stata smantellata l’anagrafe delle scuole paritarie che lui aveva istituito poiché è come formalizzare che la scuola paritaria non fa parte del sistema. Ha deplorato che nel redditometro si considerino le spese per l’istruzione e ha ricordato che non è responsabilità del Presidente Monti, che non è una svista, ma purtroppo l’elaborazione di un pensiero e ha sostenuto che occorra concedere l’esenzione dell’Imu solo alle “vere scuole”.
Nel suo intervento, l’on Raffaello Vignali (Pdl) ha condiviso la preoccupazione espressa da Fioroni circa la necessità di operare affinché non si facciano passi indietro sul considerare la scuola paritaria scuola pubblica, facente parte dell’unico sistema nazionale, ed ha stigmatizzato l’errata opinione corrente, anche nel mondo politico, che tende a considerare l’istruzione un costo e non un investimento.
A suo avviso si dovrebbe puntare nel breve sulla natalità (puntando a politiche familiari) e nel medio periodo all’istruzione e premiare chi crea ricchezza: le famiglie con figli, le famiglie che investono in istruzione, le imprese che investono per lo sviluppo. Ha rivendicato interventi a favore della famiglia fatti nella legge di stabilità con detrazioni a favore di figli con meno di 3 anni o portatori di disagio e ha proposto di bloccare la modifica dell’Isee – perché premia solo il reddito, per assurdo favorisce gli evasori e non tiene conto in modo reale della famiglia – sostituendolo con altra modalità quale il fattore famiglia.
Si è detto contrario all’attuale impostazione del redditometro e del “pensiero” che sta alla base della sua impostazione (tecnocratico e ispirato a Bankitalia). Oggi sembra che “avere un figlio sia un diritto, averne due sia un lusso e la loro istruzione un extra lusso”. Ha rammentato che entra in vigore la Tares, che si basa sui metri quadri degli immobili e non sulle persone che vi abitano e che considera un errore il principio che “chi più inquina, più paga”, per assurdo anch’esso contro la famiglia dato che chi ha più figli, più “produce”. Vignali ha infine concluso ricordando ai detrattori di investimenti sulla scuola una frase posta all’ingresso dell’Università di Harvard: “Se pensi che la conoscenza costi troppo, prova l’ignoranza”.
Il presidente Masi ha concluso affermando che la difesa dell’esistente si ottiene facendo passi avanti; per questo bisogna puntare ad avere stanziamenti triennali e non più annuali. Libertà di educazione vuol dire aiuto alle famiglie: ha proposto di modificare la parte della dichiarazione dei redditi dove è indicato che la detrazione della spesa di istruzione può essere fatto solo entro i limiti di spesa sostenuti nella scuola statale.
Il Convegno si è concluso con una relazione di Marco Bersanelli. Lo scienziato ha ripreso il tema fondamentale del convegno ricordando che occorre prendere coscienza del fenomeno educativo, che l’uomo, a differenza di altri esseri viventi, ha necessità di essere seguito e curato per un lungo periodo dopo la sua nascita per diventare adulto, che la scuola è solo un elemento di questo processo, che il processo educativo non è mai finito e ci deve essere sempre la consapevolezza della propria incompletezza; che la scuola deve aiutare lo studente alla riscoperta dell’io, del suo essere uomo per acquisire la capacità di usare la sua ragione e la sua libertà.