“È un mattino di primavera. Sono circa le sei. Uscito fuori dall’aura morta infernale, Dante personaggio ha sete di cielo e di luce”.
Con queste parole Donato Pirovano, docente di Filologia italiana nell’Università di Torino, ha cominciato la sua lettura del secondo canto del Purgatorio nell’ambito del ciclo Per correr miglior acque. Letture dantesche torinesi.
L’idea di organizzare una serie di Lecturae Dantis in università nasce circa un anno fa, quando un gruppetto di miei compagni di studi ed io rimaniamo colpiti dalle lezioni del prof. Pirovano, lezioni che uniscono un altissimo livello culturale e accademico ad un’inaspettata profondità di contenuti. Dante non ci appare più semplicemente come uno dei più grandi poeti italiani (se non il più grande e il più studiato), ma il protagonista di un cammino profondamente umano. A partire da questa scoperta cultura e vita cominciano per noi a risultare, di nuovo, sorprendentemente e concretamente legate fra loro.
Finito il corso emerge di schianto fra noi studenti l’esigenza di continuare quest’esperienza, e il professore accetta, mettendo a disposizione gratuitamente il suo tempo: ne nasce una breve serie di letture di canti dell’Inferno, aperta a tutti gli studenti della magistrale in italianistica, che alla fine dell’anno decidiamo di ampliare, per allargarla a tutti i nostri compagni di università. Quel che è successo è infatti troppo affascinante per non condividerlo con tutti.
Per correr miglior acque, che da primo verso della seconda cantica dantesca (su cui ci concentreremo quest’anno) diventa titolo dell’iniziativa e augurio per la nostra avventura, trova da subito l’entusiasta collaborazione di molti docenti e del Dipartimento di Studi umanistici, che provvede a supportarci economicamente. La grande disponibilità e l’accesa gratitudine che fin dall’inizio abbiamo avvertito intorno a noi, da parte di professori e studenti, ci ha trovati stupiti, noi per primi, di quanto accaduto, consapevoli che l’unico merito che possiamo assumerci è quello di aver assecondato la realtà e di aver preso consapevolezza di un modo di affrontare lo studio che ci affascinava. Ci siamo accorti di come sia possibile, scorgendo i tanti esempi positivi di persone vive e appassionate (professori e studenti) che la realtà ci pone davanti agli occhi, essere uno strumento affinché rifiorisca un vero modo di vivere l’università, più corrispondente alle proprie attese. E uno dei frutti di questo cammino, forse il più gradito, è stata l’amicizia, realmente inaspettata, che è venuta a crearsi fra noi dieci studenti impegnati a organizzare questo percorso.
L’incontro inaugurale, tenutosi lo scorso 15 ottobre, ha visto la partecipazione di circa 300 fra studenti e professori, numero che si è tendenzialmente riconfermato anche per le due occasioni successive.
Giovedì 12 dicembre è stato appunto il terzo momento di incontro dell’iniziativa, durante il quale il prof. Pirovano ci ha presentato un Dante personaggio pronto alla scalata del Purgatorio. È il giorno di Pasqua del 1300, un giorno non casuale per un’anima che si appresta a continuare il proprio percorso di conoscenza e purificazione: “Il kronos – dice Pirovano – è ora più che mai kairòs, tempo di grazia”.
La lettura ripercorre poi l’arrivo di una nave, guidata da un angelo, caricata delle anime purganti, e il commovente incontro di Dante con una di esse, il suo amico musico Casella. Dante chiede all’anima dell’amico di intonare un canto: “Dopo avere attraversato il regno senza amore ed essere giunto in quel fondo dove perfino la pietà è morta, Dante ha bisogno di respirare nuovamente d’amore attraverso la congiunzione di parole e canto”. L’indugiare delle anime per ascoltare Casella sarà severamente ripreso da Catone: questo perché “la lirica d’amore non basta a sé stessa: l’esperienza estetica deve sempre tendere alla vera sorgente del bello e del bene, che è l’amore di Dio: ‘ufficio dell’arte è di portare a Dio. Se allontana, o anche solo se ne rallenta il cammino, non adempie più il suo ufficio’ (C. Angelini, Il commento dell’esule, Milano 1967)”.
Quella del 12 dicembre è stata una lezione ricca di contenuti, nella quale sono state sottolineate le questioni filologiche più spinose, i rimandi (interessantissimi) interni ed esterni al poema del canto, i problemi esegetici più scottanti, ma che, in ultimo, ci ha sfidato nuovamente sul campo della nostra esperienza concreta. La critica, se è vera critica, rivela un giudizio soggiacente all’opera, qualsiasi opera, con la quale il lettore deve confrontare non solo le sue opinioni intellettuali, ma la sua stessa vita: in questo senso la conclusione di Pirovano è stata molto incisiva: «Ora Catone deve intervenire perentoriamente a spegnere le lusinghe del canto d’amore […] Dante, e questa volta anche Virgilio […] fuggono via rapidamente insieme alla “masnada fresca”. Il cammino verso Dio non è rettilineo. Implica delle soste dove l’anima si riconosce fragile e proprio per questa fragilità si apre più libera e più pura ad accogliere la grazia».
Il percorso è appena cominciato e altri sette incontri ci attendono, alcuni dei quali saranno tra l’altro affidati a dantisti di fama internazionale (come il prof. Enrico Malato e il prof. Marco Santagata). Il nostro obiettivo è di continuare, l’anno accademico venturo, con il Paradiso.
Il prossimo appuntamento è ormai alle porte: mercoledì 8 gennaio, alle 18, presso Palazzo Nuovo (sede delle facoltà umanistiche), la professoressa Stroppa, docente di Letteratura italiana, ci introdurrà al V canto del Purgatorio, nel quale incontreremo il celebre Buonconte da Montefeltro, portato via ad un diavolo “per una lagrimetta”, e l’enigmatica Pia de’ Tolomei. Per l’occasione è atteso anche il Rettore dell’Università di Torino, che si è dimostrato molto lieto dell’iniziativa.
Inutile dire che noi studenti siamo in grande attesa, proprio per poter continuare quel cammino, incominciato l’anno scorso, che ci sta portando a togliere la polvere dalle pagine di Dante e riscoprirle come l’occasione per incontrare un prezioso compagno di viaggio nel percorso della vita, che ci spinge ad osservare meglio e più a fondo la realtà. Come ebbe a dire Todorov in Critica della critica: «La letteratura è svelamento dell’uomo e del mondo, diceva Sartre; e aveva ragione. Infatti essa non sarebbe nulla, se non ci permettesse di capire meglio la vita».