Nella giornata dell’omeopatia, che in Italia vede 600 medici disponibili ad offrire consulto gratuito a chi è desideroso di capire come utilizzarla e inserirla nel proprio contesto di vita, arriva una notizia che farà contento chi non ne può più di sentirsi dire che le cure omeopatiche funzionano soltanto perché il paziente si suggestiona. No, alla fine non è effetto placebo. O meglio, non solo quello, stando agli ultimi studi sul tema. A confermarlo, come riporta Il Corriere della Sera, è Francesca Pisseri, veterinaria di Pisa, che da 25 anni usa i rimedi omeopatici per curare le mucche, i polli, le capre, le pecore e i maiali. E adesso provate a dire che gli animali guariscono perché a loro volta suggestionabili dai! Insomma, la Pisseri spiega di aver curato con l’omeopatia disturbi come parassitosi, mastiti, problemi respiratori, enteriti nei giovani animali e altro ancora. Certo rimedi come antibiotici e cortisone non vengono disdegnati, ma in maniera molto ridotta e a beneficiarne sono l’ambiente e l’uomo stesso. Sbaglia, però, chi pensa che ci troviamo di fronte ad un’integralista dell’omeopatia: “Non si parla più infatti di medicine alternative, ma di medicine che devono integrarsi per il bene dei pazienti”, precisa Pisseri.
I RISULTATI SULLE PECORE
Dicevamo che ottimi risultati nel campo dell’omeopatia sono quelli registrati sulle pecore. La dottoressa Pisseri attraverso questi dati può respingere al mittente le accuse di chi puntualmente parla di omeopatia come cosa altra rispetto alla scienza:”Ho una posizione pragmatica, vedo i pazienti guarire e migliorare. Abbiamo fatto alcune sperimentazioni con l’università di Pisa, utilizzandola per la gestione delle parassitosi delle pecore, con metodo tipicamente scientifico, che prevedeva gruppi di controllo. In una di queste prove un gruppo prendeva il rimedio omeopatico, un altro non era trattato, sul terzo si usavano i prodotti convenzionali“. Risultati? “Significativi”. La conferma arriva da Marco Melosi, presidente dell’Anmvi, associazione medici veterinari, che ammette: “Alcuni risultati sugli animali sono evidenti, anche più che in campo umano”. In ogni caso “le medicine non convenzionali non fanno parte del programma di studi delle facoltà sia di medicina che di veterinaria” e “l’omeopatia non è riconosciuta dalla scienza, per esempio i suoi risultati non sono ripetibili, come richiederebbe il metodo scientifico, e possono essere diversi da paziente a paziente”. Quindi troviamo una sintesi:”Si potrebbe dunque parlare di una pratica che può favorire il benessere degli animali, anche se non riconosciuta dalla scienza. L’importante è il consenso informato: il veterinario deve informare il padrone del paziente che si tratta di una terapia e di rimedi non riconosciuti dalla scienza ufficiale“.