La scuola ed il Paese hanno vissuto un forte sconcerto per l’avvio da parte del ministero dell’Economia della procedura di restituzione forzosa degli scatti di anzianità maturati – a norma di contratto – da una parte dei lavoratori della scuola italiana.
Quelle del ministro dell’Istruzione sono sembrate lacrime di coccodrillo, quando dichiarava di schierarsi dalla parte degli insegnanti e si appellava al ministro dell’Economia per tornare sui suoi passi. Dov’era il ministro Carrozza quando il Consiglio dei ministri ha prorogato di un anno il blocco del rinnovo contrattuale e gli scatti di anzianità con il DPR 122 del settembre 2013? Possibile che i tecnici del ministero, a cominciare dal Capo dipartimento e dai responsabili degli uffici legislativi di viale Trastevere e di Palazzo Chigi, non avessero valutato le ricadute di quella norma, che aveva un carattere retroattivo? Perché il ministro Carrozza non ha denunciato allora quella scelta?
Da questo punto di vista ha ragione il ministro Saccomanni, che non ha fatto altro che mettere in atto quanto era già stato approvato dal Consiglio dei ministri.
Perché tanto scandalo oggi quando la scelta è stata presa a settembre? E chi ha permesso allora al presidente del Consiglio ed al ministro Saccomanni (i due firmatari di quel DPR) di fare queste scelte, oggi deve fare il mea culpa, e non chiedere di non applicare una norma.
Quanto è successo appare grottesco, certo inedito, mai verificatosi in passato, nemmeno con i tanto vituperati governi di centro destra, che si sono adoperati, nel processo di riqualificazione della spesa pubblica, per liberare risorse al fine di qualificare e premiare la professionalità docente attraverso un riconoscimento del merito.
Auspico che l’ondata di sdegno che oggi coinvolge tutti possa essere l’inizio di un percorso virtuoso, che non si accontenti del risultato, raggiunto velocemente, di recuperare una situazione scandalosa.
Ciò che in questa incresciosa situazione mi lascia maggiormente amareggiata è che da anni stiamo parlando di incentivare i migliori docenti attraverso il superamento dei semplici scatti di anzianità, per creare al contrario un vero sviluppo di carriera e ancora non ci siamo riusciti. Oggi siamo alla XVII legislatura ed è dalla XIV, cioè dal periodo 2001-2006, che per volontà del ministro Moratti e della mia persona in qualità di sottosegretario, si è aperta la strada della valutazione degli apprendimenti e delle scuole, ma non è stato possibile ancora affrontare e predisporre la valutazione degli insegnanti.
La valutazione degli insegnanti è la premessa per introdurre una premialità, all’interno di una più complessiva revisione del contratto che superi l’attuale uniformità solo formale – che nasconde invece grandi differenze tra docente e docente – e permetta la differenziazione dei ruoli e delle carriere, consentendo il giusto riconoscimento retributivo e di ruolo a chi lavora di più e meglio.
Non si può arrivare a dare uno stipendio più alto solo perché si è alla fine della carriera e non incentivare i giovani docenti quando hanno motivazione ed energia per contribuire a qualificare la scuola.
Sembrano questioni ovvie se si guarda non solo ai contratti del settore privato, ma anche a molti contratti del pubblico impiego. Invece la scuola è ancora lontana non solo dal raggiungere questi obiettivi, ma persino dal metterne la discussione all’ordine del giorno.
A questo proposito va ricordato che proprio il ministro Gelmini, nell’ambito della riqualificazione della spesa pubblica dell’istruzione, operata anche attraverso la diminuzione di posti di insegnamento e la revisione complessiva degli ordinamenti, destinò ben il 30% dei risparmi ottenuti ad un intervento sperimentale che premiasse il merito degli insegnanti.
Qualcosa fu fatto in questa direzione per due anni, con il progetto sperimentale “Valorizza” che aveva l’obiettivo di sperimentare modalità e strumenti per l’individuazione e la valorizzazione degli insegnanti che si erano distinti per un generale apprezzamento nelle proprie scuole e riconoscere loro un incentivo economico pari ad una mensilità di stipendio. Il progetto si basò sulla partecipazione volontaria delle scuole, nel costante confronto con i sindacati, e venne affidato all’Associazione TreeLLLe e alla Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo il compito di redigere un Rapporto di ricerca sull’efficacia del metodo, che tenesse conto di tutte le critiche e i suggerimenti provenienti dalle scuole.
I risultati della sperimentazione furono interessanti: si riconobbe un metodo per individuare i docenti migliori, con un criterio che confrontasse le opinioni di studenti, famiglie e colleghi, per giungere ad una reputazione professionale equilibrata.
Questa sperimentazione permise anche di toccare con mano la buona disponibilità della scuola e degli insegnanti ad essere valutati ed a differenziare la retribuzione. Il rapporto finale conteneva l’indicazione di una diffusione progressiva dell’esperienza, per giungere “a tre diverse e legittime aspettative di ogni insegnante meritevole: più remunerazione, più prestigio, più carriera”.
Purtroppo appena il ministro Gelmini lasciò il dicastero di viale Trastevere, il suo successore, il ministro Profumo, prese due decisioni gravissime nell’indifferenza generale: interruppe ogni intervento di valutazione dei docenti e dirottò le risorse stanziate per il riconoscimento del merito agli scatti di anzianità generali.
Con ciò produsse due ulteriori danni, che i matematici potrebbero definire al quadrato: si interruppe un difficile cammino intrapreso per diffondere la cultura della valutazione degli insegnanti e ci si arrese alla constatazione che l’unico merito riconoscibile agli insegnanti fosse l’invecchiamento nella propria professione.
Ma se Profumo aveva sbagliato al quadrato e si può considerare in tal senso un conservatore, certo lo stupore postumo del ministro Carrozza lascia senza fiato: si straccia le vesti dopo aver partecipato a tutte le decisioni collegiali del Consiglio dei ministri.
Per queste ragioni continuo a capire molto di più il ministro Saccomanni, che difende tecnicamente la decisione già prese dal Governo. Il fatto nuovo è che, rispetto a tutti i precedenti ministri dell’Istruzione, che pure hanno subito i diktat dei ministri dell’Economia, in questo caso spicca una debolezza estrema di questo ministro e di questo ministero che pare non governino più il rapporto con il Mef.
Il Governo Letta ieri è poi corso ai ripari, annunciando che si erano sbagliati, che non ci sarà nessuna restituzione dei soldi percepiti nel 2013 e così si vorrà archiviare velocemente questa vergognosa situazione. Ma in questo modo si perderebbe la possibilità di rimettere al centro dell’azione di governo la questione dello sviluppo professionale dei docenti, accontentandosi di rispondere solo alle rivendicazioni degli scatti di anzianità.
Termino quindi lanciando un appello al ministro Carrozza e al Governo Letta per cogliere l’occasione per recuperare la pessima figura fatta, impostando la discussione − come già scritto opportunamente su queste pagine − per il rinnovo contrattuale in una prospettiva di innovazione, che li faccia ricordare in futuro per aver rilanciato la professione insegnante: mettano di nuovo sul tavolo, nel confronto con i sindacati, lo sviluppo e la differenziazione delle carriere dei docenti e nello stesso tempo, con la nuova e imminente presidenza Invalsi, ripartano con un intervento di valutazione degli insegnanti, al fine di promuovere e favorire motivazione, innovazione e anche attrarre le migliori intelligenze verso l’insegnamento, strade che da tempo ci indicano l’Ocse e l’Unione Europea.