Contrastare la violenza sulle donne è l’obiettivo dichiarato, ma ben lungi dall’essere raggiunto, della giornata internazionale che dal 1999 si celebra il 25 di novembre. Gli episodi che ricadono sotto questa detestabile fattispecie si susseguono con disarmante regolarità nonostante il boom dei corsi di autodifesa femminile, il moltiplicarsi dell’attenzione dei media o la prontezza degli specialisti a fornire consigli per riconoscere il “nemico”, prima di finirci a “letto”. L’elenco che segue è solo un assaggio: ti controlla il cellulare, si impadronisce del tuo tempo e della tua agenda, esige giustificazioni di tue assenze o indisponibilità momentanee, pretende il sacrificio delle tue amicizie, ti ricatta moralmente alternando momenti d’ira e di tenerezza esasperata, non ammette e non tollera alcuno spazio di autonomia reale. Purtroppo la lista può essere lunga.
Tutto molto utile, anche se non si ha notizia di nessun prontuario che metta in guardia dall’innamoramento tout court: l’ingrediente senza il quale nessuno degli item appena snocciolati verrebbe mai tollerato oltre i primi appuntamenti. Non solo non esistono prontuari di questo genere, ma si direbbe che tutta la cultura sia incapace di una simile critica e considera lo stato d’animo dell’innamoramento uno dei vertici dell’esperienza umana, uno stato emotivo celestiale in grado di mettere tutti d’accordo: etero e omo, credenti e non. C’est l’amour!
In un’epoca che ha saccheggiato Freud in modo arbitrario, spesso senza comprenderlo e forzandolo dal lato della perversione anziché da quello della guarigione, stupisce il ritardo, la negligenza o l’obiezione di principio a capitalizzare uno dei suoi scritti di maggior pregio, intitolato appunto Innamoramento e ipnosi. È l’ottavo capitolo di Psicologia delle masse e analisi dell’io, una delle opere politiche di Freud dove il padre della psicoanalisi distingue innamoramento e amore con la stessa nettezza con cui Aristotele distingue “l’uomo dalla triremi” nella fondazione del principio di non contraddizione (Metafisica, Libro IV), di modo che nessuna confusione sembrerebbe più possibile.
Vox clamantis in deserto quella di Freud, che su questo è stato seguito solo da pochissimi dei suoi epigoni, tra i pochi Giacomo B. Contri che in una formula stringata e provocatoria, in uno dei suoi Think!, i blog che cura quotidianamente da dodici anni, non manca di accostare il femminicidio all’innamoramento: “innamorarsi uccide”, ha scritto utilizzando una formula tanto scioccante quanto (però) pienamente freudiana.
Torniamo allora al testo freudiano. Per dare un’idea di cosa succede nell’innamoramento Freud lo paragona all’ipnosi, una pratica che prima di abbandonare aveva padroneggiato con maestria, dove il posto dell’altro “divora” (letterale nel testo) quello dell’io: “in ogni caso di innamoramento sono presenti elementi di deferenza, di limitazione dell’amor proprio, di autodanneggiamento; nei casi estremi, non si fa altro che esaltare questi elementi (che) dominano incontrastati”. Nel quadro dell’innamoramento, continua Freud, colpisce che l’amato sfugga alla critica a tal punto che “nell’accecamento amoroso si può diventare criminali senza provare rimorso”.
Ma cosa era successo prima? Qual è la scintilla che ha scatenato l’incendio?Ascoltiamo ancora Freud: “In talune forme di scelta amorosa salta addirittura agli occhi che l’amato serve a sostituire un proprio, non raggiunto ideale dell’io”. L’amato possiede quindi delle qualità (positive o negative) delle quali l’io ritiene di potersi impossessare — attraverso la via indiretta dell’innamoramento — al fine di soddisfare il proprio “narcisismo”. (Opere di Sigmund Freud, vol IX, pp. 300, 301. Le piccole varianti alla traduzione ufficiale sono mie, ndr).
Eccoci al capolinea dove si chiarisce il senso della critica freudiana. Il punto è questo: con l’innamoramento non si esce dal narcisismo. L’altro compare solo come compendio della nostra immagine, i riflessi della quale catturano né più né meno del vortice in cui si perde Narciso innamorandosi della propria.
Ragion per cui alla presa di distanza dell’altro — che viene a coincidere con la sua presa di realtà, al di là della sua immagine idealizzata — l’io dell’innamorato reagisce come di fronte a un’aggressione e a una lesione personale, dal momento che l’altro era stato interiorizzato solo come una parte di sé. Per questo accade a volte che l’aggressore non si capaciti delle proprie azioni, come nel caso di Francesco Mazzenga, il trentaquattrenne di Udine (agli arresti domiciliari) che dopo aver strangolato la fidanzata e aver vagato in auto tutta la notte con il suo cadavere si costituisce dichiarando di avere, forse (sic!), commesso un omicidio.
Quello che l’offender (come oggi lo si chiama) dovrà riuscire a conquistare, magari durante la detenzione se vorrà guarire (dal narcisismo) — è la cognizione dell’effettiva realtà dell’altro. Una meta impossibile da raggiungere senza rinunciare preliminarmente alla teoria platonica di uomo e donna, come le due metà complementari che nell’innamoramento trovano il loro punto di fusione.
Quanto alla donna la sua rinuncia è analoga: lasciar cadere il pensiero che il successo in amore possa consistere nell’abboccare (o nel far abboccare) a un simile amo(re).