Ha ragione il comico Paolo Cevoli, nella prefazione al libro di Jonah Lynch. Prefazione inutile perché le prefazioni parlano di un libro che ancora non si è letto, e dunque influenzano anticipatamente. Non ci avevo mai pensato davvero. Cevoli sintetizza che un buon libro fa compagnia (sembra banale, ma quanti libri sono pesanti e distanti e ci rendono ancora più soli).
Dunque te la prendi comoda, anche se lo finisci in due ore, ti lasci accompagnare pagina dopo pagina, come nelle stanze di un museo da visitare, con quadri e statue e stucchi dorati. Come nei passaggi di una sinfonia, andante, cavatina, allegro appassionato. Si intitolano così alcuni capitoletti di questo libro, e alla musica si riferisce il titolo di copertina, Egli canta ogni cosa. È Dio che canta, è sua l’armonia di note che descrivono e sostengono e intarmano il reale. Toccherebbe crederci, in Dio. Proprio fino in fondo, non soltanto per abitudine o per disperazione (sì, perché non si sa dove altro appoggiarsi, ma questa è una fede debole, e troppo lontana da Do, che è e ci fa per fare bella e gioiosa la vita).
Toccherebbe avere la fede limpida di un bambino, i suoi occhi chiari per guardare il colore degli alberi. Alberi: sono limoni e rise e palme e lauri… ogni cosa ha il suo nome e un’unicità, è voluta e pensata così. Figurarsi noi, fatti a immagine e somiglianza di Dio. L’unico problema è che bisognerebbe crederci, in Dio. E anche se la domanda di Lui urge, se è un tarlo ineludibile, possiamo fingere di non ascoltarlo, possiamo pensare di farne a meno. Anche perché chi risponde alle domande più scomode, chi sa ascoltare la trepidazione, i dubbi, la paura che alberga nel cuore? Chi ha il coraggio di cominciare, di tentare un risposta, anche se non esaustiva.
Jonah Lynch ce l’ha. Perché ha proprio gli occhi chiari e la semplicità disarmante e capace di leggere il reale com’è, di cercarne la verità sempre, anche se è un intellettuale colto che sa di fisica e filosofia (fatevi spiegare come le due scienze vanno insieme benissimo, e la teologia tutte le compie). Infatti Jonah è un sacerdote, missionario della Fraternità San Carlo Borromeo, e ha il compito esaltante ma arduo di educare i suoi fratelli più giovani, in quanto rettore del seminario. Alle domande dei giovani tocca rispondere, soprattutto se sono le domande che ti sei fatto tu solo qualche anno fa, perché Jonah ha anche questo vantaggio, è giovane lui pure.
Ha trovato Dio cercandolo, e non importa se è nato in un paese, l’Irlanda, in cui Dio è nelle viscere e la fede un dono che si tramanda come il bene più prezioso. Davanti al dolore e al male, per esempio, la fede si può perdere. È incomprensibile che l’architetto del mondo lo accetti, lo tolleri. Poi l’America, le campagne dell’Oregon, lo studio intenso, gli amici, l’incontro con qualcuno più amico, nella cui fede si può avere fede. Perché vuoi vivere come loro, fino a sentirtela nelle viscere, quella fede, a cominciare a pregare, a rispondere con fede perfino alla morte di chi ti è caro.
Per questo Jonah risponde a tutte le domande, che si tratti di ragazzini del liceo o di donne e uomini adulti colpiti dalla sua sapienza sorridente, da quell’aria così americana, da quel suo “prendersi alla leggera” parlando di ciò che conta di più nella vita. E raccoglie le domande, le lettere, le inanella per raccontare il cammino di ciascuno di noi, se lo vogliamo, perché alla fede ci si arriva per grazia, naturalmente, ma sempre per un sì che giorno dopo giorno diciamo, per una disponibilità, per un esercizio di libertà che tocca a noi soli.
Nessun trattato di teologia, nessun elenco di regole morali. Lo sguardo attento alla natura e alle sue leggi. Fin nel suo intimo, nelle particelle piccolissime che un fisico potrebbe conoscere solo in teoria, senza guardarne la ragione che le lega al tutto, senza farne “la porta del mistero”. O il nostro io, che soprattutto chiede di essere felice. La capacità di amare, forza meravigliosa ed eternante, davanti a cui perfino la morte arretra, e non può strisciare tra le cose più belle, inquinandole di angoscia. La verginità, l’abbandono fiducioso della preghiera. Tutto il mondo creato che è gloria di Dio: ci arrivi attraversandolo, ascoltandolo, chiedendoti ogni perché, senza paura di rischiare. Finché la nostra solitudine si rompe, e Cristo Dio entra con la sua luce, con il suo canto che commuove e consola e dà forza.
Ha ragione Cevoli, un bel libro fa compagnia. La compagnia più grande è quella di chi ci mette davanti al destino. Tanto più se non fa prediche, ma “improvvisazioni libere”, che danno respiro, e voglia di avere fede in chi ha fede.
Jonah Lynch, “Egli canta ogni cosa. Improvvisazione libera sui Dio, la musica, la scienza e l’amore”, Lindau 2013