Domani in Vaticano iniziano i lavori della sessione plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze che avrà come tema: “Evoluzione del concetto di Natura”. Una sessione che, come di consueto, è riservata agli accademici e agli ospiti invitati. Dell’Accademia, che dal dicembre 2010 è presieduta dal professor Werner Arber di Zurigo, premio Nobel per la medicina 1978, fanno parte 80 membri vitalizi, ai quali si affiancano un numero limitato di accademici onorari, scelti tra personalità altamente benemerite, e altri che lo sono per l’incarico ricoperto: come il Cancelliere, Mons. Marcelo Sanchez Sorondo, il Direttore della Specola Vaticana padre José Gabriel Funes, il Prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana Cesare Pasini e il Prefetto dell’Archivio Segreto Vaticano Sergio Pagano.
I lavori di questi giorni prenderanno in esame i mutamenti in atto nel concetto di natura, visto dalle diverse angolature disciplinari: fisica, biologia, biochimica, scienze della Terra, neuroscienze, filosofia. I partecipanti, tra i quali figurano numerosi premi Nobel, cercheranno di trarre le conseguenze dalle numerose conoscenze che mostrano sempre più una natura dinamica, ricca ed esuberante, “molto ingegnosa e capace di trovare strade diverse per raggiungere un obiettivo specifico”, in grado di attuare forme di “auto-organizzazione” e pronta a sorprenderci col suo carattere contingente. Nel corso dei lavori, lunedì mattina, è previsto l’incontro degli accademici con Papa Francesco. Col professor Arber abbiamo affrontato alcuni dei temi del dibattito.
Oggi nel concetto di natura entrano nuovi elementi prima poco evidenziati: disordine, casualità, imprevedibilità….Come sta cambiando lo studio scientifico della natura?
L’impiego di nuove metodologie e approcci nella ricerca è spesso fonte per di una miglior comprensione delle leggi naturali. Ad esempio, utilizzando un moderno microscopio noi possiamo vedere i singoli atomi; così come con i moderni telescopi riusciamo a osservare zone molto distanti nell’Universo. Ci rendiamo conto sempre più che la Natura ha molta fantasia e che molte volte si verificano reazioni specifiche non senza una buona dose di contingenza; ciò contribuisce a generare un certo grado si imprevedibilità e una più elevata complessità.
La filosofia sembra impreparata di fronte a questi mutamenti, non pensa?
I rapporti reciproci tra scienza e filosofia dipendono in gran parte dalle persone che vi sono coinvolte. Personalmente considero le riflessioni filosofiche come complementari e benvenute accanto al lavoro scientifico e come importante contributo per una interpretazione delle leggi della Natura.
La scienza sta diventando sempre più specifica e settorializzata: si nota una tendenza a formulare meno leggi universali e più leggi particolari. Non è così?
Direi sì e no: dipende dall’oggetto che si sta studiando. La Natura può ricorrere frequentemente a un certo numero di approcci differenti per ottenere un particolare effetto, e quindi la contingenza può giocare un ruolo significativo.
Papa Francesco l’8 settembre scorso, nell’omelia della Messa celebrata nella cappella della Casa Santa Marta, ha detto che «Dio ha fatto le cose – ognuna – e le ha lasciate andare con le leggi interne, interiori, che lui ha dato a ognuna, perché si sviluppassero, perché arrivassero alla pienezza…» dunque «il Signore alle cose dell’universo ha dato autonomia» ma «non indipendenza». Che implicazioni hanno queste affermazioni nel modo di studiare la natura?
Mi sembra di poter dire questo: visti sui tempi lunghi, gli eventi naturali possono mostrare una notevole indipendenza, mentre i singoli aspetti e fenomeni particolari ci possono apparire come autonomi. La storia evolutiva sia del mondo vivente che di quello non vivente può essere interpretata come creazione continua. Dipende dal credo personale di ciascuno il vedere come forza trainante di tale evoluzione un Creatore oppure un processo di auto-organizzazione della Natura.
Nel rapporto uomo-natura la parola chiave dovrebbe essere “responsabilità”: cosa significa questo per un uomo di scienza?
A quanto ne sappiamo, gli esseri umani hanno un’intelligenza più elevata di qualunque altro organismo vivente. Questo fatto ci consente di raggiungere livelli molto profondi di comprensione delle funzioni naturali e di saper applicare a nostro vantaggio le conoscenze conseguite. Come custodi del nostro ambiente naturale, sentiamo la responsabilità che queste applicazioni non ostacolino la ricchezza della Natura.
(Mario Gargantini)