L’Italia è un Paese per vecchi. Lo si è ripetuto spesso negli ultimi anni ed anche l’Ocse ha di recente lanciato l’allarme lasciando prevedere ciò che avverrà nei prossimi trent’anni. Nulla di positivo, sia chiaro. Addirittura nel 2050 il nostro Paese rischia di diventare il più vecchio al mondo con gli over 65 che saranno 74 ogni 100 persone tra i 24 ed i 64 anni. In Italia, dunque, non si fanno più figli ed a dirlo è l’Istat che cala i suoi impietosi dati rivelando come negli ultimi 8 anni, dal 2008 al 2016, le nascite siano diminuite di oltre 100 mila unità. Ma se il tema della mancata procreazione rischia di sconfinare il nostro Paese in un futuro tutt’altro che roseo, accendendo il più plumbeo dei dibattiti sull’argomento, in Sudafrica, precisamente presso il dipartimento di filosofia dell’Università di Cape Town, una mente controversa sembra aver trovato la soluzione a tutti i mali (e non solo a quello italiano). Ne parla in questi giorni la rivista Pangea. Lui è David Benatar, filosofo 51enne a capo del dipartimento universitario il quale si contraddistingue rispetto agli altri colleghi per essersi schierato in maniera evidente dalla parte degli anti-natalisti, di cui anzi ne è diventato a pieno titolo il guru. Proprio lui ha intravisto la soluzione ai problemi demografici con un concetto breve e conciso: “Mentre le brave persone fanno ogni cosa per risparmiare la sofferenza ai propri figli, pochi di loro hanno capito che il modo migliore per prevenire le sofferenze dei figli è non metterli al mondo”. Il suo è un pensiero lineare quanto fatale: se non c’è nulla non può esserci dolore. Le sue “geniali” trovate filosofiche sono ora contenute in un libro dal titolo “The Human Predicament: A Candid Guide to Life’s Biggest Questions”, nel quale Benatar si diletta ad esporre quanto di più banale già non si conosca: che il dolore abbia meglio sul piacere, che la natura sia spesso avversa all’uomo, che quest’ultimo sia spietatamente crudele nei confronti del prossimo e che la sofferenza, in fin dei conti, non avrebbe alcun senso. Pur riconoscendo qualcosa di buono che può accadere nella vita, il bizzarro filosofo giunge però ad una conclusione: “la vita è dolore tanto quanto la morte”, ergo, meglio non nascere o evitare di procreare, mettendo al mondo figli destinati a soffrire.
PIÙ PESSIMISTA DI GIACOMO LEOPARDI
A pensarla diversamente da David Benatar è stato Joshua Rothman, scrittore e giornalista del New Yorker che ha definito il bizzarro filosofo “il più pessimista del mondo”. In realtà, le posizioni di Benatar che tanto potrebbero sconvolgere l’America, da noi sono già state trite e ritrite in passato, a partire dal più noto Giacomo Leopardi, dal cui pensiero dipenderebbero le idee del filosofo sudafricano. Riuscendo però a mutilarlo, piuttosto che a mutuarlo. “Se la vita è sventura/ perché da noi si dura?”, diceva Leopardi nel suo Canto notturno del pastore errante dell’Asia. A fare la differenza, oltre alla forza lirica che manca invece nel guru dell’anti-natalismo, è certamente la domanda che in Leopardi interroga la realtà. E se ci fosse un briciolo di vivacità intellettuale si potrebbe quasi parlare di plagio in quanto le medesime domande che con spiazzante linearità oggi si pone Benatar, già le abbiamo ritrovate in Leopardi che nel 1800 si domandava: “A che tante facelle?/ Che fa l’aria infinita, e quel profondo/ infinito seren? Che vuol dir questa/ solitudine immensa?”, in merito al senso del mondo. Ci sono poi le sofferenze della vita e la riflessione sulla nascita: “Nasce l’uomo a fatica… prova pena e tormento/ per prima cosa; e in sul principio stesso/ la madre e il genitore/ il prende a consolar dell’esser nato”. Il grande poeta ancor prima del 51enne, dunque, si era interrogato se fosse meglio non nascere, ma in una invocazione poetica che ancorava un grido alla sete di vita e di senso che Bentar non sembra provare. A dimostrazione che a pessimismo cosmico del “nostro” Leopardi non era certo così ridicolo e asfittico da sfociare nelle tesi anti-nataliste del Sudafricano, appunto, “più pessimista del mondo”