È stato costituito un anno e mezzo fa e sta già mettendo a segno risultati da primato. L’Istituto nanoscienze del Cnr di Lecce in questi giorni è balzato prepotentemente in primo piano per l’annuncio della realizzazione di un super-microscopio in 3D, unico in Europa, in grado di visualizzare le cellule in modo tridimensionale e con risoluzioni elevate.
In realtà il Cnr-Nano è giovane, ma affonda le radici in strutture già consolidate anche se espressioni di una disciplina, la nanoscienza, che ha una storia recente. Il nuovo ente di ricerca per la scienza dell’ultrapiccolo, dedicato alla ricerca di frontiera nel campo delle nanoscienze e nanotecnologie, è una struttura del Consiglio nazionale delle ricerche che ha riunito tre centri tra i più affermati in Europa: il Nest (National enterprise for nanoscience and nanotechnology) di Pisa, il Nnl (National nanotechnology laboratory) di Lecce e l’S3 di Modena, con l’obiettivo di affrontare alcune tra le sfide scientifiche più ambiziose, quali: progettare nanosistemi capaci di raccogliere energia dalla luce e dalle vibrazioni; realizzare nanosonde in grado di riconoscere e modificare i tessuti a livello molecolare; studiare strategie nanotecnologiche per lampadine e laser radicalmente innovativi; comprendere le interazioni tra particelle alla nanoscala per capire le funzionalità più complesse della materia.
Tra gli esempi delle ricerche di punta svolte dall’Istituto troviamo quelle sulle Dssc (Dye sensitized solar cell) condotte al polo di Lecce, dove si studiano nuovi materiali, alternativi al silicio, per produrre celle solari. Altro ambito di frontiera è la nanobioelettronica, che studia come fabbricare sistemi elettronici con molecole provenienti dal mondo biologico. Grande rilievo hanno anche, sia al Nest di Pisa che al polo S3 di Modena, gli studi sul grafene, la grande promessa della scienza dei materiali che proprio pochi giorni dopo l’inaugurazione del nuovo istituto italiano, nell’ottobre 2010, veniva incoronato col premio Nobel a Geim e Novoselov.
Ora l’annuncio del super-microscopio, realizzato nei laboratori di Lecce. Si chiama Cat ed è nato da un lavoro di squadra – finanziato dal Progetto regionale reti di lLaboratorio “NaBiDit” dell’Università del Salento – al quale hanno partecipato fisici, biologi e biotecnologi. È stato appena collaudato e fa veramente per tre; è infatti l’integrazione di tre strumenti di ultima generazione: un microscopio confocale laser (Clsm), un microscopio a forza atomica (Afm) e un microscopio a riflessione interna totale in fluorescenza (Tirf).
Il primo fa convergere una luce laser su punti estremamente piccoli dei campioni osservati, evitando fenomeni di aberrazioni e diffrazioni tipiche della luce tradizionale e aumentando notevolmente la risoluzione spaziale del campione; il secondo si basa sul semplice principio di far interagire elasticamente una piccola sonda flessibile con il substrato da analizzare; il terzo permette di visualizzare l’immagine della fluorescenza emessa da elementi luminescenti con le cosiddette onde evanescenti prodotte attraverso il fenomeno della riflessione totale.
Ciascuno dei tre può raggiungere risoluzioni di miliardesimi di metro. «Usati in maniera combinata – spiegano gli scienziati del Cnr – i tre strumenti sono in grado di ricostruire una vista tridimensionale della cellula e di risolvere i dettagli su scala nanometrica. Non esiste in Italia, né in altri laboratori europei, uno strumento simile, in grado di usare i tre microscopi contemporaneamente. È come avere tre punti di vista della cellula: dall’esterno, dall’interno e dal basso».
Con tali prerogative, il Cat (il nome deriva dalle iniziali dei tre strumenti) verrà efficacemente impiegato nella ricerca in nanomedicina e nello studio dell’efficacia di farmaci di nuova generazione basati sulle nanotecnologie contro i tumori. «Uno degli obiettivi – ha dichiarato Stefano Leporatti, ricercatore Cnr e responsabile dello strumento – è studiare l’efficacia di alcune nano-capsule “costruite” nei nostri laboratori ingegnerizzando specifici materiali, capaci di somministrare farmaci direttamente alle cellule malate in quantità minime, tali da ridurre effetti collaterali e preservare le cellule sane».
I ricercatori prevedono inoltre di utilizzare il super-microscopio anche per la diagnosi precoce dei tumori basata sulla differente elasticità della membrana che avvolge le cellule sane e quelle malate. Hanno già avviato, inoltre, collaborazioni con istituzioni prestigiose, tra cui l’Istituto nazionale tumori di Milano tramite progetti Airc comuni, il Max Planck Institute di Potsdam (Germania) e la Lousiana Tech University (Usa).
(Michele Orioli)