Lo studio della formazione planetaria è un ambito di ricerca molto attivo, interessante e “di moda” nell’astrofisica odierna. Il motivo di tale successo è molto semplice: domande quali “Come si è formato il posto in cui viviamo? E’ possibile che le condizioni che hanno permesso la vita sulla Terra si ripropongano altrove? Esiste altra vita nell’universo?”, sono proprie dell’uomo da lungo tempo e ora ci troviamo nel momento storico in cui la tecnologia permette di progredire nel tentativo di rispondervi.
Ormai dal 2009 un team internazionale di astronomi, membri del progetto SEEDS (Strategic Exploration of Exoplanets and Disks with Subaru), si dedica alla scoperta e alla caratterizzazione di exopianeti e dischi protoplanetari. Si tratta nel primo di caso di pianeti già formati, orbitanti stelle che non siano il Sole e, nel secondo caso, di dischi composti da gas e polvere che circondano giovani stelle ancora in formazione e che andranno a costruire pianeti come quelli presenti nel Sistema Solare. Come accade nel sistema descritto recentemente sulla rivista The Astrophysical Journal per il cui studio è stato utilizzato lo strumento HiCIAO, montato sul telescopio Subaru, per osservare un disco protoplanetario attorno alla giovane stella RY Tau.
Alla tenera età di mezzo milione di anni, essa è collocate nella costellazione del Toro, a circa 460 anni luce dalla Terra. Il diametro del disco è di circa 70 unità astronomiche (10 miliardi di chilometri), leggermente più esteso dell’orbita di Nettuno attorno al Sole.
Dato che l’obiettivo finale è la caratterizzazione del disco protoplanetario, HiCIAO è dotato di una maschera che permette di bloccare la luce proveniente dalla stella, che può essere un milione di volte maggiore di quella del disco. In particolare l’emissione del disco nel vicino infrarosso, finestra di lunghezze d’onda a cui questo strumento è sensibile, è dominata dalla polvere presente sulla sua superficie, la quale riflette la luce stellare. La struttura superficiale del disco, tuttavia, si estende in uno strato molto sottile ed è quindi difficile da rilevare a così grande distanza da noi: lo strumento deve essere dotato di una alta risoluzione angolare.
La più grande limitazione è data dalla presenza dell’atmosfera terrestre che distorce le immagini acquisite dal telescopio. Ciò che permette ad HiCIAO di superare questo ostacolo è il sistema di ottica adattiva di ultima generazione che, monitorando le variazioni atmosferiche, compensa per esse modificando la superficie del telescopio in tempo reale.
Grazie a questo setup osservativo, il gruppo di astronomi è riuscito a catturare un’immagine ad altissima qualità del disco attorno a RY Tau nel vicino infrarosso, precisamente a 1.65 micron. Al contrario di molti altri casi, l’emissione del disco risulta dislocata rispetto alla posizione centrale della stella. Si tratta infatti di un rarissimo caso in cui si è riusciti a captare l’emissione proveniente dalla superficie del disco, che fornisce informazioni sulla struttura verticale del disco, molto complicata da rilevare, ma fondamentale per spiegare la formazione planetaria.
Dopo un’estensiva analisi dei dati, che sono stati confrontati con dettagliati modelli teorici, gli scienziati hanno concluso che il segnale non deriva propriamente dal disco, bensì da uno strato di polvere molto soffice, collocato al di sopra di esso. Tale strato è quasi trasparente, anche se non del tutto, e sarebbe costituito da ciò che resta della nube di gas e polvere che collassando ha formato il disco. Esso non è stato rilevato nella maggioranza dei dischi protoplanetari osservati sino ad oggi, poiché è necessario trovarsi nella giusta fase di transizione, da nube a disco, in cui questi rimasugli sono ancora presenti, come nel caso di RY Tau.
Gli astronomi hanno calcolato che la massa di polvere presente in questo strato nebuloso è pari a metà della massa della Luna e hanno concluso che la sua funzione sia quella di scaldare il disco sottostante in cui i baby-pianeti si stanno formando. Se una simile nebulosità è presente attorno a tutti i dischi circumstellari durante le prime fasi di formazione planetaria, ciò potrebbe modificare di molto le predizioni odierne in termini di numero, dimensione e composizione dei pianeti presenti attorno ad altre stelle.