Potremmo chiamarla geografia underground: è quella che ha permesso a un giovane ricercatore italiano di realizzare la prima mappa globale ad alta risoluzione del confine tra la crosta e il mantello terrestre. Un secolo fa ricerche del genere non si sarebbero potute fare: non solo per la evidente mancanza degli strumenti di osservazione e di analisi dei dati; ma soprattutto perché ancora non si era a conoscenza dell’esistenza di tale confine: è stato solo nel 1909 che il sismologo croato Andrija Mohorovicic ha scoperto la presenza, a circa 50 km nel sottosuolo, di una brusca variazione della velocità sismica, evidenziando così uno scarto tra la crosta terrestre e il mantello sottostante, noto da allora come “discontinuità di Mohorovicic”, o più semplicemente Moho.
Il ricercatore autore della mappa underground è Daniele Sampietro e opera presso il polo di Como del Politecnico di Milano, dove l’abbiamo raggiunto per farci spiegare la sua performance. «La mia ricerca si è svolta all’interno del programma speciale STSE dell’Esa (Agenzia Spaziale Europea) che finanzia progetti per giovani ricercatori. Il progetto è denominato GEMMA (GOCE Exploitation for Moho Modelling and Applications, ovvero utilizzo di GOCE per modelli ed applicazioni) e si colloca nel quadro dell’iniziativa Changing Earth Science Network (Cambiare la rete scientifica della Terra): è un esempio di utilizzo dei dati di GOCE, il satellite di geodesia spaziale lanciato dall’Esa nel 2009 per studiare nel dettaglio il campo gravitazionale terrewstre». Il nesso tra Moho e GOCE deriva dal fatto che al Politecnico di Milano c’è uno dei tre centri mondiali che sviluppa i calcoli per GOCE; l’Esa ha infatti affidato a tre università il compito di fare la stima del campo di gravità terrestre in base ai dati rilevati dal satellite e uno di questi tre centri è il Laboratorio di Geomatica dell’ateneo milanese, diretto dal professor Fernando Sansò, col quale collaborano Federica Migliaccio e Mirko Reguzzoni: «loro fanno questo lavoro per l’Esa e io utilizzo i dati per il progetto GEMMA che parte proprio dalle loro misure per svolgere analisi più di tipo geologico, in particolare per fare la stima della Moho».
Per comprenderne l’importanza, bisogna ricordare che la crosta terrestre è lo strato solido più esterno del nostro pianeta; costituisce meno dell’1% del volume planetario ma è il luogo dal quale ricaviamo le nostre risorse geologiche come i gas naturali, il petrolio e i minerali; è inoltre lo spazio dove avvengono i processi geodinamici più rilevanti come terremoti, vulcanesimo e orogenesi.
La mappa appena realizzata completa le informazioni attualmente disponibili: «Non è che non ci fosse nulla su Moho: c’era già una mappa, ma con un livello di dettaglio inferiore. Era basata su ipotesi diverse, cioè partiva dalle osservazioni di dati di tipo sismico; infatti, per avere mappe del genere ci sono sostanzialmente due modi: o quello degli studi della gravità o quello della sismica. Per questi ultimi però, c’è il problema che non sempre sono accessibili: bisogna avere “a disposizione” dei terremoti o causare piccoli sismi controllati; e, in ogni caso, si hanno dati locali e puntuali. Col nostro lavoro invece, basato sulle misure di gravità, per la prima volta abbiamo a disposizione un set di dati uniforme e globale su tutto il pianeta e quindi è possibile elaborare la mappa completa».
Quella raggiunta in questi giorni è una prima tappa di un progetto partito da un anno e che durerà per tutto il 2012: «Ci sono ancora diverse cose nel modello da raffinare e perfezionare e ci sono nuovi problemi da affrontare anche perché, nel frattempo, GOCE è ancora in orbita e continua a lavorare e a inviare dati e misure. Comunque la conclusione del progetto GEMMA è prevista per fine 2012». E poi? «Poi si vedrà; dipenda da tante cose: dal punto cui saremo arrivati, dal feedback della comunità scientifica, dal futuro dal futuro della missione GOCE …».
(Mario Gargantini)